98 anni di Storia che rappresentano un esempio per le nuove generazioni e per coloro che oggi, a vario titolo, hanno in mano le sorti di questa Nazione chiamata Italia
Alla fine, quel giorno arriva per tutti: ricchi, poveri, potenti, famosi, sconosciuti ed anche politici. Ed è proprio un esponente di quest’ultima categoria ad aver chiuso gli occhi definitivamente. Parliamo del Senatore Giorgio Napolitano (novantottenne), ex Presidente della Repubblica e, forse, ultimo esponente di una Politica fatta con preparazione e abnegazione.
La Storia di Giorgio Napolitano parte da molto lontano. Napoli, 1925. Il futuro Presidente della Repubblica nacque in un contesto sociale, economico e politico totalmente diverso da ciò che siamo abituati a vedere oggigiorno. Erano i primi anni del Fascismo e le due massime cariche politiche che rappresentavano la Nazione avevano i volti di Re Vittorio Emanuele III e Benito Mussolini, in qualità di Presidente del Consiglio del Regno d’Italia.
La famiglia Napolitano apparteneva ad una Napoli colta ed agiata: suo padre Giovanni era un avvocato ma anche saggista e poeta; la madre, Carolina Bobbio, faceva parte dell’aristocrazia napoletana con origini piemontesi.
Giorgio Napolitano frequentò le scuole nella città Partenopea fino al penultimo anno di liceo. I genitori, in vero, si trasferirono a Padova e nella cittadina veneta, ottenne la licenza liceale. Tornato a Napoli, si iscrisse all’Università Federico II, presso la facoltà di Giurisprudenza.
Fu proprio in questo periodo universitario che la Politica entrò nella vita di Giorgio per non uscirne più. Si iscrisse al Gruppo Universitario Fascista ed iniziò la collaborazione col settimanale IX Maggio. Venne in contatto con molti amici, intenti a formare la dirigenza del gruppo comunista napoletano.
Nel 1944 i suoi contatti lo portarono ad essere parte attiva nella preparazione dell’arrivo di Palmiro Togliatti a Napoli. Napolitano, nel 1945, decise di aderire al Partito Comunista Italiano, di cui divenne Segretario federale a Napoli e Caserta.
Laureatosi, nel 1947, con una tesi di economia politica dal titolo: “Il mancato sviluppo industriale del Mezzogiorno dopo l’Unità e la legge speciale per Napoli del 1904”, il giovane iniziò il suo lungo percorso in quel mondo di affari pubblici che lo avrebbe portato molto lontano.
Correva l’anno 1953 quando venne eletto deputato. Da quel momento verrà sempre riconfermato fino al 1996, eccezion fatta per la IV legislatura.
Nel 1956 l’allora Unione Sovietica operò per attuare la repressione dei moti ungheresi. La dirigenza del PCI condannò tali moti definendoli “controrivoluzionari”. Durante l’VIII Congresso del Partito a Roma anche Giorgio Napolitano si dichiarò in sintonia con la linea del Segretario Palmiro Togliatti che aveva elogiato l’intervento sovietico criticando le posizioni del compagno Antonio Giolitti.
Fonte: Wikipedia
Una posizione che rappresentò un “marchio di fabbrica” indelebile e che i suoi avversari politici condannarono con forza anche negli anni avvenire.
Napolitano ebbe numerosi incarichi all’interno del PCI: fu responsabile della sezione lavoro di massa tra il 1960 ed il 1962; dal 1963 al 1966, divenne Segretario della federazione comunista di Napoli.
Il decennio successivo, ossia quello del 1970, svolse un’intensa attività all’estero, legata alla politica internazionale, specialmente nel Regno Unito e Germania.
Fu il primo dirigente del Partito Comunista Italiano a ricevere un visto per recarsi in America nel 1978.
