Quattro cittadini eritrei erano stati giudicati colpevoli in primo e secondo grado per favoreggiamento dell’emigrazione clandestina ma la Cassazione ha annullato, senza rinvio, le condanne
Quattro cittadini eritrei erano stati giudicati colpevoli in primo e secondo grado per favoreggiamento dell’emigrazione clandestina ma la Cassazione ha annullato, senza rinvio, le condanne a G. Afewerki, G. Abraha, M. Hintsa e G. E. Kidane.
Tutto è iniziato nel 2014 quando, con una maxinchiesta, si delineò secondo gli inquirenti, un’organizzazione transnazionale dedita al traffico di esseri umani tra il Sudan fino alla Scandinavia. ORRORE!
Capo della progettazione il “generale” Medhanie Yedhego Mered. Nel 2016, la Procura di Palermo aveva pensato di averlo preso, ma di fatto ci si ritrovò davanti ad un madornale scambio di persona su cui si aprì uno scontro tra le procure di Roma e Palermo.
La Corte d’assise palermitana riconobbe che dietro le sbarre era finito, in realtà, tale Medhanie Tesfamariam Behre e non l’uomo che si pensava di aver arrestato. Ma la cosa non finì qui; Behre, venne accusato di favoreggiamento all’immigrazione.
L’uomo non fu l’unico in questa telenovela: a ritrovarsi tra le maglie della giustizia italiana ci fu anche Hagos Awet, che, contemporaneamente, venne arrestato con altri migranti, tutti presunti complici e dediti al traffico di persone. Più tardi, Awet venne dichiarato innocente
Altri 4 quattro cittadini eritrei sono stati recentemente assolti mentre un quinto, che era stato prosciolto in primo grado ha trascorso 18 mesi di carcere preventivo giustificato proprio dall’accusa di associazione.
La fortuna ha voluto che fossero difesi da quattro avvocate: Raffaella Flore, Giuseppina Massaiu, Tatiana Montella e Ludovica Formoso. Le togate hanno scelto di procedere con il rito ordinario, sostenendo che le azioni degli imputati non erano mai state dirette a favorire il transito dei connazionali verso altri Paesi europei, ma solo spostamenti all’interno del territorio italiano.
La decisione della Corte di Cassazione ha dimostrato ciò che le difese, anche grazie al lavoro di consulenti e mediatori, hanno sempre sostenuto: si trattava esclusivamente di condotte solidali, come detto dall’avvocato Massaiu.
E proprio alla Dottoressa Massaiu poniamo alcune domande.
Punto chiave della sua difesa, la solidarietà come valore tra i connazionali?
SI, nei processi di questo tipo è fondamentale la comprensione delle dinamiche culturali e il valore dell’accoglienza, del sostegno e della solidarietà. Che non può essere criminalizzata nel tentativo di spezzare quei legami forti che li legano con il proprio paese e con chi fugge come, in precedenza, ha fatto chi oggi si mette a disposizione. In questo senso il punto nodale del processo è stato il lavoro congiunto degli avvocati nonchè dei consulenti e mediatori che hanno aiutato tutti e quindi anche i Giudici della Corte di Assise a ridimensionare le accuse condannando gli imputati, per ipotesi di reati residuali, a pene miti dai due ai quattro anni a fronte di pene richieste dal PM fino a 14 anni di carcere.
Dopo questa Sentenza di Cassazione a suo avviso si potrà aprire uno spiraglio per casi come questi?
Non conosciamo ancora le motivazioni della sentenza della Cassazione ma speriamo che siano in grado di scardinare la retorica che regge questi processi dove ad essere perseguiti, spesso e volentieri non sono i trafficanti.
Difensore – patrocinio dello Stato, ritiene che questo diritto alla difesa garantito dalla nostra Costituzione, sia sempre così efficace? Lei ha difeso queste persone attraverso l’uso del gratuito patrocinio.
Lo strumento del Gratuito patrocinio ci ha consentito di coinvolgere tutte le professionalità necessarie per difendere in maniera completa gli imputati. Tuttavia, è opportuno anche dire che l’istituto prevede, ex lege, una decurtazione di 1/3 dell’onorario previsto e pertanto quanto viene realmente riconosciuto agli avvocati e ai consulenti è certamente sproporzionato rispetto al lavoro e all’impegno profuso
Le fa onore difendere persone che senza il suo intervento non avrebbero forse mai avuto giustizia.
Antonella Tancredi