La democrazia è un sistema di pesi e contrappesi, ma non si possono tutelare i diritti, senza controllare l’adempimento dei doveri e viceversa. Serve più controllo da parte dei vertici
Non è passato molto tempo dalla vicenda che ha visto la polizia ricorrere all’uso del manganello per sciogliere il corteo studentesco pro-Palestina a Pisa, che già due carabinieri si sono resi protagonisti di un atto di violenza contro un ventitreenne guineano nel modenese.
Nel primo caso il percorso dei manifestanti non era stato comunicato con congruo preavviso, ma d’altra parte non era stato neppure emesso alcun provvedimento di divieto da parte del questore di Pisa per ragioni di ordine pubblico.
Le misure di “contenimento” adottate hanno provocato diversi feriti, tra cui una ragazza colpita alla testa, il che lascia spazio a due ipotesi: che la violazione sia avvenuta con comportamenti talmente aggressivi da richiedere un intervento di questo tipo, anche per difesa, oppure che siano stati gli agenti ad utilizzare in maniera impropria il manganello. In ogni caso, sulle attuali modalità di gestione operativa dei momenti di tensione si è già pronunciato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dichiarando che “l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli, ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”.
Fonte: RaiNews
Tuttavia, il monito sul pacifico confronto democratico sembrerebbe non aver smosso le coscienze di chi si occupa di ordine pubblico, tanto che i due carabinieri che hanno arrestato Diallo Idrissa, per resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento, hanno scelto di farlo con schiaffi e pugni e alla luce del sole, senza preoccuparsi della presenza di eventuali testimoni. L’uomo, in attesa alla fermata dell’autobus, è stato avvicinato dai carabinieri per un controllo, ma si sarebbe rifiutato di esibire i documenti e avrebbe reagito all’arresto colpendo l’autovettura di servizio. Il video riprende solo parte dell’accaduto, ma mette in evidenza una violenza sproporzionata, che viene paragonata dal legale della vittima alle scene dei filmati americani.
Quando un custode dell’ordine pubblico sceglie consapevolmente di aggredire, anziché avvalersi di strumenti legali alternativi, come anche di coprire il comportamento illegittimo di un collega, tradisce la fiducia dei cittadini. Ciò rimanda al concetto di “forza legittima” di Max Weber, perché nessuno Stato è destinato a sopravvivere nel tempo solo in virtù dell’obbedienza ottenuta, ma può farlo grazie alla legittimazione di chi lo ha costituito.
Da qualche anno il diritto si identifica sempre di più con la violenza, come se il clima di paura diffusosi nel nostro Paese avesse reso la gente più tollerante verso gli abusi di potere delle forze dell’ordine. Il caso del giovane guineano appartiene alla narrazione del fenomeno migratorio come sinonimo di delinquenza, ma fa pensare anche al modello di poliziotto-eroe proposto dalla tv generalista e ormai entrato nel nostro mainstream culturale.
In questo senso, al poliziotto sarebbe consentito violare le regole in nome della sicurezza pubblica, ma questa è un’idea difficile da coniugare con i principi costituzionali del nostro ordinamento. Si tratta ancora una volta di un problema culturale, perché non dovremmo permettere a chi governa la nostra paura di farci chiudere gli occhi davanti alla palese violazione dei diritti umani, a prescindere da chi sia il carnefice.
L’uso eccessivo della forza da parte delle autorità non è un elemento tipicamente italiano, ma riguarda altre democrazie occidentali come quella statunitense, da sempre nota per i pestaggi perpetrati nei confronti di persone afroamericane, o quella serba, in cui proprio recentemente dei migranti sono stati denudati e lasciati in strada al gelo, costretti a tornare a piedi dalla Serbia alla Macedonia del Nord. Non è un caso se a subire gli abusi ingiustificati sono quasi sempre gli emarginati dalla società, come gli immigrati o i senza tetto, e probabilmente ciò avviene perché esiste la certezza dell’impunità e la convinzione di non essere soggetti alle accuse dell’opinione pubblica.
In occasione dell’ultimo incontro con i rappresentanti dei sindacati delle forze di polizia il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha difeso il ruolo delle forze dell’ordine, segnalando che è attualmente in atto una “sistematica campagna di denigrazione” ai danni della categoria e finalizzata a colpire il governo. È innegabile che gestire un ordine pubblico così complesso, determinato non solo da fenomeni sociali di natura diversa, ma anche da eventi pubblici su larga scala, non sia una cosa semplice. Inoltre, spesso i media tendono a strumentalizzare i casi di trasgressione isolati per fare di tutta un’erba un fascio. È quindi doveroso individuare le responsabilità nelle singole vicende e tutelare gli agenti che hanno sempre svolto in maniera encomiabile la loro professione, dando visibilità alle loro testimonianze.
Infatti, se è vero che i diritti dei cittadini sono sacri e in quanto tali vanno protetti da ogni abuso, è anche oggettivamente vero che le regole di convivenza civile sono rispettate sempre meno. Proprio poco tempo fa degli anarchici hanno assaltato una volante della polizia a Torino nel tentativo di liberare un trentunenne marocchino.
Fonte: Secolo d’Italia
È bene ricordare che la democrazia è un sistema di pesi e contrappesi, ma non si possono tutelare i diritti, senza controllare l’adempimento dei doveri e viceversa. Serve più controllo da parte dei vertici. L’educazione civica dovrebbe tornare al centro del sistema della formazione, perché vivere nell’anarchia è qualcosa che non si addice ad un paese realmente democratico.
Dall’altro lato le istituzioni dovrebbero rivedere i criteri di reclutamento delle forze dell’ordine, prestando anche una maggiore attenzione alla formazione psicologica continua delle persone che sono in servizio da anni.
Marzia Furlan