La “pace” di cui si parla è solo un concetto astratto, lontano dalla vita concreta delle persone, mentre il denaro pubblico viene destinato sempre di più a scopi bellici

La recente affermazione del Segretario della NATO, Mark Rutte, che “non siamo in guerra, ma nemmeno in pace”, non solo suona vuota, ma risulta un disastro geopolitico e morale. Una dichiarazione che non tiene conto della realtà delle guerre in corso, delle ingenti spese militari globali e dell’immobilismo di una diplomazia incapace di rispondere adeguatamente alle sfide del nostro tempo.

In primo luogo, Rutte sembra ignorare che il conflitto in Ucraina, che coinvolge direttamente l’Occidente, non è una guerra “non dichiarata” ma un conflitto devastante che, pur non avendo una dichiarazione formale, ha già mietuto migliaia di vittime e generato un esodo epocale di rifugiati. La NATO, infatti, non è una spettatrice passiva. Fornisce armamenti, supporto logistico, addestramento e intelligence al governo ucraino, agendo come parte integrante di una guerra che ha ripercussioni globali. Eppure, si continua a parlare di “non guerra”, rinunciando a definire la realtà per quello che è: una guerra ibrida, combattuta su più fronti e in continua escalation.

Fonte: Report Difesa

Non siamo “nemmeno in pace”, afferma Rutte, ma questa formula vuota nasconde la verità più scomoda. Se non c’è pace, allora perché mai l’Occidente sta aumentando in modo esponenziale la spesa per la difesa, senza che si veda un reale impegno per la prevenzione dei conflitti e per la promozione di soluzioni diplomatiche? La “pace” di cui si parla è solo un concetto astratto, lontano dalla vita concreta delle persone, mentre il denaro pubblico viene destinato sempre di più a scopi bellici.

Prendiamo il caso della spesa militare globale, che ha toccato nuovi livelli nel 2024. Secondo i dati del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), la spesa militare mondiale ha raggiunto un record storico, superando i 2.400 miliardi di dollari, con gli Stati Uniti che continuano a mantenere la leadership assoluta con oltre 800 miliardi di dollari. L’Europa, con la guerra in Ucraina che la coinvolge, ha visto un incremento significativo delle spese, con paesi come la Germania, la Polonia e la Francia che aumentano le loro voci di bilancio per la difesa.

Anche in Italia, dove la legge di bilancio per il 2025 è stata appena approvata, la spesa militare è destinata a salire a livelli insostenibili. Nonostante le difficoltà economiche interne, il governo italiano ha confermato un incremento della spesa per la difesa, portandola a circa 25 miliardi di euro, con una crescita annua di circa il 10%. Questa cifra, che già rappresenta circa l’1,5% del PIL italiano, si inserisce in un contesto di austerità fiscale che penalizza sanità, istruzione e welfare. In pratica, l’Italia continua a privilegiare il comparto bellico, mentre taglia su settori vitali per la coesione sociale e la crescita sostenibile del Paese.

Non c’è giustificazione economica né morale per questi aumenti. La crescita della spesa militare, tanto in Italia quanto a livello globale, è una chiara indicazione di una politica di guerra permanente, mascherata da “preparazione alla difesa”. Ma dietro questo linguaggio c’è l’assenza di una visione strategica per la pace. Perché parlare di “non guerra” mentre si investono miliardi in armamenti?

La dichiarazione di Rutte è anche un segnale di un fallimento più grande: quello di una NATO incapace di porre fine alla spirale bellica che avvolge l’Europa e il mondo. Piuttosto che affrontare con serietà le cause dei conflitti, si alimenta un circolo vizioso che rende sempre più difficile il ritorno alla pace, sostenendo sistemi di alleanze che sono sempre più fonte di divisioni e di tensioni.

In un mondo che è lontano dall’essere pacifico, i leader dovrebbero fare di più che nascondersi dietro la retorica della “non guerra”. Gli investimenti in difesa, come dimostrano i dati, sono aumentati vertiginosamente, ma la pace e la sicurezza sembrano essere lontane, sempre più lontane. La domanda che tutti dovremmo porci è: fino a quando continueremo a finanziare la guerra invece di costruire la pace? Finché il nostro denaro verrà speso in armamenti, continueremo a vivere in un mondo dove la guerra è solo un passo più lontano dalla “non pace” di cui parlano i potenti.

La realtà è semplice: non c’è nessuna “zona grigia”. La guerra è già in corso, le spese sono già state fatte e continuano a crescere. La NATO, e con essa i governi che alimentano questo conflitto, non si limitano a non risolvere i problemi del mondo, ma li amplificano. La pace non si costruisce con nuove bombe, ma con nuove idee, nuove alleanze basate sul dialogo, e una revisione radicale delle priorità politiche ed economiche. Finché non capiremo questo, la “non pace”, che Rutte descrive, rimarrà l’unica realtà possibile.

Alessandro Tartaglia Polcini

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