La Cucina (con la C maiuscola) rappresenta certamente una delle massime espressioni della nostra Nazione e, in ogni parte del Mondo, i “fornelli” tricolore sono un esempio di massima creatività e prelibatezza
La Cucina (con la C maiuscola) rappresenta certamente una delle massime espressioni della nostra Nazione e, in ogni parte del Mondo, i “fornelli” tricolore sono un esempio di massima creatività e prelibatezza. Ma alla base di un successo ci sono sempre dei segreti e dei sacrifici che un addetto ai lavori ben conosce e che possono far comprendere quanto impegno serva per creare basi solide e durature.
Francesco De Cicco, è uno chef che con impegno, passione e sacrificio opera nel mondo della Cucina ormai da molti anni.
Lo abbiamo incontrato per conoscere i segreti del cosiddetto “Made in Italy” ma anche per avere un’idea più chiara di cosa voglia dire lavorare ai fornelli.
Francesco, siamo qui per parlare di Cibo, il nostro fiore all’occhiello made in Italy. Come e quando è nata in te questa passione?
Questa passione in verità non nasce in quanto ho sempre avuto mia madre che cucinava in casa. Non volevo fare questo lavoro poiché le mie prospettive erano di tutt’altro genere: il Conservatorio o il Liceo Artistico. Una vena, dunque, artistica di cui anche la Cucina fa parte ma alla fine, anche dietro suggerimento della mia famiglia che insisteva per un futuro un po’ più concreto, ho intrapreso la Scuola Alberghiera. Terminato il triennio dovevo scegliere cosa fare e le opzioni erano due: cucina oppure sala ricevimento, che è quanto di più lontano possa esserci dal Cibo. Per un discorso di voti (volevo uscire con un punteggio massimo) ho optato per questa opzione, diplomandomi come Segretario d’Albergo. Appena finita la scuola sono stato chiamato per lavorare in una Cucina e da lì è iniziato tutto e dopo vent’anni ancora è la mia professione.
Però è anche vero che tu appartieni ad una terra dove il cibo la fa da padrona…
Beh, sicuramente la cultura della mia terra che è l’Emilia-Romagna, sommata a quella pugliese che è la regione d’origine dei miei genitori, può avermi portato a prendere scelte che si avvicinavano molto alla cucina.
Hai parlato di Arte e il cibo è Arte ma, da un po’ di tempo a questa parte, è diventato la “punta di diamante” di certi programmi televisivi dove si corre il rischio di dare un’immagine sbagliata della figura del Cuoco e, più in generale, del lavoro nelle Cucine dove appare tutto ordinato e pulito. Ma è veramente così nelle Cucine dei locali o c’è anche tanta gavetta e sacrificio?
Ultimamente, è vero, si sta dando molta importanza ai programmi televisivi dove tutti possono cucinare. Questo da una parte può anche essere visto come un fattore positivo ma dall’altro è anche un concetto sbagliato perché come per tutti i lavori c’è bisogno di studio. Quella che si vede negli studi è un mix tra la Realtà con la R maiuscola e quella televisiva: non la denigro totalmente ma neanche faccio un vanto di chi partecipa a quei programmi e con poco pensa di saper cucinare o comunque ci prova, diventando magari vincitore del programma. La Cucina vera e propria è sudore e fatica!
Sudore ma anche fatica a livello fisico. Voi quante ore fate quotidianamente?
Dipende. Lavorando in una catena presente in un centro commerciale ho la fortuna di avere orari più umani ma ho fatto anche esperienze lavorative al mare dove le ore di lavoro non si contano; entri in cucina alle 8 o alle 9 del mattino e non sai se e come ne uscirai vivo, a parte quelle pochissime pause per mangiare velocemente qualcosa e poi riprendere fino a sera, per un totale che può toccare le 12 o 13 ore.
Senti, ma un piatto tipico che ami alla follia e di cui non puoi fare a meno?
Tutti! In generale amo i primi, ci vado pazzo. La lasagna alla bolognese come piatto romagnolo; come piatto pugliese le orecchiette.
E sul vino cosa ci puoi dire?
Qui mi trovi impreparatissimo! Non bevo, non amo bere.
Quindi dalla birra al super alcolico, passando per il vino non puoi dirci nulla…
Zero assoluto!
Passando in rassegna dei piatti internazionali, qual è quello che prediligi o che vorresti provare a creare tu?
Negli ultimi 7-8 anni ho intrapreso un percorso di cucina asiatica in quanto la catena per cui lavoro è orientale. Erano piatti che non conoscevo, se non quelli che puoi assaggiare andando in un ristorante cinese o giapponese. Da quando, però, ho iniziato a lavorare in quest’ambito ho scoperto dei piatti nuovi e tra questi, quello che mi colpisce di più è il “pad thai”, un piatto thailandese che anch’io cucino.
Puoi svelarci qualche segreto di questo piatto?
