Franco Romeo: un vero gigante come scienziato e soprattutto una personalità con un altissimo profilo umano e morale

La notizia della scomparsa di Franco Romeo mi è stata comunicata di prima mattina venerdì 12 gennaio da mio figlio Steven, molto addolorato vista la profonda amicizia che lo legava a lui.

Per me e tutti gli amici che gli hanno voluto veramente bene questa è stata una grande perdita, come la scom­parsa di un fratello o di un familiare molto cara. In noi ha lasciato un im­menso dolore e uno strazio indicibile.

Franco Romeo era uno dei migliori cardiologi al mondo e noi calabre­si suoi amici ne eravamo molto fieri perché con la sua attività ha salvato la vita di migliaia di pazienti.

Fonte: CALABRIA.LIVE

Come tutti i “grandi” egli era un uomo semplice, umile, che ti stava a sentire con grande disponibilità e ti guarda­va con comprensione e affetto con i suoi grandi, profondi, occhi neri.

Nato in un piccolo villaggio del­la Calabria, a Fiumara di Muro, in provincia di Reggio Calabria, si era fatto da solo, animato da una grande passione e una volontà ferrea si è lau­reato in Medicina a Roma all’Univer­sità La Sapienza, e poi ha continuato i suoi studi fino a raggiungere alti livelli di specializzazione. Il suo scopo: aiutare tanta gente debole, fragile e malata.

Con il tempo si era creata una folta schiera di amici che gli volevano mol­to bene e stravedevano per lui.

Accanto alle sue doti scientifiche e umane, Franco era un esempio di amore per la famiglia, la moglie Gi­netta, purtroppo, da poco scomparsa e sue tre figlie (Alessia, Silvia e Fran­cesca) cui era profondamente legato e di cui andava orgoglioso.

Sono sicuro che la morte di Ginetta gli ha provocato uno shock e uno stress così forte e duraturo che è stato alla base di una immunodepressione, che ha contribuito all’insorgenza e al ra­pido sviluppo devastante di quel ter­ribile male che entro pochi mesi lo ha portato a morte.

Ricordo, infatti, che ancora dopo mesi dalla scomparsa della moglie Franco era profondamente dimagri­to e appariva depresso e confuso. Tuttavia, nonostante non fosse in buone condizioni di salute, egli era sempre presente agli inviti che gli rivolgevo, perché, per lui l’amicizia era una cosa sacra e non poteva mancare!

Ci siamo conosciuti in­torno agli anni 80-90 e in particolare quando sono stato chiamato a ricopri­re la cattedra di Farmacologia all’Uni­versità di Roma Tor Vergata.

Fonte: CALABRIA.LIVE

Il nostro rapporto si è consolidato tramite il suo Maestro prof. Bino Ma­rino, mio grande estimatore e amico, con cui spesso ci incontravamo a casa sua per parlare del futuro accademi­co di Franco Romeo.

Un’altra persona che ha contribuito a rafforzare i nostri vincoli di amicizia fu Mario Tassone, uomo di partito e di governo di primo piano. Come a me, anche a Franco piaceva molto la poli­tica e si era iscritto sin da giovane alla Democrazia Cristiana, provenendo, come me dall’Azione Cattolica.

Era una persona molto mite e mo­derata e divenne subito molto amico di Mario anche perché avevano un carattere molto simile. Spesso ci incontravamo presso la sua segreteria politica e avevamo lunghe e proficue discussioni con lui, Nino Gemelli, Franco Pilieggi (allora segretario particolare di Tassone) e condivi­devamo sempre progetti di qualità nell’interesse della nostra Calabria.

Mario gli voleva molto bene e me lo raccomandava caldamente per farlo venire in cattedra all’Università di Roma Tor Vergata.

Così, finalmente, con l’aiuto del Ret­tore dell’Università di Tor Vergata, Alessandro Finazzi Agrò, e di tanti docenti di Tor Vergata, fra cui Giu­seppe Novelli, Giovanni Simonetti, Giovanni Arcudi, Umberto Tarantino Renato Lauro e anche il potentissimo prof. Enrico Garaci, uno di primi Ret­tori, considerato il padre fondatore di Tor Vergata, Franco fu chiamato a ricoprire la Cattedra di Cardiologia nel 2000, cattedra che ben presto po­tenziò con le sue alte doti manageriali e scientifiche, e che mantenne fino al 2020, rendendola una delle più pre­stigiose cattedre del nostro Paese.

