Al Teatro Parioli fino al 21 gennaio
I circa cinque minuti di applausi alla fine dello spettacolo, senza contare quelli a scena aperta, le sei aperture di sipario per richiamare gli attori e tributare loro il gradimento del pubblico, basterebbero già a sintetizzare ancora una volta il successo di “Mettici la mano”, tratto dai racconti di Maurizio de Giovanni per la regia del compianto Alessandro D’Alatri che ci ha prematuramente lasciati meno di un anno fa.
Ambientata a Napoli durante la Seconda guerra mondiale, narra dell’inaspettato incontro tra il Brigadiere Maione (Antonio Milo), il femminiello Bambinella (Adriano Falivene) e la giovane Melina (Elisabetta Mirra), appena arrestata per aver commesso un omicidio. I tre si ritrovano in uno scantinato per sfuggire al bombardamento in corso sulla città.
Nello scantinato è presente una statua della Madonna Addolorata che, suo malgrado, sarà testimone e protagonista, inevitabilmente silenziosa e muta, di quanto avviene all’esterno e all’interno. Lo spazio ristretto e il tempo che i tre devono condividere (anzi potremmo dire i quattro comprendendo anche la Madonna che viene più volte chiamata in causa), fa emergere inevitabilmente le storie individuali, i loro diversi ruoli sociali, il loro passato, il presente e le preoccupazioni per il futuro.
Fonte: Roma Pop
Inoltre, al drammatico momento legato al bombardamento si aggiunge quello del delitto commesso da Melina che ha ucciso nel sonno il Marchese di Roccafusca di cui era la cameriera.
Man mano che il tempo scorre, i fatti e le vicende personali si intrecciano anche al di là delle singole volontà e, via via, portano ad un cambio di prospettiva e la dominante emotiva del racconto prende il sopravvento, ma sempre in equilibrio, con le componenti legate al pensiero e ai dialoghi.
La sapiente regia di Alessandro D’Alatri ha conferito a questa rappresentazione una fantastica fusione tra una comicità dirompente che travolge lo spettatore e repentini momenti di immediate riflessioni sulla condizione umana e sui fatti della vita che, in pochi secondi, possono cambiare destini e prospettive.
D’alatri ha valorizzato una delle caratteristiche peculiari della narrazione di Maurizio de Giovanni, che porta sempre al centro i personaggi e i loro vissuti utilizzando la storia, la trama, proprio come gli attori utilizzano le assi del palcoscenico: una base sicura su cui poggiare “le persone e i personaggi” lasciando le loro emozioni libere di esprimersi.
“Il brigadiere Maione – ha dichiarato Antonio Milo – mi rappresenta molto perché è la sintesi delle diverse facce della napoletanità: l’impegno, la fantasia, la sensibilità, l’altruismo, l’affettività, insomma di tutto quello che di umano e di umanità il popolo napoletano sa esprimere”.
“Sarò sempre grato ad Alessandro D’Alatri – ha invece confidato Adriano Falivene – perché è stato per me un riferimento umano prima ancora che professionale, che ha avuto fiducia e ha saputo far emergere l’attore che viveva e vive dentro di me”.
La giovanissima Elisabetta Mirra, che tiene la scena in modo perfetto accanto agli altri due interpreti fortemente caratterizzati, ha affermato che “questa esperienza mi ha molto maturata anche dal punto di vista personale dovendo interpretare una giovane donna alle prese con la fine dei sogni infantili e la necessità di diventare, suo malgrado, adulta e responsabile”.
Giuseppe Fabiano