Gli elettori dell’Iowa, sfidando il freddo polare per recarsi alle urne, hanno scelto il candidato repubblicano alla Presidenza degli Stati Uniti
Né la neve né il gelo sono riusciti a fermare gli elettori dell’Iowa, che sfidando il freddo polare si sono recati ai seggi per scegliere il candidato repubblicano alla Presidenza degli Stati Uniti. Contrariamente a taluni pronostici della vigilia, l’ex presidente Donald Trump si è confermato nuovamente il frontrunner del Gop per questo 2024.
Sbaragliando i suoi diretti competitori, il Tycoon ha dimostrato di avere ancora una forte presa sui conservatori statunitensi, che lo ricambiano votandolo a furor di popolo. Specialmente in questa parte del Midwest, dove il sollecito sostegno degli evangelici ha permesso a Trump di trionfare oltre ogni ragionevole dubbio.
Per costoro, che costituiscono circa il 30% della popolazione dello Stato, Trump è “l’Unto del Signore”, il prescelto da Dio per salvare l’America dalla deriva satanica e abortista foraggiata dai democratici. Non stupisce, dunque, che innanzi a tale folla entusiasta, Trump canti già vittoria. E lo fa replicando il repertorio che dal 2016 contraddistingue la sua roboante retorica elettorale.
Fonte: laRegione
È, infatti, tornato a ripetere che espellerà gli immigrati illegali che rubano il lavoro ai cittadini americani, minacciando di deportarli e di scatenare una guerra con il Messico. Ha promesso di porre fine, istantaneamente, ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente, risolvendo il problema dell’inflazione che sta strangolando l’economia Usa.
Ha, infine, nuovamente attaccato Biden e i democratici, accusandoli di aver truccato le elezioni del 2020. A tal proposito, ha già minacciato, qualora dovesse essere rieletto, di vendicarsi di loro, paventando un’epurazione nel governo federale degna delle purghe staliniane.
Ora la sfida si sposta nel New Hampshire, ma è sempre più evidente che le primarie si stanno trasformando in una gara per il secondo posto. Se martedì prossimo dovessero ripetersi tali risultati, è ovvio che le primarie potrebbero anche fermarsi qui, con buona pace di una democrazia ormai allo stato terminale. Tuttavia, dal New England arriverebbe un segnale diverso rispetto a quello registrato in Iowa.
I recenti sondaggi danno Nikki Haley, già ambasciatrice all’Onu della precedente amministrazione, alla pari con l’ex presidente. Forte dell’endorsment anche del Governatore dello Stato Sununu, Haley potrebbe dare filo da torcere a una ricandidatura del magnate newyorkese. A sostenerla ci sono anche importanti esponenti della vecchia guardia repubblicana, i quali non hanno mai digerito lo sfregio perpetrato in questi anni al partito di Lincoln da parte dell’ideologia Maga.
Su una linea diversa è, invece, collocato il governatore della Florida, l’italoamericano Ron De Santis. Esso, pur rinverdendo temi cari alla galassia trumpiana, rimarca la sua differenza dal Tycoon, in virtù anche della sua più giovane età. Parlando ai caucus, il governatore ha ribadito la iattura che un’eventuale ricandidatura di Donald Trump rappresenterebbe per gli Usa.
Il riferimento è, ovviamente, ai guai giudiziari dell’ex presidente, che aleggiano sinistri su questa campagna elettorale. Attualmente, Trump è imputato in quattro processi, di cui i più gravi sono quelli relativi alle interferenze russe nelle elezioni del 2016 e quello per l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Dopo aver schivato per ben due volte la procedura di impeachment, il leader repubblicano rischia di essere condannato per sedizione e attentato alla Costituzione.
Già due Stati, il Maine e il Colorado, lo hanno escluso dalla competizione per tale motivo. Ora si attende il pronunciamento della Corte Suprema che, a ben vedere, potrebbe dare ragione a Donald Trump. Al momento, infatti, la Corte è a maggioranza repubblicana e ci sono fondati motivi per ritenere che, posticipando la decisione sulla candidabilità, i giudici spianerebbero la strada a una sua riconferma, permettendogli in seguito di graziarsi da solo.
Ciononostante, i giochi restano aperti, anche nel campo avversario e non si escludono colpi di scena dell’ultimo minuto. Fra i democratici prevale ormai l’idea di appoggiare un secondo mandato di Biden, solo nel caso in cui dall’altra parte si ripeta lo scenario del 2020. Parlando in Pennsylvania, il presidente degli Stati Uniti si è detto pronto a ricandidarsi proprio per salvaguardare gli Stati Uniti da tale minaccia.
Non stupisce, dunque, che abbia già incoronato il Tycoon suo avversario per novembre, certo che, come lo ha sconfitto una volta, possa farlo ancora. Malgrado una gestione non proprio brillante dell’economia, l’esperienza e la saggezza di Biden potrebbero nuovamente giovare alla causa della democrazia Usa. Tuttavia, come è comprensibile, tale opzione non scalda i cuori dei progressisti d’oltreoceano e per una serie di motivi.
La Bidenomics, infatti, non è mai riuscita in questi quattro anni a far decollare veramente l’economia a stelle e strisce, restituendo l’immagine di un’America in declino e divorata dall’inflazione.
In politica estera, pur avendo rilanciato le relazioni multilaterali con l’Europa e aperto al dialogo con la Cina, gli americani rimproverano al presidente gli aggravi di spesa per sostenere le numerose guerre in corso nel globo.
Se poi si aggiunge l’evidente declino cognitivo di questo ne esce una figura presidenziale non poco appannata e che implicitamente rischia di sprofondare il mondo libero nell’incubo di un nuovo conflitto mondiale.
Gianmarco Pucci