Le idee di Giovanni Falcone restano indelebili nella memoria collettiva di ognuno di noi
Trentuno anni dopo quella terribile esplosione che sconvolse il mondo intero, anche quest’anno il nostro Paese ha onorato le vittime delle stragi di Capaci nella quale persero la vita il giudice Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i componenti della scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
Migliaia e migliaia di post hanno invaso i social network, in ogni casa si è parlato di quel tragico giorno, di chi fosse Falcone, di cosa significasse mettere a repentaglio la propria vita, e quella della propria famiglia, per combattere un nemico così pericoloso e così subdolo.
La mafia, Cosa Nostra, ha deciso di uccidere Falcone per paura e per rabbia. La sua tenacia nelle indagini, il suo senso del dovere, la sua integrità professionale, e chiaramente i risultati che il pool stava ottenendo nella lotta alla criminalità organizzata, erano uno smacco indigeribile, su cui i mafiosi e seguaci di Riina non potevano sorvolare.
Le confessioni del pentito Buscetta, i 366 mandati di arresto, il risveglio della città di Palermo, stanca di vivere nella paura e di essere schiava del malaffare, le idee di libertà che Falcone ispirava, erano fendenti dolorosissimi per i mafiosi.
Tommaso Buscetta, “don Masino”, che nella guerra scatenata da Totò Riina aveva perso due figli, un fratello, un genero, un cognato e quattro nipoti, fu arrestato in Brasile e poi estradato in Italia. Decise di collaborare ma voleva parlare solo con il numero uno del pool palermitano: Giovanni Falcone.
Buscetta dichiarò di fidarsi solo di lui. E disse a Falcone, come raccontò il magistrato stesso nel libro Cose di Cosa Nostra: «L’avverto signor giudice. Dopo questo interrogatorio lei diventerà una celebrità. Ma cercheranno di distruggerla fisicamente e professionalmente. Non dimentichi che il conto che ha aperto con Cosa Nostra non si chiuderà mai. È sempre del parere di interrogarmi?».
Falcone lo interrogò e Buscetta parlò. Risultato: centinaia di arresti. “Prima di lui – spiega sempre il giudice nel suo libro – non avevamo che un’idea superficiale del fenomeno mafioso. Con lui abbiamo iniziato a guardarvi dentro. Ci ha fornito numerosissime conferme sulla struttura, le tecniche di reclutamento, le funzioni di Cosa Nostra. Ma soprattutto ci ha dato una visione globale, ampia, a largo raggio del fenomeno”. La storia di quei giorni, mesi, anni, la ritroviamo nei libri e nelle testimonianze dei protagonisti.
Fonte: WikiMafia
Il nostro dovere su questo giornale è un altro: dare voce a quelle idee, anche con un semplice commento. Perché l’importante è che se ne parli sempre, che si discuta di quelle gesta, di quella guerra, di quel sangue versato, di tutte le centinaia di persone che hanno sacrificato la vita per combattere la mafia, il pensiero ed il metodo mafioso.
Quanti commercianti sono stati uccisi per non aver voluto pagare il pizzo? Quanti politici sono caduti sotto il piompo mafioso per non aver voluto accettare i ricatti? Quanti innocenti hanno perso la vita ingiustamente e quanti si sono visti portare via tutto per mano di chi si sentiva arbitro in terra di vita e di morte? Da eroi come Falcone e Borsellino, Peppino Impastato o Pio La Torre, non si può far altro che imparare.
Ci chiediamo cosa sia il coraggio? Abbiamo la risposta. Ci chiediamo cosa significhi scontrarsi contro il proprio sangue? Abbiamo la risposta. Ci chiediamo cosa significhi fare politica e non piegarsi mai di fronte al malaffare? Abbiamo la risposta.
Sono rimasto colpito, rileggendo diversi articoli, di quanto sia ancora attuale la strategia di Falcone per debellare la mafia: seguire la traccia dei soldi. Dimostrare, quindi, che Cosa Nostra e le altre organizzazioni criminali sono strutture interconnesse (anche se non senza conflitti) e si muovono con l’obiettivo di accumulare potere e denaro. Potere per fare denaro. E denaro per rafforzare il potere, in un circuito perverso, tra illegalità e riciclaggio per immettere soldi nei circuiti dell’economia legale, devastando vite, società, politica, pubblica amministrazione e Istituzioni.
E basta sfogliare un giornale, leggere le cronache, studiarsi qualche dossier, e questa parola chiave la si ritrova costantemente. È sempre una questione di soldi. Il puzzo dei soldi.
«A questa città vorrei dire: gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini». Le idee di Giovanni Falcone restano indelebili nella memoria collettiva di ognuno di noi.
E finché quei valori continueranno a camminare per le strade e le piazze di ogni singola città italiana, fino a quandocontinueremo a lottare per difendere ivalori di giustizia e legalità, non ci sarà spazio per il ritorno diffuso della mentalità mafiosa, purtroppo non del tutto sradicata dal nostro Paese ma resistenze come un vecchio fossile attaccato alla pietra.
Jacopo Gasparetti