“L’Italia è ormai ostaggio di una fiera selvaggia e autodistruttiva. Una bestia che nella sua totale assenza di giudizio si preoccupa unicamente dei sondaggi d’opinione e non del bene degli italiani”
“L’Italia è ormai ostaggio di una fiera selvaggia e autodistruttiva. Una bestia che nella sua totale assenza di giudizio si preoccupa unicamente dei sondaggi d’opinione e non del bene degli italiani”. Questi sono solo alcuni dei commenti riportati dalla stampa estera per descrivere il gesto scellerato compiuto ieri dal Parlamento italiano.
Con un inaccettabile colpo di spugna, infatti, l’aula del Senato ha praticamente certificato la fine del governo Draghi e della maggioranza d’unità nazionale che lo sosteneva. E lo ha fatto in un modo, ma soprattutto con un metodo, totalmente incurante della reale situazione del Paese e dei richiami alla responsabilità provenienti dalle maggiori istituzioni nazionali e internazionali. A partire da quelli del Capo dello Stato, il quale rinviando il Governo alle Camere ha cercato, fino alla fine, di favorire una riconciliazione in seno all’esecutivo.
Una mediazione resasi necessaria dopo l’annuncio del M5S di voler abbandonare l’Esecutivo, ma che è, definitivamente, naufragata con l’astensione del centrodestra di Governo (ovvero FI e Lega). Inseguendo le sirene dell’imminente campagna elettorale, le forze populiste hanno infatti deciso di giocarsi il tutto per tutto pur di salvare una credibilità irrimediabilmente compromessa.
In primis quella dei grillini, che dopo lo strappo di Di Maio si trovano alle soglie di una probabile diaspora causata dalla frantumazione del suo gruppo dirigente. Un tema, quello della dissoluzione dei pentastellati, che si sta riverberando anche sui rapporti di forza all’interno della coalizione di centrosinistra, dove l’idea del “campo largo” voluto da Enrico Letta sembra sul punto di implodere definitivamente per le manie di protagonismo di Conte e dei suoi sodali.
Ma anche nel centrodestra, dove la replica del modello del Papeete ha resuscitato lo spettro delle urne nel pieno della sessione di bilancio. Uno scenario che, oltre a non avere precedenti nella storia repubblicana, rischia di avere gravi conseguenze sulla tenuta sociale ed economica dell’Italia. Un timore che proprio ieri è stato esternato anche da Matteo Renzi, il quale ha messo in guardia le forze politiche sui possibili rischi che potrebbero concretizzarsi in autunno.
Innanzitutto, quello di perdere i soldi del PNRR, che l’Europa avrebbe erogato ad ottobre, consentendo al nostro Paese di fronteggiare con maggiore sicurezza la recessione innescata dalla crisi del gas russo. In secondo luogo, il pericolo di andare in esercizio provvisorio di bilancio, non essendo, infatti, scontato contrariamente a quanto qualche effimero sondaggio riporta, che dopo il voto ci sia una maggioranza chiara in grado di entrare immediatamente nel pieno dei poteri e scrivere la Legge di bilancio. Tuttavia, ed è solo un’ipotesi, dietro questa assurda giravolta ci potrebbe essere dell’altro.
Pochi giorni fa, infatti, l’ex presidente russo e fiduciario di Vladimir Putin, Dmitrij Medvedev, ha postato sui social una foto eloquente, in cui esultava alla notizia delle dimissioni di Johnson e di Draghi. Un segnale che, specialmente alla luce di quanto sta accadendo nel mondo, fornisce spunto per alcune lecite congetture e per dubitare sulla genuinità della sfiducia a Draghi.
Forse, quando lo scenario risulterà più chiaro e il fumo della propaganda si sarà dipanato scopriremo che ben altri interessi si sono celati dietro questa inedita crisi di governo.
Ma purtroppo sarà troppo tardi e a pagarne le conseguenze, quando la Troika ci metterà sotto sorveglianza, saremo ancora una volta noi italiani, sempre più disillusi da questa politica e afflitti dalle tante emergenze (come la pandemia e l’inflazione) che proprio il governo di Mario Draghi era stato chiamato a risolvere.
Gianmarco Pucci