Cosa pensare del futuro del nucleare?
Non sarebbe un’esagerazione dire che la crisi energetica è già fra noi. Il recente rincaro delle bollette e il vertiginoso aumento nei prezzi del gas ne sono testimoni. Sembrerebbe quasi che la ripartenza dell’economia post pandemia abbia preso tutti alla sprovvista. È in tale contesto che l’energia nucleare, a lungo ignorata da governi ed esecrata dagli ambientalisti, sta tornando ad essere l’oggetto d’interesse.
Il Regno Unito ha annunciato un piano di investimenti per rinnovare il proprio parco nucleare. In Francia, dove già il nucleare contribuisce al 70% del fabbisogno energetico, Macron ne ha fatto un pilastro della sua campagna per la rielezione. Persino in Italia, dove non ci sono centrali atomiche, l’argomento è stato evocato dal ministro Cingolani.
Il nucleare è, dopotutto, l’unica fonte di energia semi-pulita capace di accompagnare il mondo nella transizione ecologica.
Rispetto al gas, l’altro candidato a riempire questo ruolo, l’energia nucleare ha il merito di non emettere Co2 e di non lasciarci in balia dei paesi esportatori che, si guardi alla Russia, spesso non esitano a minacciare di lasciarci al freddo.
Gli svantaggi del nucleare, ovvero, il rischio di incidenti e la complessa gestione dei rifiuti radioattivi, sono spesso esagerati. Sia Fukushima che Chernobyl risultarono da errori umani e del tutto evitabili, e la tecnologia moderna ha resto le centrali più controllabili e sicure.
Appare quindi capricciosa e irresponsabile la decisione di certi stati europei di rinunciare al nucleare.
Il caso più eclatante è la Germania, che si è impegnata a chiudere tutte le centrali entro il 2022, di fatto rassegnandosi a importare gas russo attraverso Nord Stream II.
Alberto Fioretti