La Repubblica di Cina continua ad essere il tema al centro di una serie di botte e risposte fra Pechino e Washington, soprattutto da quando Nancy Pelosy, si è recata in viaggio a Taipei, capitale dell’isola e sede del governo di Taiwan
La Repubblica di Cina, più spesso chiamata Taiwan, continua ad essere il tema al centro di una serie di botte e risposte fra Pechino e Washington, soprattutto da quando Nancy Pelosy, la speakerdella Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, ai primi di agosto di quest’anno si è recata in viaggio a Taipei, capitale dell’isola e sede del governo di Taiwan.
Non erano quasi ancora state ammainate le molte bandiere americane con cui la Pelosi, esponente dei democratici, è stata accolta entusiasticamente dai taiwanesi che la Cina violava la zona cuscinetto tra le due sponde dello Stretto, sia via mare che nei cieli, varcando gli spazi di difesa della cosiddetta “linea mediana” con navi, aerei e droni militari cinesi. Motivazione ufficiale alcune esercitazioni.
Le tensioni fra Pechino e Taipei sono quindi leggermente aumentate d’intensità, tanto da ritenere che “il caso di Taiwan” meriti l’attenzione di una svolta epocale. Ciò ha spinto di recente il presidente americano Biden a dichiarare che gli Stati Uniti sono decisi a difendere con le proprie armi l’integrità di Taiwan e questa volta, contrariamente ad altre sue esternazioni, da Washington non è seguita alcuna smentita.
Bisogna immaginare che con quelle parole Biden abbia calato una delle sue carte tattiche contro i repubblicani, visto che il presidente dem nutre la speranza di cavarsela alle elezioni di midterm del prossimo 8 novembre. Reazione a catena da parte della Repubblica popolare cinese, però, che attraverso il suo ministro degli esteri Wang Yi ha detto al segretario di Stato americano Antony Blinken che gli Stati Uniti stanno inviando segnali molto sbagliati e pericolosi su Taiwan. Per Pechino, che considera suo anche il territorio dell’isola di Formosa, la riunificazione con la Cina sarà graduale e a suo dire pacifica, tuttavia, nel Libro bianco intitolato La questione di Taiwan, si legge che “Non lasceremo mai spazio alcuno a forme separatiste per l’indipendenza”. Il futuro di Taiwan, recita il Libro bianco, risiede nella riunificazione nazionale con la Cina, così come proclamato sin dalla fine del 2012 dal segretario generale del Partito comunista cinese, e attuale presidente, Xi Jinping.
Intanto, l’avvicinarsi del XX Congresso del Partito comunista cinese, ormai prossimo, segnerà una specie di midterm anche per i taiwanesi, in quanto una volta riconfermato alla guida della Cina Xi Jinping (un inedito terzo mandato per lui è praticamente certo) le attenzioni di Pechino torneranno a concentrarsi maggiormente sul tema della riunificazione in una unica Cina, una sintesi territoriale e politica che Taiwan respinge in toto. Come ricorderemo, Xi Jinping ha già sfruttato verso Hong Kong il tema identitario e delle relazioni intrastretto e sappiamo com’è andata.
A casa nostra, la leader di Fratelli d’Italia rilascia un’intervista all’Agenzia di stampa nazionale taiwanese (simile all’Ansa per intenderci) in cui promette sanzioni contro la Cina in caso d’invasione dell’isola e a una domanda sulla scadenza dell’intesa sulla Via della Seta, nel 2024, Giorgia Meloni risponde: “Se dovessi firmare il rinnovo del memorandum domattina, direi che non vedo le condizioni politiche adatte per farlo. Spero che il tempo serva a Pechino per ammorbidire i toni e fare qualcosa di concreto per il rispetto della democrazia, dei diritti umani e della legalità internazionale”. E a Bruxelles, invece, cosa si dice sul caso di Taiwan? Josep Borrell, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, ha affermato, rispondendo a una domanda dei giornalisti, che né lui né la presidente della Commissione Ursula von der Leyen hanno in programma un viaggio a Taiwan.
Daniela Blu