Bong Joon-ho inserisce all’interno della pellicola tematiche socioculturali che fungono da critica nei confronti del genere umano
Il regista premio Oscar di Parasite Bong Joon-ho, torna alla regia e lo fa con una pellicola che sembra esplorare nuovamente il passato del cineasta. Mickey 17, infatti, si discosta dal formalismo di Parasite, pur mantenendo lo stesso presupposto di critica socioculturale che caratterizza la sua cinematografia.
Siamo in un futuro prossimo in cui l’essere umano ha sviluppato le tecnologie per poter lasciare la terra con l’intento di colonizzare altri pianeti. Mickey Barnes sta scappando da uno strozzino che vuole la sua vita, ma per salire sulla nave della salvezza è costretto a candidarsi come sacrificabile, ovvero una cavia umana a tutti gli effetti che dovrà morire a ripetizione con lo scopo di aiutare il genere umano con malattie, virus e condizioni ostili al corpo umano. Una volta morto, verrà ricreato in ogni suo particolare e ricordo, grazie ad una gigantesca stampante e il ciclo ricomincerà. Un giorno, però, tutto ciò si interrompe nel momento in cui, a causa di una serie di circostanze, Mickey 17 non muore e si ritrova faccia a faccia con un’altra sua copia che nel frattempo era stata creata. Così, simultaneamente coesistono Mickey 17 e Mickey 18. Da questo istante, la situazione precipiterà nell’assurdo e nei paradossi etici e morali.

Fonte: Mymovies
Bong Joon-ho inserisce all’interno della pellicola numerose tematiche socioculturali controverse che fungono da critica nei confronti del genere umano. Come già accennato, il presupposto è che uomini come Mickey, che non hanno nulla e non sono nulla, diventino semplicemente dei numeri, totalmente sacrificabili, togliendo così valore alla vita umana che si divide quindi in persone di serie A e persone di serie B. Non solo, Mickey 17 riflette anche sul concetto di colonialismo, grazie ad un Mark Ruffalo meraviglioso che veste le panni di un dittatore eccentrico e malvagio, interessato solo al potere e che disprezza il diverso.
In una scena il presidente Marshall, infatti, dichiara esplicitamente di voler creare una razza pura, facendo chiaro riferimento ad uno dei capitoli più neri della storia umana. Al suo fianco Toni Collette interpreta una first lady altrettanto priva di empatia e sensibilità. Il regista utilizza la commedia per veicolare questi messaggi importanti, sfruttando la leggerezza della risata e della parodia per far riflettere lo spettatore. I villain della storia sono tutti rappresentati come macchiette, senza spessore alcuno, con lo scopo di mortificarli e renderli infinitamente piccoli. Un’altra tematica importante affrontata da Mickey 17 è quella che tratta le problematiche etiche e morali legate all’avanzamento tecnologico e scientifico. In un mondo in cui è possibile replicare la vita umana più e più volte, fin dove ci si può spingere? Quali sono i limiti etici e morali?

Fonte: Wikipedia
Le scoperte scientifiche sono senza ombra di dubbio ciò che ha permesso l’avanzamento dell’uomo, ma come ogni cosa, se dovessero cadere in mani sbagliate, avrebbero conseguenze deleterie. Bong Joon-ho si avvale di un montaggio rapido e incalzante, che sfrutta dialoghi brillanti e battute argute per spingere dolcemente lo spettatore a riflettere sulle problematiche elencate. Utilizza una fotografia satura, che sfrutta colorazioni che vanno dal grigio, al bianco, al nero, il tutto immerso in una meravigliosa colonna sonora, ricca di emozione e sentimento.
Il cast è spettacolare e, oltre ai già citati Toni Collette e Mark Ruffalo, Mickey è interpretato da un Robert Pattinson decisamente in forma che dimostra, nuovamente, di essere un attore poliedrico e capace di saltare agilmente da un genere all’altro. Mickey 17, dietro la patina di commedia fantascientifica nasconde un cuore più profondo di critica socioculturale, importante più che mai per il periodo storico che la popolazione mondiale sta vivendo.
Laura Maddalozzo