Ludovica Rossato, ha deciso di usare i canali della rete per aiutare le persone con difficoltà, partendo proprio dal suo mondo interiore

Il mondo degli “influencer” è ormai una realtà che non può essere ignorata. Il web è ricco di persone che tentano la trasformazione in “personaggi” attraverso i cosiddetti ‘like’ (o ‘mi piace’) ma che spesso sfruttano la debolezza della mente umana, portando davanti ad una telecamera solo atteggiamenti di facciata, privi di contenuti. Ma, in questo contesto certamente non positivo, c’è chi cerca di uscire fuori dal coro, sfruttando (nel senso buono del termine) i social e portando anche e soprattutto contenuti. È il caso di una giovane ragazza, Ludovica Rossato, che con una laurea in Ingegneria e esperienze all’estero fin da quando era adolescente, ha deciso di usare i canali della rete per aiutare le persone con difficoltà, partendo proprio dal suo mondo interiore.

Fonte: L. R.

Ludovica, tu sei ingegnere, influencer e scrittrice. In quale di queste realtà ti rifletti di più?

Che bella e difficile domanda! In realtà io mi vedo tanto nell’influencer poiché davanti ad una scelta tra la parte analitica, quella creativa e quella umanistica scelgo quest’ultima. Mi piace la parte psicologica e aiutare il prossimo mi fa sentire appagata. Aiutare gli altri significa aiutare me stessa, come forma auto-terapeutica dato che i contenuti che pubblico partono da un qualcosa che è dentro di me. Il fatto di poterli sviscerare e condividerli con altre persone che magari stanno vivendo delle esperienze simili mi piace veramente tanto. Tendo sempre a leggere nuovi libri, informarmi per comprendere meglio me stessa e gli altri.

Parti, dunque, da un percorso interiore, con una rivisitazione di te stessa, per poi unirti a quelle che sono le problematiche altrui, riflettendo la tua esperienza sul prossimo come aiuto?

Sì, assolutamente. Non sono una psicologa né una psicoterapeuta. Sono una coach e come hai detto tu parte tutto da una mia capacità di poter riconoscere i miei pattern (schemi n.d.r.) prima ancora di poter dare una mano alle persone che lo richiedono.

Abbiamo detto che la realtà in cui meglio ti vedi è quella dell’Influencer. Rimaniamo su questo aspetto. Oggi giorno ci sono molte persone, magari un pochino avanti con gli anni, che all’ascolto di questo termine storcono la bocca o hanno degli interrogativi. Che cosa significa essere Influencer?

Allora, io ho anche un’altra parte di me che è legata al mondo dell’imprenditoria, soprattutto nell’ambito del Marketing. Il mio lavoro è anche quello di “creare”. È un termine molto vasto perché ci sono influencer di tanti tipi. Si tratta di una persona che “influenza” per l’appunto e che si tende a prendere come modello, sia per quello che mangia, che dice, che compra o utilizza. Quando si parla di “influencer” ci viene in mente subito chi ha milioni di follower e la prendiamo come esempio di perfezione: bellissima, una vita che noi vorremmo avere. Io, personalmente, fatico a dirmi “influencer” anche se, in base ai numeri che faccio, mi ci posso definire ma non sono quel modello poc’anzi descritto. Mostro poco della mia vita personale perché ritengo sia un mio diritto preservare il mio privato e perché un’eccessiva esposizione mi renderebbe vulnerabile al 100%. Alle persone interessa ciò che ho da dire e non quello che possiedo. Condivido tanto le cose positive quanto negative essendo reale in toto. Anche i brand con cui collaboro sono piattaforme di psicologia oppure programmi di relazioni tossiche, consapevolezza personale o strumenti che io “metto in vendita” per una consapevolezza. Vedere le dinamiche è molto importante e chi ha il dono di vedere è invincibile.

Hai parlato di “relazioni tossiche”, un argomento molto scottante. Dal tuo punto di vista i social quanto influiscono, se influiscono, sotto questo aspetto?

Sicuramente i social media rappresentano un oceano al cui interno ci sono pesci buoni e pesci cattivi. Per “relazioni tossiche” non dobbiamo intendere solo quelle con il partner…

Spieghiamo cosa s’intende con questo termine.

Le “relazioni tossiche” sono tante: quelle con te stesso quando soffri di disturbi alimentari o arrivi all’autolesionismo. C’è la relazione tossica con la famiglia. Quando un genitore ti rinfaccia di aver fatto dei sacrifici, magari per farti studiare, e tu non sei in grado di portare un certo tipo di risultato, sentendoti in colpa. Ancora, quando non riesci ad essere te stesso con la tua famiglia magari perché ti hanno sempre dato un ruolo da mantenere. Ci sono poi le relazioni tossiche con gli amici, in cui c’è qualcuno che vuole esercitare un potere su di te, manipolandoti, sfruttando la tua natura di persona tranquilla. E poi quelle al lavoro, anche se personalmente non ho mai avuto la possibilità di vivere esperienze professionali all’interno di uffici poiché ho avuto la fortuna/sfortuna di voler diventare un’imprenditrice e se da un lato sono gratificata da questo risultato, dall’altro mi rendo conto di essermi persa tante esperienze in un ambiente di ufficio, lavorando per qualcun altro. Sento, però, amiche che mi raccontano di capi che trattano malissimo i dipendenti, come se fossero schiavi, e nonostante questo non si trova il coraggio di lasciare quell’impiego. Insomma, le relazioni tossiche possono essere molteplici e spesso dipendono anche dai nostri confini. La vita ti da ciò che tolleri. Se tu tolleri di essere trattato in un certo modo, l’esistenza ti darà quello che tu puoi sopportare. Noi viviamo in un mondo in cui tante cose sfuggono al nostro sguardo. Il nostro cervello cerca ciò che conosce e quando tu sei convinto che, ad esempio, tutti i ragazzi sono dei “cani” e che a te piace il malessere, il ragazzo “bravo” non riuscirai a vederlo, anche se ti starà accanto in quel momento. E questo perché la tua mente ti mostrerà solo quello che conosce, anche se negativo. Ho creato un diario in cui scrivere tre cose quando ti svegli, tre obiettivi per la giornata e perché meriti determinati risultati proprio in funzione di una riprogrammazione del tuo cervello.

