Una società ferma alle liturgie del secolo precedente che ipocritamente riteneva di poter vivere in un mondo ordinato, sicuro e sereno per sempre
Venerdì sera è andato in onda su Canale 5 il film Titanic, melodramma storico del pluripremiato regista James Cameron, con Leonardo Di Caprio e Kate Winslet. Il lungometraggio, forse l’ultimo grande colossal della Nuova Hollywood, costituisce tuttora una pietra miliare della storia del cinema e non solo per aver lanciato la carriera dei due attori protagonisti, al tempo giovani e pressoché sconosciuti al grande pubblico. Dall’alto dei suoi undici Oscar, questo film ha, infatti, avuto il merito di raccontare, seppur in chiave romanzata, la tragedia di un’intera epoca.
Fonte: NientePopcorn
Una tragedia esaltata dalla profondità emotiva della trama e la cui vocazione drammatica rende lo spettatore partecipe dei destini di coloro che naufragarono insieme al celebre transatlantico. Inoltre, il film di Cameron fornisce un’insuperabile chiave di lettura per interpretare tali catastrofici accadimenti.
Come è noto, Il Titanic salpò dal porto di Southampton, il 10 aprile 1912, alla volta di New York. Al momento del varo, i giornali dell’epoca salutarono la nuova nave definendola un capolavoro della ingegneria moderna, per l’imponenza della sua mole e la lussuosità dei suoi interni. Essa, non per niente, fu costruita per competere con i transatlantici Lusitania e Mauretania, al tempo ritenuti gli scafi più grandi e veloci solcanti le rotte intercontinentali.
L’inaugurazione avvenne tre anni dopo l’inizio dei lavori d’allestimento, svoltisi nei cantieri irlandesi di proprietà della compagnia di navigazione. Nelle intenzioni dei costruttori era chiaro l’intento di stupire la buona società europea, regalando loro un viaggio su un piroscafo ritenuto “inaffondabile”. Non a caso, molti suoi rampolli parteciparono al viaggio inaugurale, rendendo tale incidente ancora più sconvolgente e traumatico.
È appena il caso di citare che fra i suoi illustri passeggeri, periti nella collisione con l’iceberg, c’erano personalità del calibro di John Jacob Astor, proprietario del Walford-Astoria di New York e ritenuto all’epoca l’uomo più ricco del mondo, l’industriale Benjamin Guggenheim (fondatore dell’omonima pinacoteca), il consigliere presidenziale statunitense Archibald Butt e il giornalista inglese William Thomas Stead. Nella traversata avrebbe dovuto essere presente anche il nostro Guglielmo Marconi, il quale preferì viaggiare sul Lusitania per evitare il clamore della sua presenza sul Titanic. Marconi, tuttavia, ha avuto un ruolo importante nel salvataggio dei passeggeri della nave.
Oltre 700 anime devono a lui la vita per i soccorsi allertati via radio dai marconisti presenti sul Titanic. Del resto, essa era dotata di tutti i comfort offerti dalla tecnologia novecentesca e ciò fornisce uno spaccato della società del tempo.
Fonte: Wikipedia
Una società fortemente classista, in cui le divisioni per censo erano vividamente rappresentate a bordo dallo sfarzo della prima classe, contrapposta alla miseria della terza. Tale distinzione spiega altresì le ragioni di alcuni errori tecnici, che hanno successivamente influito sull’ecatombe marittima del 15 aprile 1912. Storicamente è accertato che le scialuppe di salvataggio furono predisposte in un numero tale da non permettere la pronta evacuazione di tutti i passeggeri e dell’equipaggio.
Delle 64 lance inizialmente previste, idonee a trasportare almeno 4000 persone, la compagnia di navigazione optò per trasportarne solo 16 e capaci di ospitare massimo un migliaio di passeggeri (circa un terzo di quelli presenti sul Titanic al momento del naufragio).
La loro sistemazione poi, proprio vicino al ponte d’imbarco, si dirà in seguito che abbia favorito deliberatamente l’evacuazione dei passeggeri più ricchi a discapito di quelli più poveri. A questo si aggiungono alcuni errori umani commessi dal personale di bordo, che hanno inavvertitamente sottovalutato il pericolo, ostentando un’eccessiva sicurezza nelle prestazioni della nave. A partire dalla decisione di forzare la velocità del piroscafo, giungendo a New York un giorno prima del previsto e al solo fine di stupire la stampa riguardo alle eccezionali capacità del Titanic. Oppure l’aver ignorato i dispacci che segnalavano la presenza di banchi di iceberg al largo dell’Arcipelago di Terranova (dove è poi effettivamente avvenuta la collisione).
Infine, il repentino affondamento, avvenuto alle 2:20 del 15 aprile, in un lasso di tempo che non ha consentito ai soccorsi di giungere in tempo per trarre in salvo i naufraghi. Finiva, dunque, a cospetto di una livida alba, l’avventura della nave più grande del mondo e con essa quella di un intero mondo.
Fonte: Movieplayer
Ad affondare con il Titanic non è stata, infatti, solo l’eccessiva fiducia dell’uomo nei progressi della sua scienza. A restarne tramortita è stata, soprattutto, l’idea di società che esso cercava ostinatamente di difendere.
Una società ferma alle liturgie del secolo precedente, cieca e ostile ai grandi mutamenti in corso e che ipocritamente riteneva di poter vivere in un mondo ordinato, sicuro e sereno per sempre. In tal senso, l’inabissamento del Titanic è più di un simbolo.
Fonte: Vanity Fair
Esso è un vero e proprio moto della storia, anticipatore delle sciagure della Grande Guerra e del tramonto della “Bella epoque”.
E anche una lezione per l’uomo contemporaneo, inconsapevole di vivere in un’epoca altrettanto titanica e ugualmente ignara dei rischi e dei pericoli che la circondano sempre più da vicino.
Gianmarco Pucci