Se alla base del voto democratico vi è la “formula” del “50 +1” a determinare il vincitore è altrettanto vero ciò che sosteneva Andreotti: “Il Potere logora, ma è meglio non perderlo”
Non bastavano gli scontri in Ucraina. Ora anche Kosovo e Serbia vedono i rispettivi nomi nell’elenco di quelle Terre dove la parola “Pace” sembra essere stata bandita dal vocabolario. Sono ore difficili quelle che si stanno vivendo oltre il mare Adriatico.
Negli scontri sono rimasti feriti anche militari della “KFOR” (tra cui 14 soldati italiani, appartenenti al Nono Reggimento Alpini L’Aquila), la forza NATO con il compito di preservare la pace in un’area geografica che, purtroppo, rappresenta un epicentro di conflitti mai realmente sopiti tra la comunità serba e quella albanese.
Fonte: Sky TGtg24
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di ricostruire il perché di questi scontri violenti.
Ad accendere la polveriera è stata l’ultima tornata di elezioni amministrative, avvenuta il 23 aprile. La popolazione serba ha contestato l’elezione di alcuni neosindaci di origine albanese.
La legittimità delle elezioni è stata messa in discussione dal Governo centrale di Belgrado, anche a causa del netto calo di affluenza alle urne: poco più del 3%.
Un “problema” che noi italiani conosciamo bene da alcuni anni a questa parte. Ma restiamo oltremare.
I cittadini serbi hanno iniziato ad opporsi alla “presa di possesso” delle città da parte dei nuovi Sindaci. Nello specifico, i quattro maggiori Comuni del Kosovo del Nord: Mitrovica Nord, Zvecan, Zubin Potok e Leposavic.
Da qui, un’escalation di gravi incidenti, specialmente a Zvecan, dove sono stati feriti anche militari italiani.
Dopo ripetuti appelli affinché venissero tolte le barriere che impedivano alla Polizia locale di muoversi liberamente, sono scesi in piazza i soldati della NATO che hanno affrontato i manifestanti serbi, intenti ad occupare la sede del Municipio locale per impedire al neo Primo Cittadino di insediarsi nel suo ufficio.
Fonte: Sky TGtg24
E come sempre avviene in questi casi, sfollagente, lacrimogeni e bombe assordanti hanno avuto un ruolo dominante; i manifestanti hanno risposto a suon di sassi, bottiglie e molotov, come riferito dal Ministero della Difesa italiano.
In un primo momento, il bilancio indicava 41 militari feriti; poi, col passare delle ore, lo stesso Ministero italiano ha parlato di 34 soldati colpiti. La KFOR, nella giornata del 30 maggio ha annunciato che il numero era sceso a 30.
Alcuni dei nostri militari (tre per l’esattezza) hanno riportato ferite serie ma nessuno in pericolo di vita. Il Presidente Aleksandar Vucic ha reso noto che ci sono stati 52 manifestanti feriti.
Ciò che emerge è l’inammissibilità, da parte della popolazione serba, di accettare come “vincitori” sindaci che rappresenterebbero il 2% della popolazione contro il 98% di etnia serba. Belgrado, quindi, punta il dito contro il Kosovo ma Pristina fa lo stesso con la Serbia.
Angelo Michele Ristuccia, Generale e Comandante della missione KFOR, ha espresso solidarietà ai soldati feriti e ha ribadito come il contingente NATO manterrà la propria “imparzialità” nel cuore dei Balcani.
Tale annuncio è giunto in risposta alle parole del Leader serbo Vucic che aveva accusato la KFOR di non aver difeso la popolazione serba.
Sul fronte Kosovo, la Presidente Vjosa Osmani ed il Primo Ministro Albin Kurti hanno affermato con assoluta certezza la regolarità del voto del 23 aprile accusando Belgrado di mantenere strutture illegali nella parte nord del Paese. Si tratterebbe, di bande criminali impegnate ad attaccare le Forze dell’Ordine kosovare, i militari KFOR ed anche i giornalisti.
A tali critiche Belgrado ha risposto indicando il Governo di Pristina come responsabile di voler occupare il nord del Paese con l’obiettivo di espellere la popolazione locale serba. Il Presidente serbo ha, inoltre, reso noto l’invio di truppe al confine con il Kosovo.
Una situazione che appare senza soluzioni benché il nostro Vicepremier e Ministro degli Esteri Antonio Tajani abbia telefonato tanto al Presidente Vucic quanto al Primo ministro kosovaro Kurti ribadendo che “ogni violenza e ogni provocazione deve cessare immediatamente: Kosovo e Serbia devono dare piena attuazione agli accordi che hanno sottoscritto grazie alla facilitazione dell’Unione europea. La violenza è inaccettabile. L’Italia vuole contribuire a raggiungere in tempi molto brevi una soluzione sostenibile nel Nord del Kosovo”.
Chissà se tali parole serviranno ad indurre le parti ad una riflessione profonda o se invece resteranno frasi al vento. Vero è che se alla base del voto democratico vi è la “formula” del “50 +1” a determinare il vincitore, indipendentemente dall’affluenza alle urne, accettare tale risultato appare sempre più complicato. D’altronde come sosteneva l’On. Giulio Andreotti: “Il Potere logora, ma è meglio non perderlo”.
Stefano Boeris