Quale futuro si prospetta per il Partito Democratico alla luce di un eventuale rientro di D’Alema?
Dopo le dichiarazioni di Massimo D’Alema di qualche tempo fa sulla concreta possibilità di rientro nel PD – dal quale si era tirato fuori nel 2017, dando vita ad Articolo 1 – la rotta del Partito Democratico sembra avere subito una netta deviazione verso sinistra. La causa scatenante di questo riavvicinamento sarebbe stato Matteo Renzi, ancora una volta protagonista delle capriole del panorama politico italiano, nonostante il declinante consenso elettorale.
D’Alema, infatti, ha dichiarato che l’uscita dal PD era stata la conseguenza di una “malattia terribile”, fortunatamente guarita da sola, riferendosi proprio all’ex premier. Al di là dei commenti sulla (infelice) scelta lessicale, il dato che emerge è quello di un PD che, dopo l’elezione di Elly Schlein a segretario del partito, la quale si sta sforzando di portarlo su posizioni più marcatamente di sinistra radicale, allarga la propria base, sempre forte dell’alleanza ormai quasi strutturale con dei 5 stelle, e quindi più gestibili.
Fonte: Torremaggiore.com
Tuttavia, l’ex Presidente del Consiglio non ha dato seguito a questi suoi accenni a un suo possibile ritorno, rimanendo in una posizione decisamente laterale, sebbene molto si sia riavvicinato. Sarebbe stato interessante capire se il rientro di D’Alema, spostando il PD un po’ più a sinistra, avrebbe potuto creare al centro un vuoto che una matura coalizione liberal-progressista potrebbe colmare.
In altre parole: potrebbe essere questa l’occasione giusta perché forze quali la stessa Italia Viva, Azione, +Europa e anche quella parte di Forza Italia più vicina alla Carfagna, diano vita ad un’alleanza strutturale, in grado di porsi come valida alternativa al tradizionale binomio di “destra” e “sinistra”, nonostante il naufragio dell’esperienza del partito comune fra Italia Viva e Azione, finita con il solito lancio dei piatti?
Alberto Fioretti