Quale che sia la verità sulla Bestia del Gévaudan, questa non potrà che continuare a stimolare speculazioni di scienziati e registi, lasciandoci consapevoli su quanto poco sappiamo sulla natura
Venerdì sera, su Iris, è andato in onda il Patto dei Lupi, film francese del 2001 di Christophe Gans con Vincent Cassel, Mark Dacascos, Samuel Le Bihan e Monica Bellucci. La pellicola, di fattura alquanto sciatta quanto a sceneggiatura e interpretazione degli attori, ha avuto, tuttavia, il merito di narrare, pur mantenendola sullo sfondo, la vicenda realmente accaduta della Bestia del Gévaudan.
La storia si colloca fra il 1764 e il 1767, nei boschi della regione della Francia centro-meridionale del Gévaudan, oggi incorporata nel dipartimento di Lozere, in Occitania. Le cronache locali del periodo riportano dei ripetuti attacchi, perlopiù rivolti verso le comunità di pastori che abitavano la zona, da parte di un animale particolarmente possente e feroce, simile nell’aspetto ad un lupo.
La Bestia fece la sua prima apparizione nel Aprile del 1764, ma la prima vittima, una pastorella di 14 anni, è di due mesi dopo, il 30 Giugno e, da allora, i morti non hanno fatto che aumentare, rendendo gli attacchi dell’animale un’autentica piaga per gli agricoltori del luogo. A causa degli scarsi risultati da parte delle autorità locali nello scovare ed uccidere la bestia, l’intendente della Linguadoca, l’avvocato di Mende M. Lafont, decide di informare Parigi, che invia il 12 novembre un distaccamento di 56 Dragoni comandati dal capitano Jean Boulanger Duhamel.
Egli, nel suo resoconto al Re, descrive uno strano e sconosciuto ibrido, esteriormente simile a un lupo, ma dalla stazza di un vitello, talmente astuto da schivare costantemente le trappole dei cacciatori. Con il passare dei mesi, gli infruttuosi tentativi di cattura della belva e il costante aumento delle vittime contribuiscono a far nascere nella popolazione, complice il folklore popolare e la superstizione, il “Mito della Bestia”. In tutta la Francia non si parla d’altro. L’ opinione pubblica inizia a farsi domande sulla reale natura dell’animale e al riguardo iniziano a fiorire le più bizzarre teorie.
Fonte: nuovefrontiere.eu
L’avvento della fiera, infatti, risuona fra la popolazione come un duro monito divino rivolto al Sovrano per la sua indulgenza verso i filosofi illuministi. Costoro, professando il primato della ragione sulla fede, vengono sempre più visti come degli eretici dalla Chiesa, capaci di insinuare il dubbio riguardo l’autenticità del messaggio di Cristo ( tesi questa che viene riproposta anche nel film). A onor del vero, è storicamente accertato che Parigi, e in generale tutta la Francia, fosse in quel periodo assiduamente frequentata da agenti dell’Inquisizione, che riferivano a Roma di tutti gli sviluppi implicanti il diffondersi del Culto dei Lumi.
La vicenda, inoltre, a causa della crescente isteria collettiva, finì per suscitare interesse anche fuori della Francia. Sono in particolare i giornali inglesi a dare risalto alla notizia, nell’intento di schernire Luigi XV e il suo esercito. Per i britannici, i sudditi di Francia sono degli inetti, perché non sono capaci di fare la guerra così come non sanno abbattere un grosso lupo antropofago. Pertanto, Il Mito della Bestia invincibile, figlia del demonio e flagello divino, si rafforza ulteriormente e a scapito delle povere vittime.
Per porre fine al terrore si assiste nelle campagne della provincia a una vera e propria mattanza di lupi da parte di semplici contadini, soldati e cacciatori dilettanti. Costoro, per riscuotere la ricompensa messa dal Sovrano, non esitano ad affermare di avere ucciso la temibile fiera, per poi venire smentiti puntualmente al verificarsi di ogni nuovo assalto. Prossimi ormai alla soglia delle 100 vittime, con l’animale che sembra avvicinarsi sempre di più ai centri abitati, Re Luigi XV decise di inviare nella provincia del Gévaudan il suo archibugiere personale, Antoine De Beauterme. Beauterme si reca sul posto con i suoi due figli e alcuni aiutanti.
Anche il suo tentativo si rivela, però, un fiasco: egli riferì, il 18 novembre del 1765, di aver ucciso la Bestia, un lupo di oltre 100 kg dal folto pelo nero, immediatamente impagliato e portato a Parigi, nel plauso generale di una popolazione finalmente liberata dal flagello. Non fu, purtroppo, così in quanto la Bestia tornò a colpire un paio di settimane dopo. Un anno e mezzo dopo, un contadino di nome Jean Chastel, assistito dai suoi tre figli, uccide durante una battuta di caccia un grosso lupo e lo porta a Parigi per ottenere la ricompensa promessa. Non avendolo impagliato, la carcassa giunge già in avanzato stato di decomposizione, per cui è impossibile stabilire se l’animale ucciso dall’agricoltore è veramente la belva che ha terrorizzato le contrade francesi.
Sta, comunque, di fatto che da allora, come per incanto, gli assalti cessarono del tutto. Restano però degli interrogativi su tutta la vicenda, soprattutto riguardo alla vera natura della Bestia. Era veramente solo un lupo ad agire o era presente negli omicidi, in qualche modo, la mano dell’uomo? Le vittime erano il bersaglio privilegiato di una bestia sanguinaria o della furia assassina di una mente malata?
Alcuni studiosi, infatti, hanno ipotizzato che invece di un animale a colpire fosse un uomo (un maniaco omicida sul tipo di Jack lo Squartatore o di Peter Stubbe, il cannibale di Bedburg), in virtù della particolare tipologia delle vittime, prevalentemente donne e bambini e quasi mai uomini adulti; altri, ancora, hanno parlato di attacchi combinati di un branco di lupi e che solo l’isterismo collettivo ha trasformato in un unico e spietato carnivoro. Ciò trova conferma proprio analizzando le caratteristiche delle ferite e sulla quale concordano la maggior parte degli zoologi.
Si è, infine, discusso di un lupo particolarmente grosso e vorace, in quanto affetto da Acromegalia (malattia comune in uomini e animali e che provoca la crescita sproporzionata degli arti). Una tesi, quest’ultima, meno suggestiva rispetto a quella di coloro che dietro i fatti del Gévaudan ci vedono l’ombra di un complotto antilluminista, ma certamente più verosimile.
In definitiva, quale che sia la verità riguardo allo strano caso della Bestia del Gévaudan, la vicenda dell’enigmatico Criptide non potrà che continuare a stimolare le speculazioni degli scienziati e le fantasie dei registi, lasciandoci consapevoli su quanto molto crediamo di sapere, ma quanto poco in realtà sappiamo sulla natura e su i suoi più reconditi segreti.
Gianmarco Pucci