“Il bel libro ‘Zodiac una storia italiana 1957-1973 è una generale ma ordinata lettura critica della rivista «Zodiac»
Ho chiesto al mio amico l’architetto Felice Ventresca se conoscesse Zodiac. Lui, non sapendo rispondere mi ha guardato e ha tentato la strada delle risposte alternative sperando di azzeccarne una. “Certo che so che cosa è Zodiac, è un natante. La società francese Zodiac Marine & Pool in Francia, sfruttando la scoperta del processo di vulcanizzazione di Thomas Hancock e Charles Goodyear fatta nel 1838, negli anni ’30 iniziò a costruire queste tipologie d’imbarcazioni, antesignane di quello che sarà il gommone che tutti conosciamo. Un natante serve per portare da un luogo all’altro, per navigare.”
“Felice apprezzo la tua cultura marinara ma stai sbagliando.”
“Hai ragione, siamo prossimi alle vacanze e ho pensato al mare.”
“Allora lo sai che cosa è Zodiac o no?”
“Ma certo che lo so, Zodiac è quella fascia della volta celeste che nella geografia astronomica, come pure in astrologia, si estende per circa 9° da entrambi i lati dell’eclittica e comprendente anche i percorsi apparenti della Luna e dei pianeti. Anche i cinesi hanno il loro Zodiaco e la loro astrologia che si è sviluppata parallelamente all’astronomia tradizionale dall’XI secolo a.C. in Cina ed è basata su un calendario lunisolare e su alcune tradizionali unità di misura del tempo.”
“Complimenti Felice potresti essere un ottimo astrologo ma Zodiac non è un’apocope vocalica di Zodiaco.”
Felice non demorde e si sforza per non sfigurare e dare la risposta corretta.
“Mi stai facendo confondere, mi sembra di essere a un esame. Ci sono: Zodiac è l’espressione dialettale sincopata di Zodiaco, era lo storico ristorante degli innamorati aperto nel’56, sul belvedere del Parco Mellini a Monte Mario, con la vista mozzafiato di Roma, purtroppo è stato chiuso.”
“No, ammetti la tua ignoranza!”
“Ci sono, Zodiac è la Ford Zephyr con la sua lussuosa versione ‘Zodiac’, apparsa sui mercati nel 1954, prodotta dalla Ford britannica.”
“Fuochino, ci sei quasi, se fai un piccolo sforzo, pensa a una macchina ma da scrivere.”
“Che rimbambito che sono, Zodiac, il titolo è proprio riferito Ford Zephyr ‘Zodiac’54’, è la rivista finanziata e pubblicata dal 1957 al 1973 da Edizioni Comunità dell’Olivetti dedicata all’architettura internazionale moderna.”
“Hai citato tanti Zodiac, che hanno in comune la radice e ti sei mosso, hai navigato in mondi differenti dai quali si può trovare spunto per nuove esplorazioni.”
“Non capisco dove tu vuoi arrivare.”
“Il bel libro ‘Zodiac una storia italiana 1957-1973, edito da Ronzani e scritto a quattro mani da Aldo Aymoino e Federicò Bilò, è una generale ma ordinata lettura critica della rivista «Zodiac», che partendo dagli argomenti trattati nel corso dei sedici anni della pubblicazione approda allo sviluppo del progetto editoriale raccogliendo le copertine e i sommari dei ventidue numeri. Il libro, curato da Aldo Aymonino e Federico Bilò, ripercorre per la prima volta in modo critico tutti i numeri della rivista «Zodiac», fondata nel 1957 da Adriano Olivetti, attraverso l’analisi sistematica dei temi, degli autori e delle opere illustrate. L’opera si compone di tre saggi su altrettanti aspetti di “Zodiac”: Stato di grazia, l’Olivetti e la rivista Zodiac nell’Italia della ripresa economica di Aldo Aymonino; Faglie, i molteplici orientamenti di “Zodiac” di Federico Bilò; “Zodiac” e la pubblicità di Enrico Menduni.”
Fonte: Ronzani Editore
“Ancora non capisco, dove vuoi arrivare, è un’importante rivista d’architettura che non aveva una tendenza culturale preconfezionata. Ha fatto conoscere in Italia architetti stranieri sconosciuti del calibro di Louis Khan.”
“Io penso che Zodiac rivista possa essere anche inteso metaforicamente un natante o un’autovettura, mezzi che consentono di muoversi, comprendere, anche a chi non è un addetto ai lavori, cioè un architetto, sia il boom economico italiano del dopoguerra e la realtà imprenditoriale della Olivetti e dello stesso Adriano Olivetti.”
“Ti stai riferendo a Ivrea?”
“Sì, è la prima fabbrica in Italia a ridurre il carico orario dei suoi dipendenti, che godono tra l’altro di uno stipendio del 30% superiore rispetto ai colleghi in ambito nazionale. Gli Olivetti riservano una tale quantità d’iniziative di supporto individuale e famigliare da fare di questa fabbrica una sorta di felice società parastatale. Con la sua politica di prestiti agevolati, assegni familiari, maternità di nove mesi retribuita, servizi di supporto alla casa, servizi sportivi, sociali, assistenza sanitaria qualificata, asili nidi e scuole dell’infanzia all’avanguardia, la Olivetti negli anni si è spesso sostituita alla Pubblica Istruzione, alla Previdenza Sociale, al Servizio Sanitario Nazionale, distinguendosi per la sua straordinaria tutela del lavoratore. È con tale orizzonte che Adriano s’impiega nella fabbrica paterna e vi scorge tutte le potenzialità di una riforma sociale che più tardi, quando il fascismo sarà prossimo alla rovina, esprimerà organicamente con scritti di teoria e piani d’azione politica.”