Qualcosa…Beh, si tratta di cucine con una cottura molto veloce a differenza delle nostre. Nello specifico si tratta di tagliolini di riso che vengono fatti con uovo, gamberi, pollo, cipollotto e poi si usa una salsa che è a base di tamarindo e che dà peculiarità al piatto.
Abbiamo parlato poc’anzi di televisione. Tu sei stato artefice di un corso per aspiranti cuochi o per persone che amano la cucina. Ci racconti com’è nata questa idea di svelare dei segreti e di aiutare a migliorarsi ai fornelli?
L’idea è nata durante il lockdown quando, per forza di cose, eravamo tutti chiusi nelle nostre abitazioni e non potendo lavorare, vederci e stare in compagnia, l’unico modo per sentirci vicini era attraverso un monitor e quindi ho iniziato facendo corsi di cucina online che poi sono continuati anche dopo la fase di chiusura. In presenza, a gruppi di 3-4 persone, vengono fatti corsi di cucina “nazionale”, andando a toccare le ricette classiche della nostra cucina italiana.
Quindi, se ho capito bene, tu stabilisci che piatto cucinare e, in base anche agli ingredienti in questione, fai da “controllore” a coloro che partecipano al corso?
Certo! Le persone partecipano fattivamente. Se il corso è trasmesso online, coloro che da casa seguono la lezione, preparano il medesimo piatto che io sto creando dalla mia postazione e sapere che c’è qualcuno che ascolta e condivide ciò che io sto facendo è veramente molto bello.
Ma poi chiedi che ti venga mostrato il piatto e dai un voto oppure sei clemente e lasci correre?
Io voglio vedere il risultato ma più per curiosità che per altro. Votazioni non ne do perché credo che siano riduttive. Nella realizzazione di un piatto ognuno deve mettere qualcosa di suo, al di là della ricetta che io posso dare.
Quindi ci vuole cuore, testa, un maestro che segua il tutto ma anche personalità.
Esatto. Ognuno ci deve mettere qualcosa ed è anche bello vedere la creatività di ciascun partecipante.
In base alla tua esperienza, in questi due anni di Covid, la ristorazione che contraccolpo ha subìto?
C’è stato un grande abbassamento di cui, tuttora, subiamo le conseguenze. Non so per quanto ancora sarà così perché ci sono state perdite consistenti e non ci si risolleva da un momento all’altro. L’unica cosa che si può fare è mantenere salda la propria “fede” nel lavoro perché i risultati sono ancora, in larga parte, negativi.
A proposito di risultati positivi, invece, quant’è importante la cultura del Cibo nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza?
La cultura del cibo è importantissima perché fa parte della nostra cultura italiana. Tutto ciò che noi possiamo tramandare ai bambini verrà poi trasmesso ai propri figli. È quello che è capitato a me: vedendo mia madre cucinare, ho imparato a mia volta. È bene che i genitori portino a mangiare fuori i loro figli per far comprendere loro la varietà di cucine presenti in Italia.
Cucine differenti, dunque, che però non sembrano essere “aiutate” dal mondo della pubblicità in cui a volte vengono spacciati per sani cibi o ingredienti che poi non lo sono davvero.
Beh, sì…le pubblicità ti spingono a fare quello che vogliono loro. Ci sono catene (note a tutti) che grazie ad una forza economica non indifferente, possono pubblicizzare il proprio nome più e più volte nei vari spot e magari delle piccole attività presenti nelle nostre città restano anonime pur avendo delle cucine molto più sane dove si usano ingredienti genuini. Andate, per favore, a scoprire il piccolo locale sotto casa e non limitatevi alle grandi aziende. È nelle piccole realtà che si cela la qualità del cibo italiano.
Quindi la “radice” italiana della tavola la si può trovare nel piccolo ristorante o trattoria?
Certo! È solo lì la radice italiana della tavola.
Abbiamo parlato di Arte, di Canto e quant’altro. Molti cantanti, prima di salire sul palco, sono soliti sorseggiare del vino per, così dicono loro, riscaldare le corde vocali. Ma è veramente utile al canto o è una scusa per gustare del buon vino e magari vincere la timidezza?
È vero un po’ tutto! Ti scalda le corde vocali e ciò è provato scientificamente ma ti “annebbia” quel tanto che basta i sensi per affrontare il pubblico con meno ansia e un po’ più rilassato. Io, però, prima di cantare non bevo mai.
Fai affidamento al tuo carattere senza “aiuti” esterni.
Ci provo!
Un’ultima domanda: un sogno nel cassetto?
Eh…non lo so! Ne ho tanti e spero si realizzino a breve. Bisogna sognare sempre!
Nell’augurarti che si possano realizzare tutti e ringraziarti per averci rilasciato questa intervista vuoi ricordare le modalità per seguire i tuoi corsi?
Grazie a voi! Per l’iscrizione potete andare sulla mia pagina Facebook Francesco De Cicco oppure venite di persona al “Cipro Creative Studio” in Circonvallazione Trionfale 25.
Stefano Boeris