Persona carismatica ha la capacità di sdrammatizzare ogni discorso riferito alla disabilità con il suo sorriso e la sua contagiosa simpatia
Il racconto di Beatrice Vio, meglio conosciuta come Bebe, realizza in modo mirabile uno dei sogni che all’alba delle Olimpiadi moderne animarono il Barone De Coubertin: l’universalità dello Sport. Ma se nel lontano 1896 per universalità si intendeva l’abbattimento delle differenze tra ceti sociali che impedivano alle classi più povere di poter intraprendere una pratica agonistica, con Beatrice l’asticella si sposta portando al centro la realizzazione dell’individuo in un processo di integrazione sociale che accomuna popoli, culture, generi e diversità. Ed è in questa prospettiva che il racconto di Bebe diventa esemplare e degno di occupare le pagine più nobili dello sport mondiale.
Bebe Vio, nata a Venezia il 4 marzo 1997, a soli tre anni di età viene avviata dai genitori alla pratica della ginnastica artistica, disciplina che non soddisfa la bambina in quanto non le consente di dare libero sfogo alla sua grande vivacità ed al suo innato spirito competitivo.
Il saggio di danza di fine corso non la gratifica. La piccola Beatrice, alla ricerca di uno sport, si dedica inizialmente alla pallavolo ma poi sceglie la scherma, futura sua grande passione, che diventa una delle sue tre certezze della vita, da lei definite le tre “esse”, ovvero la Scuola, gli Scout e appunto la Scherma.
E così a cinque anni comincia la sua avventura col fioretto mostrando subito le grandi capacità da futura campionessa.
Purtroppo, il destino le volta le spalle e Bebe, ad undici anni, è improvvisamente colpita da una meningite fulminante di tipo B, tanto rapida ed aggressiva da costringerla a combattere per la propria vita in rianimazione. Beatrice sopravvive ma la meningite, oltre a cicatrici sparse sul corpo (viso compreso), le causa la necrosi agli arti che rende necessaria l’amputazione prima delle gambe (sotto il ginocchio) e poi degli avambracci.
Dopo ben 104 giorni di ricovero, Bebe lascia l’ospedale e con il grande aiuto della famiglia si propone l’obiettivo di ripartire dalle tre “esse” cominciando subito dalla scuola. A livello sportivo Beatrice si sottopone ad una dura riabilitazione motoria a Budrio e dopo circa un anno dall’insorgenza della malattia riprende l’attività agonistica grazie ad una carrozzina costruita su misura per lei e ad una particolare protesi studiata per permetterle di sostenere il fioretto, diventando la prima schermitrice disabile al mondo a gareggiare con quattro protesi artificiali.
Bebe non molla, ma va avanti con coraggio e determinazione, fedele al motto che è anche il titolo di un suo libro “Se sembra impossibile allora si può fare”. Nel 2009 i suoi genitori creano l’Art4sport, Onlus che aiuta i bambini portatori di protesi di arto a integrarsi nella società attraverso lo Sport, anche in questo caso coniando un motto “Se impari ora che cos’è una disabilità, una cicatrice diventa parte di una normalità e non ne avrai più paura”.
Fonte: Federscherma
Beatrice, oltre che dimostrarsi stakanovista negli allenamenti affrontati con impegno e sacrificio, è imbattibile in gara dove emerge il suo grande temperamento e la sua inesauribile voglia di vincere sempre. I successi non tardano ad arrivare. Nel fioretto individuale è campionessa italiana Under 20 nel 2011, per poi laurearsi campionessa italiana assoluta nel 2012 e nel 2013.
In seguito, Bebe si consacra stella internazionale conquistando la medaglia d’oro sia ai giochi paralimpici di Rio de Janeiro nel 2016 che a quelli di Tokyo nel 2021 (un bronzo e un argento nelle gare a squadre), ed ottenendo quattro ori ai Mondiali (l’ultimo il 7 ottobre scorso a Terni) ed altrettanti quattro agli Europei.
Fuori dalla pedana, Bebe è Ambasciatrice dello Sport per disabili e partecipa a cerimonie e ricevimenti in presenza di alte personalità di tutto il mondo, forte anche della recente laurea in “Comunicazione e Relazioni Internazionali”. Persona carismatica, modello di forza e positività, ha la capacità di sdrammatizzare ogni discorso riferito alla disabilità con il suo sorriso, il suo entusiasmo e la sua contagiosa simpatia.
Usando un linguaggio semplice e divertente, diviene conduttrice de “La vita è una figata”, serie TV rappresentativa di tanti giovani che non si arrendono ai problemi e li trasformano in trampolini di lancio per amare la vita.
È il padre Ruggero a svelare il sogno segreto di Beatrice e della sua famiglia “quello di riuscire un giorno a gareggiare in piedi. È un sogno di difficile realizzazione ma se Bebe è arrivata fino qui non è giusto metterle dei limiti. Ha solo bisogno di traguardi”.
Che il sogno si realizzi, Bebe avanti tutta!!!
Gian Luca Cocola