Dai tempi di Fausto Coppi non si vedeva il talento di un ciclista con lo spirito di un guerriero indomabile

Sono passati 21 anni da quel 14 febbraio 2004, data della scomparsa in circostanze drammatiche di Marco Pantani la cui stella brilla oggi con la stessa intensità di prima nel cuore degli sportivi amanti delle due ruote e di tutti coloro che ne hanno apprezzato le indubbie doti di campione. Per tutti noi era “Il Pirata”, appellativo affibbiatogli da Gianni Mura per il suo look con la bandana in testa, l’orecchino al lobo sinistro, il pizzetto ossigenato, capace di compiere imprese leggendarie in salita sgretolando la resistenza degli avversari. Dai tempi di Fausto Coppi non si vedeva il talento di un ciclista così abile sulle montagne affrontate con rapporti molto duri e con lo spirito di un guerriero indomabile alla continua ricerca del cambio di marcia giusto per restare solo al comando.

Marco era nato in Romagna, non certo tra le montagne, e fin da bambino con la bici ai tratti pianeggianti preferiva le pendenze collinari scoprendosi scalatore straordinario per la perfetta combinazione di spirito di sacrificio, grinta, pazienza, resistenza, intelligenza nel saper cogliere il momento giusto per sferrare l’attacco.

Di momenti difficili Pantani ne ha vissuti tanti a cominciare dai gravi incidenti stradali di cui è stato vittima come il primo avvenuto nel 1986, a sedici anni di età, quando con la sua bicicletta andò a sbattere a gran velocità contro un camion fermo e restò in coma per un giorno intero. Marco ha sempre reagito con grande carattere ad ogni avversità rimettendosi in fretta in sella.

Nel 1992 la vittoria del Giro d’Italia dilettanti e le sue imprese da scalatore gli valsero l’ingaggio di Davide Boifava per la “Carrera Jeans” quale gregario del Diablo Claudio Chiappucci con licenza di attaccare in salita ed anche in discesa dove sapeva essere spericolato. Marco grazie al suo immenso talento divenne ben presto capitano scalzando un campione del calibro di Chiappucci ma il destino gli voltò le spalle il 18 ottobre 1995 durante la corsa Milano-Torino, precisamente nella discesa di Pino Torinese, quando venne colpito da un fuoristrada marciante a senso contrario che gli provocò la frattura scomposta di tibia e perone della gamba sinistra con rischio di dover dire addio alla carriera. In quella occasione i medici riscontrarono nel ciclista valori ematologici abnormi che facevano presupporre l’uso di eritropoietina, sostanza dopante per eccellenza. Pantani subì un processo dove venne assolto dall’accusa di frode sportiva perché all’epoca il fatto non era previsto dalla legge come reato.

Fonte: Cinque Colonne Magazine

Marco con la sua tenacia e la sua determinazione tornò in sella di una bici solo cinque mesi dopo il drammatico incidente. Nel 1997 cambiò team passando alla Mercatone Uno e nel 1998 avvenne la sua consacrazione quando il Pirata entrò nell’Olimpo del ciclismo di tutti i tempi vincendo Giro d’Italia e Tour de France nella stessa stagione, come capitò solo a Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Eddy Mercks, Bernard Hinault Stephen Roche e Miguel Indurain.

Il 1999 cominciò sulle orme dei grandi successi nella stagione precedente con Pantani, alla vigilia dell’ultima tappa di montagna, leader incontrastato del Giro d’Italia con un distacco di oltre cinque minuti su Savoldelli secondo in classifica. Ma il 5 giugno Marco venne a sorpresa sottoposto a controlli ematici che evidenziarono un tasso di ematocrito (51,8%) leggermente più alto del consentito. Il ciclista romagnolo venne sospeso in via precauzionale e gli venne proibito di continuare il Giro virtualmente vinto. Un controllo strano, anche nelle modalità di prelievo, che ha destato forti sospetti, alimentati anni dopo dalle dichiarazioni di Renato Vallanzasca, il quale rivelò che la criminalità organizzata sapeva che Marco non avrebbe potuto continuare il Giro per vicende legate alle scommesse.

Travolto dal clamore mediatico che infierì su di lui, Pantani rinunciò a partecipare al Tour de France e questa volta non ebbe la consueta forza di reagire chiudendosi in sé stesso. Caduto nella depressione rifiutò i vecchi amici, si separò da Cristine la sua fidanzata, prese un giro di amicizie sbagliate e divenne dipendente della cocaina. Fece ritorno alle corse nel 2000 e, nonostante qualche episodico exploit, non raggiunse più i livelli del passato anche perché divenuto incostante negli allenamenti e facilmente irascibile nei comportamenti. Marco venne trovato morto in una camera di un residence di Rimini il 14 febbraio 2004. Il decesso venne attribuito ad un suicidio per overdose di cocaina e farmaci ma sono tuttora presenti elementi soprattutto legati alla scena del delitto che porterebbero alla conclusione che ci sarebbero state altre presenze nella stanza e conseguentemente che qualcuno ne abbia indotto la morte.

Fonte: Fanpage

Tesi sostenuta a gran voce da Tonina, la mamma di Marco, per un caso che potrebbe riaprirsi e portare a clamorose verità.

Gian Luca Cocola

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