È la prima domanda che si pongono coloro che, a seguito di un fallimento del proprio matrimonio, valutano la possibilità di ricorrere ad un Tribunale ecclesiastico
Questa è la prima domanda che si pongono coloro che, a seguito di un fallimento del proprio matrimonio, valutano la possibilità di ricorrere ad un Tribunale ecclesiastico. Diciamolo subito, in prima battuta non si ricorre mai al Tribunale apostolico della Rota Romana (ex Sacra Rota). Alla Rota, infatti, competente per le cause di tutto il mondo, si ricorre solo in secondo o terzo grado di giudizio.
La richiesta di valutare la validità del proprio matrimonio si presenta, in Italia, ai Tribunali competenti più prossimi agli interessati. Per fare un esempio, il Tribunale interdiocesano presso il Vicariato di Roma, dove io opero, si occupa delle cause di nullità dei fedeli residenti o stabilmente domiciliati nel Lazio o che hanno contratto matrimonio nella regione, ad eccezione di coloro che risiedono nelle diocesi di Rieti e Civitavecchia, poiché quest’ultime hanno un proprio Tribunale ordinario.
Fonte: www.rotaromana.va
Veniamo ora all’argomento che ha originato il titolo di quest’articolo. Quanto costa chiedere di verificare la “nullità” del matrimonio canonico? Occorre, innanzitutto, sfatare definitivamente il convincimento di quanti pensano di non poterselo permettere per costi proibitivi. La prassi attuale, in vigore da molti anni e aggiornata nel 2010 dalla Conferenza dei vescovi italiani, nel caso si accetti un avvocato concesso dal Tribunale (Patrono stabile), prevede, per chi promuove la causa (attore), il versamento di un contributo di 525 €. Il coniuge coinvolto nel giudizio (convenuto/a), se partecipa al processo senza l’assistenza di un legale, non ha alcun costo da sostenere; se decide, invece, di avvalersi di un Patrono stabile del Tribunale è tenuto al contributo di 262,50 €.
Nel caso si scelga un avvocato di fiducia, scelto dall’albo degli avvocati abilitati a patrocinare nel Tribunale ecclesiastico interessato, al contributo di cui sopra occorre aggiungere l’onorario del proprio legale. Il compenso è stabilito, anch’esso, dai Vescovi italiani e non può superare i 3000 €, cui vanno aggiunti gli oneri fiscali e previdenziali.
E chi non può pagare nemmeno il contributo di 525 € cosa fa? In questo caso si può chiedere al Presidente del Tribunale (Vicario giudiziale) una riduzione della quota o, se necessario, il gratuito patrocinio, presentando l’ISEE e la dichiarazione del proprio parroco che avvalori la richiesta.
Fonte: Zankyou
Chiarita l’annosa questione economica, è del tutto evidente che chiunque può introdurre una causa di nullità del proprio matrimonio. È scorretto utilizzare il termine “annullamento” perché, se il matrimonio è valido, la Chiesa non ha il potere di cancellarlo, mentre ha facoltà di dichiararne la nullità se, al momento dello scambio del consenso, non esistevano i presupposti necessari e fondamentali per renderlo valido.
L’indagine (processo canonico) per verificare la nullità del matrimonio si può intraprendere anche se la coppia ha avuto dei figli e la convivenza coniugale è durata a lungo. Per chi volesse solo approfondire l’argomento, in rete si trovano contributi sufficienti per informarsi sui vari motivi che possono provocare la nullità del matrimonio. Suggerisco, invece, alle persone interessate ad una verifica della validità del proprio matrimonio, di rivolgersi a persone competenti in grado di svolgere un adeguata “indagine previa” atta a verificare l’esistenza dei presupposti necessari per introdurre una causa. Tutte le Diocesi, compresa quella di Roma, offrono un servizio di consulenza gratuita.
Fonte: DonnaD
Quanto dura una causa? È la seconda domanda che viene rivolta agli addetti ai lavori, abitualmente, dopo la prima già analizzata (quanto costa?) … La riforma del processo canonico, voluta da Papa Francesco ed entrata in vigore nel 2016, ha disposto la sufficienza di un grado di giudizio per dichiarare la nullità; in precedenza occorreva una doppia sentenza conforme, quindi la necessità del grado di appello, ora mantenuto solo per cause controverse e a richiesta di una delle parti, insoddisfatta dell’esito della causa.
Fonte: Famiglia Cristiana
Altra novità, introdotta dalla riforma, è stata la possibilità di rivolgersi celermente e direttamente al proprio Vescovo, ma a precise condizioni: che entrambi i coniugi, desiderosi della dichiarazione di nullità, partecipino al processo con versione concorde sui fatti storici e che, di primo acchito, risulti evidente la nullità, desumibile da fatti o circostanze inequivocabili.
Per coloro che non dispongono dei requisiti per rivolgersi al proprio Vescovo in tempi ancora più brevi e che sono indirizzati al processo ordinario, il tempo di attesa medio è di circa diciotto mesi dall’introduzione della causa. Molto dipende dalla mole di lavoro dei singoli Tribunali e dalla complessità della causa. Non si può essere più precisi in proposito.
Consapevole di non aver trattato in modo esaustivo un argomento assai complesso, spero di aver fornito almeno qualche notizia utile a sfatare errati convincimenti in merito a presunti costi esorbitanti delle cause, solitamente risolte in tempi biblici. Spero, altresì, di aver incoraggiato quei lettori che, fino ad oggi e per vari motivi, avevano escluso il ricorso ad un Tribunale ecclesiastico, ad intraprendere un percorso, il processo canonico, che aiuta a fare chiarezza sulla propria vicenda matrimoniale e che offre la possibilità, se riconosciuta la nullità, di celebrare consapevolmente un altro, stavolta molto probabilmente valido, “matrimonio in Chiesa”.
Roberto Soprano
Vicario giudiziale agg. Tribunale interdiocesano di Prima Istanza presso il Vicariato di Roma