Il suo nome ha fatto parte di quella cerchia di esponenti storici del PCI. E nel suo percorso ha incontrato personaggi che sono entrati nella Storia di questa Nazione, come Enrico Berlinguer, storico Segretario del Partito col quale Napolitano si è spesso confrontato e che, in un primo momento, reputava parte fondamentale nel «superamento delle contraddizioni di fondo tra il PCI nella sua evoluzione e il comunismo come ideologia e come sistema».
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Ma le idee, si sa, vanno oltre una qualsivoglia linea di condotta e così, da “alleato” divenne “oppositore” criticandone le scelte di arroccamento del partito sulle sue posizioni.
Avvicinandoci ai giorni nostri, l’ormai affermato Giorgio, venne eletto Presidente della Camera dei deputati nel 1992. Era il periodo dello Tsunami “Tangentopoli” che fece saltare molte teste in ambito politico.
Quando, nel 1994, vinse il Centro-destra, Napolitano tornò a sedere sui banchi parlamentari e il PDS (volto nuovo del PCI) lo incaricò di leggere la dichiarazione di voto sulla fiducia del neo Governo Berlusconi. Al termine del discorso, il Cavaliere si congratulò con lui per il suo desiderio di «una linea di confronto non distruttivo tra maggioranza e opposizione»
Ed eccoci giunti nell’ultima parte della sua attività: l’elezione a Presidente della Repubblica.
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Il 10 maggio 2006, alla quarta votazione, il suo nome venne iscritto come undicesimo Inquilino del Colle. Fu il primo politico proveniente dal PCI a divenire Presidente. Nel corso del settennato Napolitano si trovò ad affrontare la prima crisi di Governo che vedeva Romano Prodi come Primo Ministro. A questa seguirà quella del 2011 con Silvio Berlusconi nuovamente premier che darà le dimissioni non avendo più la maggioranza alla Camera. Da qui, la nomina dell’economista Mario Monti, da poco eletto Senatore a vita, per la formazione di un Governo “tecnico”.
Ma il nome di Napolitano è legato anche ad un appellativo: quello di “Re Giorgio”. Fu il New York Times a coniare tale espressione, con riferimento a Giorgio VI d’Inghilterra, per la sua «maestosa» difesa delle Istituzioni democratiche italiane e per il ruolo svolto nel passaggio del Testimone tra Berlusconi e Monti.
Nel 2013 avvenne un fatto “storico” nella Repubblica Italiana: la seconda rielezione a Presidente. Le difficoltà che la Nazione stava attraversando spinsero un ampio schieramento trasversale a chiedere al Capo del Quirinale la disponibilità di un secondo mandato. La riconferma avvenne alla sesta votazione, con 738 voti su 997 votanti dei 1007 aventi diritto. Napolitano divenne così il primo Presidente, ad essere eletto per due volte consecutive.
In questa seconda fase furono due i nomi ad avere l’incarico di formare un nuovo Governo: Enrico Letta (2013) e Matteo Renzi (2014).
Le dimissioni di Napolitano giunsero nel gennaio 2015. Già nel Messaggio di fine anno agli italiani, il Presidente aveva annunciato tale scelta legata ad un discorso di natura anagrafica. Se, infatti, fosse giunto alla scadenza naturale (aprile 2020), avrebbe lasciato il Colle a quasi 95 anni.
Nell’ultimo periodo il suo impegno politico non venne mai meno e nel ruolo di “Presidente emerito” entrò nell’Aula di Palazzo Madama come Senatore a vita.
I problemi di salute non lo abbandonarono e, nel 2018, venne ricoverato d’urgenza al San Camillo per problemi cardiaci. Seguirono poi altri ricoveri allo Spallanzani per dolori al petto fino a giungere all’ultimo, presso la struttura Salvator Mundi nel quartiere di Monteverde dove, alle 19:45 del 22 settembre 2023 si è spento.
Fonte: Tiscali
98 anni di Storia che, al di là delle proprie idee politiche, rappresentano un esempio per le nuove generazioni e per coloro che oggi, a vario titolo, hanno in mano le sorti di questa Nazione chiamata Italia.
Stefano Boeris