Ciò che ci rende davvero felici non ha prezzo e probabilmente questo è il segreto di molti lavoratori precari
Quest’anno il primo maggio ha portato il mal tempo su gran parte dell’Italia, ma nonostante tutto migliaia di lavoratori, più o meno giovani, dipendenti e autonomi, ma anche neo-disoccupati e neo-pensionati, si sono riuniti in diverse città italiane per immaginare insieme un futuro migliore. Molte le iniziative, dalla tradizionale manifestazione nazionale organizzata da Cgil, Cisl e Uil a Montefalcone in Friuli, quest’anno dedicata all’Europa, passando per il corteo e comizio in Piazza San Carlo a Torino, fino al celebre Concertone di Roma, per la prima volta svoltosi a Circo Massimo.
L’apertura del concerto romano ha risentito dei problemi tecnici dovuti alla pioggia, che sembra invece aver risparmiato il palco tarantino di Uno Maggio Taranto Libero e Pensante 2024, un’iniziativa nata in memoria delle vittime dell’ex Ilva e che quest’anno ha attualizzato l’antifascismo.
Tanti sono stati gli appelli lanciati dagli artisti ai potenti, affinché cessi il sacrificio continuo di vite umane causato dalla guerra, dalla crisi ambientale e dall’indifferenza di molti datori di lavoro, e altri rivolti ai giovani, perché non abbandonino i loro sogni, costi quel che costi.
Fonte: Roma Today
Ma i sogni non dovrebbero avere un prezzo da pagare o un compromesso da accettare. I giovani che sono entrati da poco nel mondo del lavoro, come anche quelli che si accingono a farlo, stanno ancora scontando l’eredità degli adulti di ieri che, probabilmente con ignoranza e noncuranza, hanno sfruttato illimitatamente le risorse sociali, economiche e ambientali. Con quale coraggio si può chiedere ai giovani di realizzare le proprie ambizioni se tale scelta implica la rinuncia alla dignità? Come si possono accusare le giovani donne di escludere a priori la maternità per egoismo se ciò che gli viene offerto sul piano lavorativo sono solo ricatti e sfruttamento?
Probabilmente non sono stati i giovani a sacrificare i propri sogni, ma le istituzioni stesse, e in particolare quelle formative, che in nome della loro sostenibilità economica hanno allineato i percorsi di studio agli obiettivi di business di breve termine delle aziende. Queste ultime non sono disposte ad assumere personale qualificato ad un prezzo elevato oppure ad investire nella formazione di un apprendista nell’ottica del lungo termine, perché preferiscono “manovalanza” a basso costo o addirittura a costo zero da reclutare senza impegno tra le categorie meno tutelate (tirocinanti, disoccupati over 50, donne, immigrati, disabili ecc.). Parole che fanno riflettere in tal senso sono quelle del singolo di Francesca Michelin, modificato dalla cantante in occasione del concerto di Taranto: “…… e poi ti han promesso l’assunzione ma han chiesto di firmare le tue dimissioni in bianco senza alzare mai la voce perché sai quante ne trovo di stagiste meglio di te…… Nessun tipo di retribuzione manco un buono pasto di consolazione……”.
Fonte: Businessonline.it
Molte grandi aziende si sono trasformate in centri di alta formazione professionale e, nei casi più virtuosi, in veri e propri atenei, offrendo nuovi piani formativi, diversi da quelli tradizionalmente intesi, perché più adatti ai nuovi stili di vita: più corti, frequentabili completamente online, che non contemplano l’utilizzo di libri cartacei, ma solo di dispositivi e ausili alla didattica di tipo digitale, e che integrano la “teoria” con molta più “pratica”. La maggior parte dei giovani sceglie quindi di proseguire gli studi non per accrescere il proprio bagaglio culturale o per trovare un lavoro in linea con le proprie inclinazioni, ma semplicemente per acquisire competenze “spendibili” nell’immediato e ottenere così il miglior trattamento economico possibile in futuro.
Sono pochi i coraggiosi che hanno seguito la propria vocazione e ce l’hanno fatta, forse perché ci hanno provato in un momento storico più propizio o hanno dimostrato più carattere di altri riuscendo a coniugare un lavoro scelto per sostentarsi economicamente ad un praticantato svolto a titolo gratuito.
È un concetto astratto quello di “sogno” e non è detto che la sua realizzazione debba per forza coincidere con la carriera, si può dare spazio alla creatività e all’immaginazione in questo, perché ognuno di noi è diverso e speciale nella sua unicità. Forse i datori di lavoro, come anche i legislatori, non lo hanno ancora ben compreso, e magari stanno perdendo l’opportunità di ricevere un contributo insostituibile.
Per fortuna ciò che ci rende davvero felici non ha prezzo e probabilmente questo è il segreto di molti lavoratori precari che in un modo o nell’altro sopravvivono felicemente.
Marzia Furlan