Analisi della spinosa questione delle concessioni balneari su cui incombe la direttiva Bolkenstein
Nei giorni scorsi il Parlamento ha esaminato i tantissimi emendamenti al Ddl Concorrenza, una riforma che tocca svariati punti, molti dei quali fin troppo delicati. Di questi emendamenti, più di 250 sono legati alle concessioni balneari, il tallone d’Achille della proposta legislativa e, senza ombra di dubbio, quello su cui ci si è scontrati di più.
La storia è molto semplice: dal lontano 2006, anno della nota direttiva Bolkestein della Commissione Europea, che si prefiggeva come obiettivo primario la liberalizzazione delle concessioni pubbliche (tra cui, ovviamente, le spiagge), il governo italiano è stato immerso in un limbo decisionale.
Poi, però, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato dello scorso novembre, che ha annullato il famigerato sistema di proroga automatica delle concessioni (l’ultima al 2033) e imposto di riassegnarle tramite gare pubbliche, il governo si è dovuto muovere. Tutto ciò ha scatenato numerose reazioni, tra molti che auspicano una “liberalizzazione” delle spiagge e tanti altri imprenditori che hanno paura di perdere il tempo ed il denaro investiti sulle stesse.
Va fatta una premessa doverosa: che servisse una riforma, era palese a tutti. Il mondo delle concessioni balneari, secondo le ultime stime, frutta annualmente allo stato una cifra che varia tra i 100 e i 120 milioni di euro annui. Tutto questo a fronte, però, di un giro d’affari che, annualmente, genera cifre che arrivano ai 10 miliardi di euro.
Insomma, se non tutti, molti nel tempo si sono adagiati su concessioni dai prezzi bassissimi.
Allo stesso modo, nonostante il governo ribadisca che tutelerà i dipendenti ed i piccoli imprenditori, prevedendo anche forme di indennizzo per chi ha investito nel settore, bisognerà vedere se e come verranno effettivamente tutelate le piccole gestioni.
Bisognerebbe sì aprire al mercato, senza un sistema di concessioni “regalate”, ma evitare comunque di darle in pasto alle grandi aziende, magari anche straniere, preservando un settore, quale quello dell’offerta turistica balneare italiana, unico nel panorama europeo.
Alberto Fioretti