Possiamo dire che spesso questa difficoltà di vedere “il bello” è dettata da una forma di assuefazione che si crea col tempo, senza rendercene conto, e ci porta ad un adattamento nei confronti di una realtà che, anche se negativa, diventa normalità e non ci permette di vedere ciò che di bello c’è intorno a noi?

Esatto! Mi viene in mente l’aneddoto della “Rana bollita”: immersa in una pentola con l’acqua fredda, la rana, era lì ferma fin quando qualcuno non accese il fornello facendo riscaldare l’acqua. Il riscaldamento, inizialmente piacevole, portò la rana a rilassarsi adattandosi gradualmente ad un cambiamento negativo visto che si trovava all’interno di una pentola. Quando l’acqua diventò bollente fu impossibile per l’animale saltare fuori proprio a causa di un adattamento negativo.

È una realtà che coinvolge tantissime persone, più di quanto si possa immaginare…

Sì, sono tantissime le persone coinvolte sia in termini lavorativi o affettivi con una situazione che prosciuga la tua persona, facendo la fine della rana.

Per tornare ai social, in questo senso c’è un’influenza negativa secondo te?

I social sono creati per farti stare sulla piattaforma. Capita anche a me quando parto con l’idea di starci due minuti e poi ci sto un’ora. I video vanno a condizionare il tuo Io. Spesso vedi esempi di perfezione o di estrema ricchezza che però sono finzione. Conosco persone che sui social appaiono in un certo modo ma nel privato sono tutt’altro. Anche a me, però, capita di dire, vedendo quelle immagini: “Vedi? Loro sono più avanti di me”. Poi arriva il mio ragazzo che mi dice: “Svegliati!” E questo perché i social media sono falsi. La risposta alla tua domanda, dunque, è sì. Io cerco di dare ai miei follower esperienze positive.

Abbiamo detto che sei anche una scrittrice. Come si intitola il tuo libro?

Il libro si intitola: “Dì di sì e trova il modo”. E questo titolo descrive la mia vita e la mia assenza. Prima dì di sì e poi trova il modo di fare le cose. Fin da piccola avevo sempre cercato di piacere, di essere la prima a scuola ma poi questo mi aveva portato a perdere me stessa. E nel momento in cui ho fatto dei passi verso la mia persona e non verso gli altri, i miei amici, tutti, mi hanno mollata. Sono rimasta sola in un silenzio assordante. Mio padre mi diceva sempre: “Ludovica, devi imparare ad annoiarti”. Quando mi sono ritrovata sola, senza maschera, ho sentito la mia voce interiore e ho ricominciato a prendere in mano chi ero e a conoscermi interiormente. Non volevo affrontare le mie paure, le mie insicurezze e le opportunità che mi si presentavano le vedevo come un “non merito”. Poi, ho detto: “Dì di sì e trova il modo”!

Fonte: L.R.

Quindi da un male è nato un bene?

Esatto. Se quell’opportunità ti si è presentata, coglila senza pensarci su. Poi, passo dopo passo, addrizzi la mira. Se ti tiri indietro hai fallito prima di iniziare.

È anche vero che spesso queste opportunità non le sappiamo cogliere per una forma di miopia che ci impedisce di vederle.

Vero! Io per una forma di insicurezza mi sono sempre nascosta. Pensavo di non essere abbastanza fisicamente e psicologicamente. Lo spiego bene nel mio libro. Oggi apprezzo molto la solitudine, proprio io che amavo stare sempre in mezzo alla gente. E anche nei momenti di difficoltà, devo dire sempre di sì. Adesso, per esempio, stiamo facendo questa intervista bellissima però magari prima avevo dubbi del tipo “e cosa gli dico?” “e cosa mi chiede?” ed è una cosa che è così per tantissime persone. E il giudizio è la paura più grande dell’essere umano quando, in fondo, basta solo tuffarsi e via.

Beh, in fondo, un’intervista è questo: aprirsi, raccontarsi senza maschere, pudori e falsità di sorta.

Sì, esatto. È verissimo!

Per concludere, da ragazza social, dove ti possono trovare tutti coloro che vogliono capire meglio chi sia Ludovica?

Possono trovarmi su Instagram (itsluloros). Stessa cosa anche su Tik Tok e su YouTube ma anche su Spotyfy dove ci sono dei podcast e sul mio sito www.ludovicarossato.com dove si possono trovare le risorse, il diario, il libro e tanto altro.

Ludovica, grazie per esserti aperta e confidata con le lettrici e i lettori de “Il Corriere di Roma” e in bocca al lupo per tutto.

Grazie mille!

Stefano Boeris

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