Un salto temporale porta lo spettatore nella metà degli anni Novanta, a Roma, nel quartiere multietnico Esquilino

Gabriele Mainetti torna sul grande schermo con il suo terzo film e lo fa in grande stile, portando il Kung-Fu nella Città Eterna. La città proibita fonde insieme cultura e tradizione cinese con la malavita e la bellezza di Roma. Questo viaggio inizia in Cina, nel 1979, dove una legge prevede che per ogni famiglia sia possibile avere solamente un figlio. Tuttavia, due genitori sfuggono a questo obbligo, mettendo al mondo due sorelle, Mei e Yun. Mei, però, è obbligata a nascondersi costantemente e a rimanere nell’ombra per evitare che l’intera famiglia venga processata e punita. Un salto temporale, poi, porta lo spettatore nella metà degli anni Novanta, a Roma e più precisamente nel quartiere multietnico Esquilino.

Mei giunge nel ristorante cinese ‘La città proibita’ con l’intento di cercare la sorella maggiore, recatasi in Italia e diventata, ormai, una prostituta. Il destino di Mei si incrocerà con quello di Marcello, giovane cuoco in un ristorante rivale di cucina tradizionale romana, rimasto insieme alla madre Lorena a gestire il locale dopo la sparizione di suo padre Alfredo. Annibale, un amico fraterno di Alfredo, cerca di dare loro una mano, anche perché detesta il proprietario di La città proibita e i tentativi degli immigrati di diventare “padroni in casa sua”. Mainetti costruisce un film action, dai tratti velatamente comedy, che invita lo spettatore a riflettere su determinate tematiche che affliggono la società contemporanea.

Fonte: Mymovies

La questione dell’immigrato e della sete di potere è ben evidente e si dipana all’interno di una società corrotta, che vede il prossimo come un nemico da sottomettere e umiliare. Una città cosmopolita come Roma diventa, dunque, la terza protagonista de La città proibita, rafforzando da un lato la bellezza del luogo e dall’altro le problematiche legate ad una lotta di classe e razziale che, ancora oggi, sembra essere una ferita aperta della cultura italiana, ma non solo. La pellicola intrattiene e fa riflettere, grazie anche a movimenti di camera rapidi e articolati che seguono le movenze e le lotte all’interno delle quali la protagonista è coinvolta.

Mei è una donna forte e coraggiosa, disposta a qualsiasi cosa per ritrovare sua sorella e per compiere vendetta su coloro che le hanno fatto del male. Una vera e propria eroina, che non ha bisogno dell’intervento divino o maschile per cavarsela, sfruttando le sue conoscenze di combattimento e la sua furbizia. Il regista ha già dimostrato con Lo chiamavano Jeeg Robot di avere la padronanza e la maestria adatte per costruire un film d’azione che costringa lo spettatore a rimanere con lo sguardo incollato allo schermo. Le numerose carrellate e le riprese ottenute grazie alle steadycam rendono le scene di Kung-Fu profondamente immersive, grazie anche ad una fotografia stantia, che riprende i colori del giallo, del rosso e del verde. Sfumature che non sono mai accese o brillanti, provato anche dal fatto che la maggior parte dell’azione si svolge di notte, avvolta da un’oscurità che protegge, ma anche nasconde.

Fonte: Mymovies

Mainetti, tuttavia, non abbandona lo spirito comico, almeno non del tutto, e si avvale di un cast preparato e uniforme che riesce ad essere poliedrico e a viaggiare tra i generi. Troviamo, infatti, Marco Giallini che interpreta Annibale, uomo spregevole, ma che strapperà qualche risata al pubblico grazie al suo modo di fare volutamente rozzo.

Nel cast anche Sabrina Ferilli, nei panni di Lorena, una donna afflitta dalla vita, ma che non si perde d’animo. Un perfetto mix equilibrato di azione e commedia che restituisce al pubblico una pellicola originale e brillante, piena di colpi di scena e personaggi tanto assurdi quanto vicini alla realtà contemporanea. Una critica socioculturale che si ritrova spesso nella cinematografia di Mainetti e che, anche qui, emerge in maniera preponderante.

Laura Maddalozzo

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