La linea Milano-Parigi e le trasformazioni messe in moto dal covid
Il COVID sembrerebbe aver provocato importanti cambiamenti in alcuni ambiti, non solo in termini produttivi, ma anche letteralmente a livello di spostamenti: infatti, soprattutto nelle principali città italiane, ritardi e soppressioni non erano più da ricercarsi nella negligenza di Trenitalia, bensì nella diffusione del contagio che costringeva a casa una buona percentuale di personale.
Ancora una volta, nell’arco di poche settimane, la questione ferroviaria tornava in prima pagina, dopo l’entusiasmo generale relativo all’apertura della nuova tratta Milano-Parigi: prime pagine dei giornali, servizi dedicati in ogni telegiornale, argomento di discussione quotidiana, neanche fosse il 3 ottobre 1839 [n.d.r., inaugurata la prima ferrovia d’Italia da Napoli al Granatello di Portici].
Certamente si tratta di una scelta storica, la quale facilita lo spostamento tra due capitali economiche oltre che della moda europee, incoraggiando nuovamente quei business travellers che tanto avevano sofferto con il Covid.
Un nuovo passo per Trenitalia – che, ricordiamolo, è un organismo di diritto pubblico – verso l’integrazione dell’Europa come un mercato domestico per l’azienda, riprendendo le fila di ciò che si era lasciato nel 2019 quando il 15% del fatturato derivava da oltre confine. Un’eccellenza italiana, quindi? Forse.
Dipende dai punti di vista, sicuramente quello dei pendolari meridionali non sarà dei più favorevoli; tuttavia, il PNRR sembra poter dare qualche speranza. In particolar modo, la Sicilia sarà luogo di circa 10 miliardi di investimenti in infrastrutture (dalle ferrovie passando per porti e dighe); la principale sarà l’alta velocità Palermo-Catania-Messina la quale, auspicabilmente nel 2026 a seguito di un investimento di 8.6 miliardi di euro, consentirà ai treni isolani di raggiungere i 200 km/h.
Inoltre, un investimento di 500 milioni è volto a dotare 480 km di reti ferroviarie siciliane (a fronte di un totale di 700 km nazionali) dell’evoluto sistema per la supervisione e il controllo della marcia dei treni, l’ERTMS (European Rail Transport Management System). Quest’ultimo favorisce l’interoperabilità tra operatori ferroviari provenienti da diverse nazioni e migliora le prestazioni, permettendo il passaggio di un numero maggiore di treni e contribuendo a una maggiore puntualità, in aggiunta al risparmio energetico garantito grazie a una migliore regolazione della velocità, l’accelerazione e la frenatura dei treni.
Fonte: Teknoring
Come riportato da “La Repubblica”, il tutto si inserisce nel piano che prevede l’implementazione di questa tecnologia su oltre 3.400 chilometri di rete entro il 2026, contestualmente all’obiettivo di Rfi di installare il sistema su tutti i 16.700 chilometri di linea, in coerenza con gli obiettivi fissati dall’UE. Infine, impossibile non citare la nuova linea Terzo Valico, dopo che il 21 dicembre scorso è stato completato lo scavo della galleria San Tomaso. Nello specifico, si tratta di un notevole miglioramento nei collegamenti tra Genova, Milano e Torino, sia a livello passeggeri che di merci.
Come si legge sul sito di FS, la nuova linea è finalizzata in primo luogo a migliorare i collegamenti del sistema portuale ligure con le principali linee ferroviarie del Nord Italia e con il resto d’Europa, essendo parte fondamentale del Core Corridor TEN-T Reno-Alpi – il più importante asse europeo di collegamento nord a sud su cui si muove il maggior volume di merci trasportate in Europa; coerentemente con le strategie annunciate nel Libro Bianco dei Trasporti dell’UE: trasferire entro il 2030 il 30% del traffico merci, oltre i 300 km, dalla strada al ferro, e il 50% entro il 2050.
La governance del Ministero della Transizione Ecologica (MITE) – attraverso l’Osservatorio Ambientale (OA) e la Commissione Speciale di Verifica dell’Impatto Ambientale – dovrebbe garantire l’efficace spesa di 7.5 miliardi di euro provenienti dal PNRR, assicurando, dal 2024, il collegamento tra Genova e Milano in 50 minuti rispetto a 1h e 39 minuti attuali.
Ciò, in conclusione, permetterà uno spostamento più rapido verso le regioni di Piemonte, Lombardia e Veneto, al cui interno viene movimentato il 50% delle merci nazionali e prodotto il 45% del Pil del paese, oltre ad abbattere del 29% i consumi energetici e del 55% le emissioni di CO2 rispetto al trasporto su gomma.
Progetti, dunque, tanto ambiziosi quanto necessari per tornare ad essere competitivi. I presupposti ci sono, adesso bisogna solo metterli in pratica.
Alberto Fioretti