La storia, come diceva Tucidide, tende a ripetersi, non conoscendo la follia umana confini
Con lo scoppio della guerra in Ucraina il mondo è tornato a fare i conti con i fantasmi del suo passato nucleare. Un incubo che credevamo aver sepolto con la Guerra Fredda, ma che è tornato ad aleggiare sull’Europa in tutto il suo sinistro splendore. Vladimir Putin ha infatti minacciato solo pochi giorni fa di essere pronto a tutto pur di tutelare gli interessi del suo paese da interferenze straniere. Anche a ricorrere alla soluzione finale, ovvero attivare le testate missilistiche nucleari. Missili che, come ha recentemente dimostrato l’Università di Princeton, se raggiungessero l’Europa provocherebbero la morte di almeno 80 milioni di persone in meno di un’ora. La minaccia al momento è rimasta lettera morta, ma è bastata per rianimare le nostre più recondite paure. La storia, infatti, come diceva Tucidide, tende a ripetersi, non conoscendo la follia umana confini. Un timore che fu condiviso anche da Einstein, il quale in una lettera indirizzata al Presidente americano Franklin D. Roosevelt denunciava il tentativo dei nazisti di produrre la prima bomba atomica. Nella sua lettera, il padre della relatività si diceva preoccupato del cattivo uso che poteva essere fatto di queste armi di nuova generazione. Armi che sfruttando l’effetto esplosivo della fissione nucleare erano in grado di annientare la vita nel raggio di molti Km dal punto d’impatto. Einstein concluse la sua missiva convinto che il mondo non avrebbe mai sperimentato a sue spese gli effetti di una deflagrazione nucleare. Tuttavia, solo pochi anni dopo( la lettera risale al 1939) la storia lo smentì clamorosamente.
A Hiroshima, in Giappone, la prima bomba della storia venne sganciata la mattina del 6 Agosto 1945. I testimoni raccontarono di aver udito un boato assordante, seguito da un grande bagliore. La bomba esplose a 580 metri da terra, polverizzando il centro della città e provocando da subito centinaia di migliaia di vittime. Per effetto dell’onda d’urto, in una manciata di minuti, circa il 90% degli edifici crollò su se stesso e le fiamme divamparono attorno al luogo dell’esplosione. I giapponesi non fecero in tempo a gridare all’ira di Dio che lo stesso scenario si ripeterà solo tre giorni dopo a Nagasaki. Qui gli effetti del “fungo atomico” furono così devastanti da indurre il governo giapponese a firmare la resa con gli Usa. La fine delle ostilità non cancellerà, però, il ricordo dei tragici fatti di quei giorni. Da allora, infatti, tutti i governi mondiali si sono impegnati a garantire un mondo più sicuro e senza armi nucleari. Una promessa che è stata largamente disattesa dalle principali superpotenze e che ha favorito l’instaurarsi di un equilibrio della paura. Tale deterrente ha funzionato per decenni ed è sopravvissuto anche alla fine dell’Urss. Eppure, malgrado i trattati, gli arsenali nucleari non hanno fatto altro che crescere negli ultimi settant’anni. Ciò in vista di un possibile conflitto, biasimato da tutti, ma che tiene tutti allerta. Ora, con la crisi in Ucraina, sembra che qualcosa si sia inceppato. In tal senso, le immagini dei bombardamenti sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia da parte dell’esercito russo non lasciano spazio ad alcun dubbio. Mai come in questo momento il mondo rischia di precipitare verso un conflitto nucleare dagli esiti tanto imprevedibili quanto devastanti. Tuttavia, nelle ultime ore qualcosa su questo fronte è cambiato. Il forte impegno della comunità internazionale per trovare una soluzione alla crisi ucraina, ha infatti indotto i russi a tornare sulla strada del dialogo. Un dialogo ancora stentato fra le parti in conflitto, ma che allontana lo spettro di una guerra nucleare ai confini dell’Europa. Non è molto, ma è sufficiente per continuare a sperare nella pace.
Gianmarco Pucci