Le parole emozionano, uniscono, appassionano il cuore; oppure feriscono, offendono, allontanano
Mi colpisce molto questo manifesto, definisce poche e semplici regole per un dialogo trasparente e sincero fra dipendenti, clienti e stakeholder. È stato scritto partendo dal contributo di più di venti grandi imprese (Costa, Illy, Sorgenia, Carrefour, Walt Disney Company etc.) sensibili al tema del benessere organizzativo.
Il potere delle parole, un progetto virtuoso che si pone di ridefinire lo stile con cui le persone stanno in Rete, vuole diffondere l’attitudine positiva a scegliere le parole con cura e la consapevolezza di quanto queste siano importanti.
Le parole emozionano, uniscono, appassionano il cuore; oppure feriscono, offendono, allontanano. In Rete, spesso l’aggressività governa tra tweet, post, status e stories, semplici chat. Ogni canale di comunicazione diventa l’occasione per veicolare un non corretto uso delle parole.
È pur vero che i social media sono luoghi virtuali, sembra quasi un mondo lontano da noi dove entriamo ed usciamo a piacimento ma è vero che le persone che vi si incontrano sono reali, e che le conseguenze sono reali.
Per questo oggi, soprattutto in Rete, dobbiamo stare attenti a come ci esprimiamo.
Il Manifesto riporta dieci semplici punti “guida” e leggendoli mi è tornata alla mente una lezione di educazione civica fatta a Sonia, una bambina di undici anni, diligente, bella e piena di aspettative per il futuro; frequenta la prima media a Roma e ha la fortuna di avere un insegnate capace di affrontare il tema della comunicazione dando un indirizzo di “civiltà” attraverso l’uso delle parole ed il loro valore.
“Queste “regole” sono la base dell’educazione fra tutti gli esseri umani”, ha scritto Sonia nel suo compito. Per fortuna le nuove generazioni sono più attente al linguaggio, al genere e al rispetto di ciò che ogni essere umano è o vorrà diventare.
“Leggendo questo Manifesto saltano alla mente un paio di brani di musica leggera” dice Sonia. Lei ascolta le canzoni di Samuele Bersani ed Alessandra Amoroso. Brani che cantano ciò che dovremmo già conoscere, ed essere parte di noi sin dalla stesura del galateo.
Un Manifesto da appendere in ogni azienda, comunità, ente, ovunque ci siano persone che possano leggerlo e ricordarne il suo decalogo:
- Virtuale è reale.
- Si è ciò che si comunica.
- Le parole danno forma al pensiero.
- Prima di parlare bisogna ascoltare.
- Le parole sono un ponte.
- Le parole hanno conseguenze, condividere è una responsabilità.
- Le idee si possono discutere.
- Le persone si devono rispettare.
- Gli insulti non sono argomenti.
- Anche il silenzio comunica.
I Principi del Manifesto, quindi, sono le Parole Ostili. Ci tengo particolarmente a sottolineare il secondo principio che recita: “Si è ciò che si comunica”, soprattutto direi sui social, che per il 74% delle persone sono un vero e proprio amplificatore di linguaggi violenti, percezione in crescita soprattutto tra i Millennials (+8%).
Chi sono i Millenials? La generazione che comprende persone nate tra la metà degli anni 1980 e la metà degli anni 1990, quindi persone che oggi hanno un’età compresa tra i 26 e i 40 anni.
Secondo rilevazioni SWG, società che fa ricerche di mercato, di opinione, etc. l’odio e l’inattendibilità rappresentano il modo di comunicare per l’80% degli intervistati, dato in crescita del 14% rispetto al 2018.
Gay, migranti ed ebrei sono le categorie più colpite dal linguaggio violento, dato in crescita del +15% (gay), +9% (migranti), +12% (ebrei).
Numeri confermati anche dall’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCAD) che registra una crescita di atti discriminatori verso le minoranze, del +186% dal 2014 al 2018.
Tuttavia, se l’antisemitismo cresce del +13, l’omofobia è in continuo calo (-12%) così come l’islamofobia (-14%).
In tutto questo ci si aspetta che i politici diano il buon esempio ma così non è; il 91% degli intervistati, infatti, dichiara che in Italia esiste un grande problema di violenza verbale nel fare politica, tanto che le fake news confondono le idee di 1 cittadino su 3 (35%), ma nell’87% delle risposte, sono diventate la normalità della comunicazione tra i partiti.
Quindi a che punto siamo? Ancora in fase di partenza ed allora sarà meglio ascoltare le canzoni che ci suggerisce Sonia.
“Le mie parole sono sassi
Precisi aguzzi pronti da scagliare
Su facce vulnerabili e indifese
Sono nuvole sospese gonfie di sottointesi
Che accendono negli occhi infinite attese”
Samuele Bersani
“Fanno male, fanno male le parole,
Certe volte vanno oltre ogni volere.
Tiran fuori dei dolori primordiali,
Fanno male, fanno male le parole.
Tutta rabbia che non sai gestire dentro.
Tutte cose che non si risolveranno.
Fanno male, fanno male le parole,
Specialmente se son dette da chi ami.”
Alessandra Amoroso
Siamo strani noi esseri umani, non scegliamo con cura parole da non dire.
Antonella Tancredi