Prosegue sottotraccia e senza grandi conseguenze visibili la guerra fra la Commissione europea e i due paesi dell’Est
Lo scontro fra Bruxelles e l’asse Polonia-Ungheria sullo stato di diritto tiene banco da anni, sebbene le sorti dei due paesi abbiano avuto un destino molto dissimile dopo l’aggressione russa all’Ucraina. Nel primo step informale di oltre un anno e mezzo fa la Commissione aveva inviato una serie di lettere ai due paesi, minacciando di fatto di tagliare i finanziamenti. Ma facciamo un passo indietro.
Lo scorso 16 dicembre 2020 il Parlamento UE aveva approvato un regolamento che permetteva di tagliare i finanziamenti agli stati membri che violano lo stato di diritto, in quanto tali trasgressioni hanno un’influenza sugli interessi finanziari dell’UE. Perciò erano finite sotto la lente d’ingrandimento le riforme della giustizia attuate dalla Polonia e la violazione sistemica in riferimento all’indipendenza giudiziaria, libertà di espressione, corruzione, diritti delle minoranze che operava Orbàn e il suo partito Fidesz in Ungheria.
Fonte: International Web Post
Nelle lettere la Commissione avrebbe chiesto informazioni inerenti al meccanismo sullo stato di diritto. A questo punto, i due paesi avevano pochi mesi a disposizione per rispondere alle richieste di Bruxelles. Tuttavia, occorreva aspettare che la disputa, tramite azione legale alla Corte di Giustizia UE, sulla legalità del meccanismo lanciata da Polonia e Ungheria fosse risolta. Quel che è certo è che la minaccia di sospendere i fondi è sempre stata la miglior arma a disposizione di Bruxelles per rimettere in riga paesi che hanno intrapreso una deriva illiberale. Questo si amplifica se pensiamo che ciò vale anche per le ingenti risorse del Recovery Fund: alla Polonia sono state richieste importanti riforme sulla giustizia per far sì che il piano venisse approvato.
Attraverso la pressione finanziaria, in un momento di crisi dovuta al Covid, la Commissione è forse riuscita nell’intento di espandere le sue competenze e il suo perimetro di controllo, seppur per un periodo limitato di tempo per quanto riguarda il Recovery.
Il rischio era, tuttavia, quello di radicalizzare ancora di più il dibattito. In un Unione dove il bilancio si amplia costantemente e nuovo debito comune viene creato, il controllo delle risorse diventa la chiave di volta.
Tuttavia, i due paesi dell’Europa dell’Est continuano spesso a bloccare le risoluzioni e riforme avanzate dagli altri paesi all’unanimità, proseguendo un braccio di ferro che non accenna a finire.
Ad oggi non vi sono azioni o provvedimenti decisi presi dalla Commissione, la quale, specialmente per quanto riguarda la Polonia, tenta di trasformare questi paesi ex-sovietici in alleati in funzione antirussa.
Alberto Fioretti