Sul tavolo delle trattative il tema della privacy; Zuckerberg minaccia di ritirarsi dall’Europa
“Mala tempora currunt, sed peiora parantur”, nessun detto sarebbe più azzeccato di questo per riassumere la condizione attuale di Mark Zuckerberg e del suo immenso impero social.
Dopo il crollo in borsa del 25% di Meta avvenuto a inizio febbraio a causa di una massiccia perdita di utenti di Facebook, per il miliardario statunitense si prevedono mesi ancor più difficili. A destare un’improvvisa preoccupazione è stato un documento che la società fondata da Zuckerberg aveva inviato come di consueto alla Sec (Security and Exchange Commission), l’autorità americana che vigila sul mercato. In questo dossier si legge che qualora venissero messi a rischio lo scambio, la raccolta e la conservazione transcontinentale dei dati, Meta sarebbe costretta a chiudere Facebook ed Instagram in Europa.
In seguito alla circolazione della notizia però, l’azienda si è immediatamente preoccupata di smentirla. Su tutte è spiccata la voce di Nick Clegg, vicepresidente di Meta per gli affari globali, il quale auspica un approccio pragmatico da parte del legislatore europeo per impedire che migliaia di aziende subiscano danni.
Dal canto suo invece l’Unione Europea sembra decisa a non compiere alcun passo indietro e le parole dei suoi portavoce nei confronti dell’imprenditore statunitense non sono state sicuramente tenere. Eric Mamer, portavoce della Commissione Ue, ha dichiarato che l’Unione Europea stabilisce la sua legislazione tenendo conto dei nostri valori, degli interessi dei consumatori e dei cittadini.
Al centro dell’attenzione c’è nuovamente il trattamento dei dati personali e tutta la complessa problematica della gestione della privacy degli utenti. La controversia è nata ormai due anni fa, quando la corte di Giustizia Europea si è pronunciata nell’ambito della sentenza Schrems. Questa ha di fatto invalidato il Privacy Shield, ovvero l’accordo bilaterale stipulato da Usa e Ue per regolare il trasferimento dei dati da una sponda dell’Atlantico all’altra. Alla base di tale decisione c’è stata l’assenza di garanzie circa il rispetto degli standard in materia di privacy imposti in Europa nel trasferimento dei dati degli utenti in paesi terzi.
Tutto è dunque tornato sul tavolo delle trattative, con l’Unione Europea che sembra intenzionata a garantire ai suoi cittadini strumenti più forti per tutelare la propria sicurezza online. Tale prospettiva sembra terrorizzare i colossi tecnologici e si sta dunque lavorando ad un’intesa che non comprenda modifiche legislative inaccettabili per il Congresso Usa ma che allo stesso tempo riconosca ai cittadini europei la possibilità di ricorrere a fronte di violazioni della privacy.
Giulio Picchia