Il CNEL dice no al salario minimo e sostiene la contrattazione collettiva
Il salario minimo non s’ha da fare. Sembra essere questa la vera conclusione del CNEL a seguito dell’indagine sul lavoro povero commissionata dal governo. L’organo consultivo del parlamento ha infatti bocciato la proposta di introdurre per legge una soglia minima di retribuzione da garantire a tutti i lavoratori, sostenendo la necessità di insistere sulla via tradizionale della contrattazione collettiva. Il testo, composto da ben 41 pagine, ha valutato l’ipotesi dell’introduzione del salario minimo alla luce delle recenti direttive europee.
Queste, infatti, non obbligano ai paesi membri a dotarsi di un salario minimo, ma promuovono l’estensione della contrattazione collettiva affinché essa coinvolga almeno l’80% dei lavoratori. Secondo il CNEL, dunque, non ci sarebbe bisogno di introdurre una tariffa retributiva minima perché l’Italia è pienamente dentro la normativa europea grazie ad una contrattazione che copre la quasi totalità dei rapporti di lavoro.
Il documento finale non ha però incontrato l’unanimità del CNEL, che ha invece subito un’importante spaccatura interna. Sembra infatti che il documento sia stato approvato con 39 voti favorevoli su 54, con 8 astenuti e 15 voti contrari.
Fonte: Avvenire
Tra quest’ultimi ci sono i rappresentanti di Cgil, Uil e Usb, a cui si aggiungono i 5 consiglieri nominati dal Presidente della Repubblica. La loro proposta alternativa era quella di una “sperimentazione della tariffa retributiva minima” che partisse dai settori più critici, ovvero quelli a rischio di lavoro povero, nella convinzione che la contrattazione collettiva trarrebbe i suoi vantaggi da un salario minimo ben strutturato.
É bene ricordare che i pareri del Consiglio nazionale per l’Economia e il Lavoro non sono vincolanti, ma in questo caso assumono una grande rilevanza politica. Il tema del salario minimo, come ben sappiamo, è ormai nelle aule parlamentari da molto tempo, e una sua realizzazione è invocata da ampi settori del mondo politico, sindacale e lavorativo.
Il tema del salario minimo ha addirittura avuto il merito di mettere d’accordo i partiti di opposizione, che su tutte le altre questioni non sono mai riusciti a rappresentare un’alternativa compatta e concreta alla maggioranza di centrodestra. Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Azione hanno invece trovato un’intesa sull’introduzione di un salario minimo di 9 euro lordi all’ora per legge, pressando il centrodestra storicamente contrario a tale misura.
Per questi motivi, come specificato anche dal Presidente del CNEL Renato Brunetta, l’11 agosto scorso la Presidente del Consiglio Meloni aveva chiesto al CNEL di redigere un testo sul lavoro povero con tanto di osservazioni e proposte, che è puntualmente arrivato in soli due mesi. Puntuale è arrivato anche il commento di Palazzo Chigi, che sulla scia delle conclusioni del documento ribadisce come il salario minimo non sia lo strumento adatto a contrastare le basse retribuzioni.
Insomma, a fornire l’assist al Governo è l’imparzialità del CNEL, che sembra mettere la parola fine alle speranze di attuare un salario minimo.
Giulio Picchia