Una storia particolare quella di Chechi che ha saputo reagire con testa e cuore compiendo imprese impossibili
Jury Chechi rappresenta il campione per antonomasia, ovvero il grande atleta che ha il coraggio di affrontare con successo ogni avversità, di avere la forza di ripartire da zero, di non arrendersi mai. E’ una storia particolare quella di Chechi, che seppur colpito da tremendi infortuni alla vigilia di due Olimpiadi ha saputo reagire con testa e cuore, con pazienza e sacrificio, con determinazione e fierezza compiendo imprese impossibili che sono entrate nella storia dello sport.
Jury, nome datogli dai genitori in onore del famoso astronauta russo Jury Gagarin, nacque a Prato l’11 ottobre nel 1969, anno in cui per la prima volta l’uomo mise piede sulla Luna. Sembrava un predestinato nel diventare un uomo dello spazio, ma anziché volare tra gli anelli planetari ha volteggiato su quelli ginnici. Alla ginnastica artistica approdò per caso volendo emulare la sorella maggiore. E fu amore a prima vista. Il piccolo Chechi mostrò subito non solo un gran talento ma anche uno straordinario spirito di sacrificio finalizzato al raggiungimento della perfezione col ripetere fino allo sfinimento ogni esercizio. E non difettava di autostima visto che all’età di nove anni scrisse in un tema che avrebbe vinto le Olimpiadi. Profetico!
Jury entrò dodicenne nella Nazionale juniores di ginnastica e tre anni dopo si trasferì a Varese per frequentare la prestigiosa Società Ginnastica Varesina dove si avvalse della guida di Bruno Franceschetti che diventerà il suo tecnico storico. Salì alla ribalta nel 1987 ai mondiali di Rotterdam dove si qualificò nella finale degli anelli, primo ginnasta italiano a riuscirci dopo Menichelli nel 1966. Dopo l’anonima partecipazione alle Olimpiadi di Seoul 1988, esplose il suo talento, con il conseguimento di una serie impressionante di successi, dai campionati italiani agli Europei e ai Mondiali, dalle Universiadi ai Giochi del Mediterraneo del 1991 ad Atene dove conquistò ben sei medaglie d’oro (anelli, corpo libero, cavallo con maniglie, parallele simmetriche, concorso generale individuale e concorso generale a squadre). Sarebbe stato uno dei sicuri protagonisti delle Olimpiadi di Barcellona nel 1992 se non si fosse rotto il tendine di Achille della gamba destra durante un allenamento circa un mese prima dell’evento. Andò a Barcellona non per gareggiare ma per commentare le gare di ginnastica per la Rai.
Chechi non si arrese all’avverso destino e ripartì di slancio aggiudicandosi per cinque volte consecutive il titolo mondiale (1993-1997), diventando il primo ginnasta della storia a vincere cinque ori iridati consecutivi in una specialità. Nel 1996 ai Giochi Olimpici di Atlanta fu il protagonista assoluto della gara degli anelli vincendo una meritatissima medaglia d’oro ed il suo minuto della prova risultò un capolavoro di tecnica, coordinazione, leggiadria, forza, agilità, bellezza con tanto di esultanza finale al momento di atterrare con dolcezza sul materassino.
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Si ritirò dalle competizioni nel 1997 e decise di tornare in pedana in coincidenza delle Olimpiadi di Sidney 2000 per tentare un nuovo assalto all’oro, La sfortuna non lo mollò ancora una volta ed a quattro mesi dall’evento durante un allenamento subì il distacco del tendine del bicipite del braccio sinistro, infortunio talmente grave da costringerlo al ritiro. Jury intraprese un nuovo percorso professionale all’interno della federazione; non più la pedana ma la scrivania, al posto della canottiera la giacca e la cravatta.
Nel 2003, spinto da una promessa fatta al padre malato appena uscito da uno stato comatoso, riprese l’attività agonistica con l’obiettivo di partecipare ai Giochi Olimpici di Atene 2004, tornando ad allenarsi in preda ai dolori e con l’incubo che il braccio avrebbe ceduto. Fu il portabandiera della rappresentativa azzurra e il 22 agosto a quasi 35 anni di età si portò in pedana per sfidare l’impossibile. In 60 secondi, entrati nella storia delle Olimpiadi, Jury offrì una prova fantastica sugli anelli, perfetta in ogni singolo dettaglio. Celebre la frase del cronista RAI Andrea Fusco al momento in cui Chechi atterrò sul materassino “Si è posato come una foglia che si arrende sì all’autunno rivendicando a sé la grazia del volo. E’ Jury Chechi”. Il nostro eroe riaffermando se stesso conquistò una fantastica medaglia di bronzo, per certi versi più prestigiosa dell’oro conquistato ad Atlanta otto anni prima. Complimenti Jury e grazie ancora per averci fatto vivere emozioni che resteranno indelebili nei nostri cuori.
Gian Luca Cocola