Penelope è un ideale di donna capace di sopravvivere a millenni di storia

Il Parco Archeologico del Colosseo ospita in questi giorni e fino al 12 gennaio la mostra “Penelope”, negli spazi delle Uccellerie Farnesiane sul Palatino e del Tempio di Romolo nel Foro Romano.

Attraverso cinquanta opere viene raccontata e descritta la figura di Penelope, dai poemi omerici alla letteratura e alle rappresentazioni figurative.

Penelope dolente – Altorilievo dalla Vigna di San Sebastiano sulla Via Appia – Marmo – Città del Vaticano, Musei Vaticani – Fonte: L.S.

Curata da Alessandra Sarchi e Claudio Franzoni, con l’organizzazione di Electa, la mostra si snoda in quattro sezioni: il telaio e la tela, il gesto e la postura, il mondo del sogno, il velo e il pudore.

Nello spettacolare contesto del Foro romano, la rassegna è arricchita da un fitto programma di incontri sui temi trattati nel percorso espositivo, promossi dal Parco archeologico del Colosseo e che si terranno nella Curia Iulia fino al 14 dicembre.

Il personaggio di Penelope è potente. È stato tramandato fino a noi come ideale di donna saggia, fedele e devota al marito Ulisse, re di Itaca e alla famiglia, ma anche tenace e determinata nell’affrontare le difficoltà che il destino le ha fatto incontrare.

Penelope con il velo – Testa frammentaria dal Tevere – Copia del I sec. d.C. – Fonte: L.S.

La sua è una figura centrale dell’Odissea. È una donna forte che si trova a governare da sola durante i vent’anni d’assenza dell’amato coniuge, incalzata dai tanti pretendenti che credono Ulisse morto e la chiedono in sposa per arrivare così al trono. Escogita però un astuto stratagemma: promette di scegliere tra i pretendenti il suo nuovo sposo una volta terminato di tessere un sudario per Laerte, padre di Ulisse, ma mentre di giorno tesse, di notte disfa segretamente il lavoro fatto, in modo da rendere interminabile l’attesa e di procrastinare il più possibile la decisione. E ci riesce fin quando non ritorna Ulisse dopo venti lunghi anni.

La fedeltà dimostrata l’ha resa il simbolo della pazienza e della saggezza. E come nel mito anche nell’iconografia la sua figura ha influito molto. Rappresentata sempre come una bellissima donna intenta a tessere e a sciogliere il lavoro al telaio, ma c’è molto di più. Penelope è allo stesso tempo intelligente e forte, un ideale di donna capace di sopravvivere a millenni di storia, un archetipo reso immortale dai versi omerici e poi da poesie, romanzi e raffigurazioni mitiche, come quella su uno skyphos attico, un vaso a figure rosse su fondo nero del 440 a.C. scolpita nel marmo e con il viso velato in una statua del I secolo rinvenuta nel Tevere, raffigurata mentre piange sull’arco di Ulisse nel dipinto di Angelica Kauffmann, solo per citare alcuni esempi tra le opere in mostra.

Uno spazio dell’esposizione è invece dedicato all’artista Maria Lai (1919-2013), definita “tessitrice di speranza”, che ispirandosi alla tradizione tessile sarda ha realizzato opere intrecciando e cucendo insieme pagine di stoffa e tele, elaborando dei libri unici nel loro genere. Al volger della spola è una tra le sue creazioni esibite, che sembra mettere in contatto il mito dell’eroina troiana con la contemporaneità, utilizzando l’arte come tessitura del quotidiano e “cucendo” il tempo come Penelope.

Maria Lai (1919-2013), Al volger della spola – Stoffa, filo, tempera – Collezione privata – Fonte: L.S.

Le opere presentate mettono in risalto una figura mitica, ma allo stesso tempo molto attuale. Ha ispirato attraverso i secoli poesie, romanzi, dipinti. La mostra propone un viaggio incredibile attraverso tutte le sfumature della sua personalità, dimostrando che l’eroina saggia e astuta del ciclo troiano, capace di sospendere il tempo, ha attraversato i millenni, ma è ancora moderna.

Laura Spadella

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