Che la sua figura possa continuare a rappresentare una vera e propria calamita verso la Fede che non conosce limiti temporali e generazionali
3 giugno 1963 – 3 giugno 2023, sono passati sessant’anni dalla morte di colui che è stato considerato dalla Storia come il Papa del cambiamento, ovvero Giovanni XXIII. Angelo Giuseppe Roncalli, questo il nome di battesimo dell’ex Pontefice, ha segnato un cambiamento epocale nella vita dei Cattolici.
Il Concilio Vaticano II è stato certamente l’atto più profondo del suo breve ma intenso pontificato: un cambiamento necessario che andava di pari passo col mutare dei tempi e delle generazioni. Un Concilio che vide più di qualche porporato (e non solo) storcere la bocca. Per molti, infatti, questa trasformazione avrebbe significato l’inizio della fine della Chiesa; uno stravolgimento che vedeva, per fare un paio di esempi, l’abolizione della lingua latina (che sarebbe rimasta comunque Lingua Ufficiale della Chiesa) nello svolgimento delle Funzioni e l’Altare posto tra i Fedeli e il Celebrante affinché quest’ultimo non desse più le spalle all’assemblea.
Nell’Humanae Salutis, la Bolla d’Indizione che Giovanni XXIII firmò il giorno di Natale del 1961, erano presenti le finalità del Concilio intese come ricerca dell’unità e della pace del mondo. Un tema che ancora oggi risulta essere di difficile attuazione.
Questo “appuntamento” mondiale fu aperto nell’ottobre del 1962 (il giorno 11) con il celebre discorso del Papa “Gaudet Mater Ecclesia” (Gioisce la Madre Chiesa). “Occorre che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione”, disse Roncalli in un passaggio del suo discorso.
Ma la figura di colui che è stato “superficialmente” considerato il Papa “buono”, poiché, in vero, la denominazione corretta sarebbe il Papa “della bontà”, ha lasciato nei cuori di chi ha vissuto quel periodo e delle generazioni a seguire, segni incancellabili del suo pontificato. Il famoso “discorso alla Luna”, avvenuto al termine della prima giornata del Concilio, mise in ancor più evidenza come questo Successore di Pietro, fosse propenso a stare con la gente, parlando il suo stesso linguaggio, a differenza dei predecessori che rispecchiavano una Chiesa dai canoni assai più rigidi come i Tempi dell’epoca imponevano.
Se, dunque, Pio XII (Eugenio Pacelli) è stato l’ultimo grande Pontefice di una Chiesa preconciliare (un Uomo che, nonostante le maldicenze, aiutò in tempo di Guerra un numero enorme di ebrei), Giovanni XXIII ha segnato l’inizio di una nuova Era.
Ho avuto modo di conoscere i luoghi e le persone che hanno fatto parte della vita di Roncalli: Sotto il Monte, il suo paese natale in cui è visitabile sia la casa dove egli venne al mondo sia Ca’ Maitino, la residenza a cui il Papa teneva molto perché rappresentava un vero e proprio scrigno di ricordi ed emozioni.
Ma non solo questa realtà lombarda, in provincia di Bergamo, ma anche le due figure più vicine al Cardinale divenuto poi Pontefice. Parliamo di Mons. Loris Capovilla, suo segretario personale e Guido Gusso, aiutante di Camera.
Con Mons. Capovilla, per tutti “don Loris” ebbi modo di fermarmi in udienza per due volte: la prima durò 45 minuti contro i 15 scarsi che una delle suore che lo accudivano ci aveva chiesto di avere. Quando mia moglie ed io entrammo nella stanza, dopo essere stati presentati molto gentilmente dalla religiosa, don Loris ci accolse con un “dove sono questi romani?”. Una frase piena di affetto e che diede il via a racconti molto toccanti e di grande interesse. Ricordo che ci rivelò come lui stesso vedesse dubbiosamente il Concilio non perché non credesse nelle capacità del suo Papa ma per un discorso anagrafico (Giovanni aveva già 81 anni); fu sempre lui ad invitare il Papa a guardare fuori dalla finestra del Palazzo Apostolico al termine della lunga giornata, giocando sulla curiosità che Roncalli aveva per tutto ciò che lo circondava. E da una “semplice” e silenziosa benedizione che il Pontefice avrebbe voluto fare si giunse al “Discorso alla Luna” e alla sua grandezza come detto precedentemente. Ancora, l’errata etichetta di Papa “Buono” anziché “della Bontà” poiché “buono” è un aggettivo che può indurre a ritenere la persona priva di carisma ed intelletto.
L’altro incontro, di una ventina di minuti abbondanti, avvenne l’anno seguente quando l’ex segretario aveva compiuto 100 anni e si avviava ai 101. Anche in questo caso lucidità e amore furono i fattori che emersero dall’udienza. E poi Guido Gusso, aiutante di Camera del Pontefice. Un uomo molto alla mano, estremamente gentile e ben lieto di raccontare aneddoti su quel periodo della sua vita così unico. Il suo libro “Il Santo che ha cambiato la mia vita” è ricco di episodi che riguardano non solo la figura di Angelo Roncalli ma anche l’ambiente Vaticano di quegli anni e dei periodi successivi alla morte del Pontefice.
Ed in questo giugno 2023, a sessant’anni di distanza da quel triste giorno, la figura di Papa Giovanni continua a suscitare emozioni profonde nel cuore dei fedeli. La sua salma, visibile nella Basilica Vaticana (e che nel giugno 2018 venne portata a Sotto il Monte per alcuni giorni) è una “tappa obbligata” per tante persone che si fermano in preghiera.
Fonte: Diocesi di Roma
Che la sua figura possa continuare a custodire tutti coloro che vivono nel bisogno e a rappresentare una vera e propria calamita verso la Fede che non conosce limiti temporali e generazionali.
Stefano Boeris