Il limitarsi a biasimare gli eccessi, per lo più verbali, giudicati terribilmente pericolosi per la tenuta democratica del Paese, è stata la principale causa di questa disfatta
Trump ha vinto le elezioni aggiudicandosi tutti e sette gli Stati in bilico. Molti commentatori sono stati colti di sorpresa dal risultato. Tuttavia, la tendenza a sottostimare il voto a favore del nativo del Queen’s, corroboratasi nelle due precedenti elezioni, specialmente in alcuni stati, aveva fatto pensare ai più attenti che i sondaggi ben migliori rispetto alle due precedenti tornate elettorali fossero un presagio benaugurante per i Repubblicani.
Fonte: Internazionale
Limitandoci alle ultime elezioni, nel 2020 negli stati-chiave del Midwest, ma anche in Georgia e in Arizona, le rilevazioni statistiche mostravano un Biden avanti di almeno 2-3 punti in più rispetto al risultato finale. Trump, benché i risultati non siano ancora definitivi, ha riportato infatti un decisivo successo sia negli Stati contendibili della Sun Belt (Georgia, North Carolina, Arizona e Nevada) che in quelli della Rust Belt (Pennsylvania, Michigan e Winsconsin).
Questo voto è il frutto di moltissime componenti, tra cui primeggiano l’economia e l’immigrazione, ma, prima ancora e più in generale, è il frutto della mancata comprensione delle elezioni del 2020, stolidamente salutate dai più come un successo sfolgorante, capace di far svanire l’incubo trumpiano che si era materializzato nel 2016. Il pensiero che la vittoria di Biden avesse rimesso tutto a posto, a fronte invece di un Trump che aveva preso oltre undici milioni di voti in più della volta precedente e di una comunità politica alle soglie della guerra civile è, infatti, una delle ragioni principali della sconfitta democratica.
Fonte: RaiNews24
Non ci si è resi conto che, se un Trump apparso parzialmente indebolito dalla vicenda del Covid aveva perso di 0,30% in Arizona, di 0,25% in Georgia, di 1,16% in Pennsylvania e di 0,63% in Winsconsin, la situazione era tutto fuorché rosea. L’immagine nefasta di un partito democratico incapace di stilare un programma serio e lungimirante e quindi di affrontare con delle strategie sensate e innovative le questioni fondamentali della politica del paese, e che aveva invece deciso di impostare tutta la campagna sulla demonizzazione dell’avversario, non poteva che rendere uno scenario più che verosimile una vittoria repubblicana nel 2024. Una vittoria ovviamente trainata, come accennato sopra, dalle tematiche legate all’immigrazione e da quelle economiche, oltre che dal carisma divisivo ma innegabile del neoeletto presidente. Le ricette democratiche sono apparse fin da subito largamente insufficienti a rispondere efficacemente a queste criticità e nella loro vaghezza, pochezza e contraddittorietà puntavano più che altro a offrire un’immagine di normalità e di pragmatismo e un volto moderato e rassicurante (quello di Biden) da opporre alle stravaganze e gli estremismi di Trump.
Il limitarsi a biasimare gli eccessi, per lo più verbali, giudicati terribilmente pericolosi per la tenuta democratica del Paese, è stata la principale causa di questa disfatta.
Alberto Fioretti