“Quindi, leggendo d’Ivrea, si dovrebbe pensare al villaggio industriale di Crespi d’Adda realizzato accanto all’opificio tessile della famiglia Crespi che per decenni ha rappresentato l’esempio di società in cui il padrone provvedeva a tutti i bisogni dei dipendenti e delle loro famiglie, mettendo loro a disposizione tutti i servizi necessari alla vita della comunità come ospedale, chiesa, scuola, teatro, spacci alimentari e di vestiario. Rappresenta la filosofia degli industriali illuminati di fine Ottocento e inizio Novecento, come appunto Camillo Olivetti e poi il figlio Adriano, che compresero l’importanza di affiancare alle fabbriche i complessi residenziali in cui ospitare i dipendenti e le loro famiglie.”
“Esatto, e puoi aggiungere alla lista la città Morandiana di Colleferro, il villaggio Breda a Roma e tanti altri andando avanti in queste ricerche scopriresti che Adriano Olivetti, antifascista convinto, aiutò Sandro Pertini e Filippo Turati a fuggire in Corsica.”
“Perché passi alla politica mentre stai parlando di una rivista d’architettura?”
“Zodiac derivava da una visione dell’architettura intesa come civiltà edilizia, miglioramento delle condizioni di vita; quindi, una visione sociale e politica che l’Olivetti ha sempre portato avanti a cominciare da Camillo Olivetti che fondò la sua fabbrica nel 1908 abbandonando Milano. Scelse la piccola Ivrea e il suo comprensorio agricolo con la prospettiva di dare vita a un’industria che potesse crescere insieme a quel territorio e ai suoi ritmi naturali assorbendo con gli anni la Olivetti molti braccianti locali, offrendo loro assistenza e formazione in cambio di lavoro. Adriano nel 1955, in occasione dell’inaugurazione della fabbrica realizzata da Luigi Cosenza a Pozzuoli ricorderà che lafabbrica di Ivrea, pur agendo in un mezzo economico e accettandone le regole, ha rivolto i suoi fini e le sue maggiori preoccupazioni all’elevazione materiale, culturale, sociale del luogo ove fu chiamata ad operare […] fu quindi concepita alla misura dell’uomo perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno
strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza. Adriano Olivetti chiamerà a Ivrea i progettisti più celebri del tempo, Ignazio Gardella, Luigi Figini e Gino Pollini, Roberto Gabetti e Aimaro Isola, Marcello Nizzoli, e affida loro, tramite numerosi incarichi diretti, la costruzione della nuova città di Ivrea, sulla sponda della Dora opposta al centro storico, al castello. Costruisce la grande dimora di un’intera comunità. L’Ivrea degli anni Quaranta-Sessanta verrà definita “la Mecca dell’architettura moderna. Questo modo d’intendere l’architettura prosegue con i progetti di James Stirling, Louis Kahn e Kenzo Tange chiamati, nonostante la loro notorietà, a operare in zone disabitate dell’Inghilterra, degli Stati Uniti, del Giappone, a loro è richiesto di rinnovare il rapporto luogo-persona-fabbrica nel proprio paese. Gli architetti chiamati a realizzare le sedi produttive erano preferibilmente locali proprio per l’accento posto sulla natura del luogo. Fece eccezione l’italiano Marco Zanuso con mandato per le sedi di Brasile e Argentina.”
“Ignazio Gardella è quello che progetto e realizzò la palazzina per abitazione alle Zattere a Venezia dimostrando che nuovo e antico posso convivere tranquillamente se fatto in armonia con il luogo originale.”
“Bravo Felice, hai capito, bisogna essere inclusivi ma con cultura e comprensione.”
“Hai ragione, l’architettura non è solo una funzione ma come mi spieghi i negozi che furono realizzati in tutto il mondo, erano solo operazioni commerciali.”
“Non direi, la P101, come le precedenti macchine per la scrittura, è reclamizzata da una signorina che la usa con disinvoltura a significare la relativa semplicità di utilizzo in una società in cui la scolarizzazione femminile era ancora impari rispetto a quella maschile. Per l’Olivetti uomo o donna, nelle vesti di dipendente o di consumatore, sono solo due aspetti diversi del medesimo soggetto, centrale è la persona. I negozi Olivetti nel mondo, per i quali Adriano chiama rigorosamente architetti italiani. non riguardano più il rapporto tra la natura del luogo e la comunità, ma sono la rappresentazione della comunità di Ivrea nel mondo. Quello che sta dietro le vetrine dei suoi negozi, infatti, non è solo il prodotto in vendita, ma insieme c’è un sistema di pensiero, un modus vivendi che si trasmette attraverso l’utilizzo di questi strumenti, studiati appositamente per stabilire un particolare rapporto dell’utilizzatore con la quotidianità. Un rapporto intimo, fino allora sconosciuto alla tecnologia. Il destino della Lettera 22, tutta in alluminio, leggerissima e insieme elegantissima, disegnata da Nizzoli nel 1950, è di divenire un oggetto-simbolo, protagonista di sfondi di film e interviste, al punto da essere esposta in modo permanente al MoMA tra gli oggetti del Novecento. Adriano Olivetti anticipa di quasi mezzo secolo le strategie della Apple di Steve Jobs, dal disegno del prodotto fino al concetto di ‘comunità’, che la Apple rilancerà anche come slogan commerciale, la comunione nella condivisione degli stessi oggetti-icone. “
“In sintesi mi vuoi dire che questo libro, Zodiac, è adatto anche a chi non è un architetto?”
“Sì, perché a mio avviso l’architettura non è solo il costruito dove viviamo e dove si compiono le nostre azioni quotidiane, la sua lettura non può essere solo accademica perché ci racconta da testimone la nostra storia. Basta leggere tra le righe o, meglio, tra i mattoni.
Paolo Verdeschi