Inoltre, Franco Romeo ha avuto rap­porti di collaborazione scientifica con prestigiosi istituti internaziona­li, come l’Hammersmith di Londra, l’Università di Gainville, in Florida, con l’Istituto di Cardiologia dell’Uni­versità di Parigi e con il Dipartimen­to di Cardiologia dell’Università dell’Arkansas.

È stato il primo al mondo a eseguire l’impianto di prote­si valvolare mitralica per via trans-a­picale. È stato inoltre componente del Consiglio Superiore di Sanità, Presi­dente della Società Italiana di Cardio­logia ed è stato insignito di numerosi premi, fra cui la Medaglia d’oro al Me­rito del Presidente della Repubblica per la Sanità pubblica.

L’opera da lui svolta ha permesso di salvare la vita a molte personalità del mondo della cultura e della scienza.

Con me e i miei collaboratori, specie il mio pupillo prof. Enzo Mollace, or­dinario di Farmacologia e già Preside della Facoltà di Farmacia dell’Univer­sità UMG, Franco stabilì un rapporto affettivo molto profondo e una colla­borazione scientifica che ancora era in corso.

Franco aveva anche creato un rap­porto straordinario con il prof. Ja­wahar Metha con il quale ha lavorato per lunghi periodi negli Usa e che ha voluto ospite a molti congressi in­ternazionali di Cardiologia a Roma, come pure lo ha voluto suo ospite nel­la città natia di Fiumara, cui era parti­colarmente legato.

Fonte: CALABRIA.LIVE

Io ricordo, ancora ora, la profonda ammirazione che il prof. Metha nu­triva per Franco e le sue ricerche.

In qualche caso, anche svegliato di notte per delle emergenze, egli spontaneamente si recava a casa del paziente. Poi dopo averlo visitato lo faceva salire nella sua macchina e lo portava per ulteriori più approfon­dite indagini presso il suo reparto di Cardiologia a Tor Vergata, dove – se era necessario – lo sottoponeva a in­tervento e gli salvava la vita.

Di recente, Franco aveva generato e condiviso con me il progetto di rea­lizzare la Calabria International As­sociation per creare una rete delle eccellenze calabresi nel mondo e met­tere insieme esperienze e competen­ze di personalità di altissimo livello da cui possono emergere progetti per lo sviluppo della nostra Calabria. Si tratta –avevamo spiegato con Franco Romeo – di capitalizzare le risorse dei calabresi che hanno costruito intor­no alla propria persona un alone di rispettabilità e di assoluto prestigio che siano di esempio e di stimolo per la ricostruzione e il rilancio dell’im­magine della regione nel mondo.

A livello scientifico aveva immediata­mente sposato il progetto di realizza­re a Lamezia Terme una piattaforma di eccellenza in biotecnologie me­diche denominata Renato Dulbecco Institute e aveva accettato con entu­siasmo di fare parte del Comitato dei Soci fondatori della Fondazione.

A livello politico, sempre un mio con­vinto sostenitore e grande elettore, fin da quando mi presentai nel 1995 come Presidente della Regione Cala­bria, di cui fu un mio alto consulente insieme con vari Premi Nobel come Renato Dulbecco, Rita Levi Mon­talcini, sir John Vane e sir Salvador Moncada.

Mi mancheranno queste sue visite e nel suo ricordo un velo di mestizia e di lacrime offuscheranno in futuro i miei occhi. Non potrò mai dimentica­re il profondo rapporto che aveva con mio figlio Steven: lo aveva seguito come un figlio fin dall’inizio della sua carriera come ricercatore in Derma­tologia con il prof. Sergio Chimenti. Con lui era sempre dolce, disponibi­le, prodigo di consigli affettuosi e utili fino al suo recente ritorno da Catan­zaro all’Università di Roma.

Ecco chi era per me Franco Romeo: un vero gigante come scienziato e soprattutto una personalità con un altissimo profilo umano e morale.

Prof. Giuseppe Nisticò

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