In soli 10 anni sono stati chiusi 189 presidi ospedalieri, e la quota di ospedali pubblici è passata dal 64 al 53%, al netto di un lieve aumento delle strutture private convenzionate
È cosa nota a tutti, che negli ultimi venti anni in Italia si siano registrati corposi tagli e sforbiciate nell’ambito della sanità pubblica. L’obiettivo dello Stato era quello di diminuire la spesa pubblica in un ambito che sembrava impazzito, con l’evidente mancata capacità di standardizzare costi ed efficientare risorse.
In soli 10 anni sono stati chiusi 189 presidi ospedalieri, e la quota di ospedali pubblici è passata dal 64 al 53%, al netto di un lieve aumento delle strutture private convenzionate. Numeri che dovrebbero garantire un notevole risparmio per le casse dello Stato, ed invece il dato è in controtendenza: al minor numero di posti letto fa seguito un aumento medio del costo annuo, passato da 70 miliardi del 2002 a 115 miliardi del 2019, troppo per immaginare l’impatto dell’inflazione e dell’aumento medio del costo delle materie prime e dei salari, rimasti al palo.
Nel 2000 in Italia si contavano 311mila posti letto, scesi a 225mila nel 2010, crollati a 191mila nel 2020, portandoci ad una media di 3,1 posti letto per mille abitanti rispetto ad una media europea di 5 posti letto ogni 1.000 abitanti.
La mancanza in organico di migliaia di infermieri, infine, rende ancora più complicata la gestione delle normali degenze, figuriamoci di una fase così complessa. Motivo per cui, al netto di casi e di circostanze specifiche, un plauso ai nostri medici, ai nostri infermieri, è necessario, ma non sufficiente.
Occorre un’attenta analisi del sistema, delle sue inefficienze, degli sprechi e delle risorse utili per la nostra sanità pubblica per tornare ad essere un modello di efficienza ed efficacia riconosciuto a livello mondiale, non solo per le intelligenze, per le menti, che operano con sacrificio, dedizione e altissima professionalità, ma anche per un modello integrato che guardi alle prossime esigenze di un Paese in progressivo ed inesorabile invecchiamento.
Alberto Siculella