Roma, capitale del cinema, vanta il triste il triste primato di più di cento sale cinematografiche chiuse o abbandonate. Forse un convegno sarebbe utile
Il convegno a Verona per il riuso del cinema Astra unisce tre aspetti interessanti: il recupero delle sale cinematografiche abbandonate, archeologia e architettura. Molteplici le cause dei 2.000 cinema chiusi in Italia negli ultimi venti anni: la fruizione filmica del pubblico sulle piattaforme televisive, l’eliminazione dalle categorie di visione con aumento del costo del biglietto unico, la trasformazione in multisale che ha accentrato e non decentrato sul territorio urbano e, in molti casi, alterato irreversibilmente opere come il Maestoso di Riccardo Morandi o l’Adriano di Luigi Rolland a Roma.
Nulla è rimasto che evochi il grande vuoto ‘architettonico’ interno, certamente difficile da riprogettare, ma oggi in questi cinema la percezione è quella di entrare prima in un disegno di Escher e poi nel salotto di un amico con una maxi-televisione. E la magia dei fratelli Lumiere che fine ha fatto?
I cinema, luoghi deputati alla settima arte, visti in un ambito di rigenerazione urbana hanno un ulteriore importanza culturale, storica, sociale, ma non ci sono alternative per questi “Fantasmi urbani” (1) senza la possibilità di una trasformazione totale o parziale. Intervenire con coerenza architettonica e nel rispetto delle normative non è cosa facile, spesso l’involucro cinema ha limiti notevoli: interclusione, mancanza di rapporti aeroilluminanti diretti, parcheggi ecc.
Servono leggi con tempi brevi d’attuazione che consentano nuove idee per progetti puntuali, caso per caso, che rispondano alle esigenze specifiche del mercato di ciascun luogo. Il cinema Astra nasceva nel 1937 per iniziativa privata, circa 1200 posti, l’unico elemento originale rimasto e di qualche interesse è la facciata sagacemente definita dall’architetto Paolo Richelli, artefice del progetto, “razionalista in salsa scaligera, ne bella ne brutta ma fortemente testimoniale.”
Richelli con pazienta certosina e professionalità ha portato avanti questo iter progettuale e burocratico iniziato nel 2005 e terminato nel 2022. Non oso immaginare i costi per l’immobilizzazione del bene in questi anni oltre a quelli per la convenzione con il comune per il cambio di destinazione d’uso. A rallentare la procedura i ritrovamenti archeologici di ricchissimi resti di un “albergo” databile al 250 d.c. ma che si sono dimostrati un valore aggiunto come nei precedenti casi del Tribunale di Verona o La Rinascente a Roma. Il progetto, inglobando i resti, crea un suggestivo percorso nella quota archeologica mediante delle passarelle in vetro con accesso dall’esterno. Interessante la struttura in cemento armato che dialoga, incorniciandole, con le murature perimetrali ritrovate e non ancora datate. Il vuoto cinema è diviso in due livelli completamente liberi strutturalmente che rammentano l’Astra nella sua spazialità orizzontale e sono destinati a attività commerciale e anche culturale; al terzo piano una sala per eventi, proiezioni, conferenze e un bar ristorante.
Il cardine di tutto il progetto è il livello rialzato che riassume la storia dell’edificio, un percorso che inizia dalla facciata dell’ingresso, restaurata filologicamente, da cui si accede al nuovo solaio dove, attraverso dei vetri calpestabili, si ammira il sistema di riscaldamento in ipocausto e tubuli, i mosaici pavimentali e le decorazioni parietali della quota romana, il boccascena conservato come fondale di questo livello completa la narrazione contribuendo alla memoria del cinema Astra. Questo recupero si pone come una nuova realtà urbana che ha caratteristiche di hub polifunzionale dove si può produrre cultura per la collettività ma se sostenibile economicamente. L’architettura, consapevole della difficoltà di un progetto di riuso filologicamente corretto, deve fare il suo ruolo senza costrizioni burocratiche, ma sempre dialogando rispettosamente con i vincoli diretti (L.42/2004) e le caratteristiche architettoniche e storiche dell’edificio con cui ci si confronta ma anche ‘progettare’ di non fare nulla come nel teatro El Ateneo Grand Splendid di Buenos Aires, rimasto intatto e diventando una delle librerie più spettacolari dell’Argentina. Altra soluzione, lo storico cinema Max Linder Panorama di Parigi dove si vedono i film ma seduti su poltrone e divani IKEA. È impensabile che tutte le sale cinematografiche possano riaprire a pieno regime di pubblico ma rigenerarle è possibile.
Roma, capitale del cinema, vanta il triste il triste primato di più di cento sale cinematografiche chiuse o abbandonate. Forse un convegno sarebbe utile.
Paolo Verdeschi