Da Assisi al Mondo per costruire orizzonti di pace. Un’esigenza che, più che un invito, risuona oggi come un accorato appello a non fare la guerra. Un’aspirazione condivisa anche da Papa Francesco, che da tempo si spende inutilmente per la fine delle ostilità in Ucraina. Un conflitto che ha ormai imboccato un sentiero pericoloso, preda come è della tentazione atomica.
In tale frangente, si inserisce il messaggio evangelico di San Francesco, di cui martedì si è celebrata la festa ad Assisi. Innanzi alla brutalità della guerra, dunque, si riscopre il senso e l’importanza della pace. Una pace che, come Francesco ci ha insegnato, non può prescindere dal dialogo fra le genti. Solo con il dialogo, infatti, è possibile abbattere quei muri eretti dall’orgoglio e dall’indifferenza. Esattamente come ha fatto lui otto secoli fa, quando, all’indomani della V Crociata, si recò in Egitto per parlare con il Sultano, Malik Al Kamil, gettando le basi per quel dialogo interreligioso che continua ancora oggi.
Del resto, che l’umiltà di Francesco abbia vinto la tracotanza dei potenti lo ha detto pure il cardinale Zuppi, Presidente della CEI, celebrando la santa messa nel santuario di Assisi. Sua Eminenza si è, in particolare, soffermato su quegli atteggiamenti forieri di conflitto, ritenendoli antitetici rispetto ai sentimenti di amore e fratellanza perseguiti da Francesco. Da qui, l’invito del cardinale alla politica a prodigarsi per il bene comune, senza disinteressarsi del benessere del Creato.
Parole a cui hanno fatto eco quelle del Presidente Mattarella, il quale ha evidenziato come la logica della guerra, generando morte e devastazione, finisca per consumare la vita delle persone. Per il Capo dello Stato, la pace è un diritto iscritto nelle coscienze. È una parte di noi, come lo è il desiderio di libertà, e che si realizza non appena si alza lo sguardo oltre il proprio presente. Motivo per cui è dovere di ognuno intervenire per interrompere questa spirale di odio e di violenza, perché la pace non è solo l’assenza del conflitto, ma soprattutto presenza della giustizia.
Un richiamo, quest’ultimo, che non è passato inosservato, pensando alle tante criticità che affliggono il nostro tempo. Come l’emergenza ambientale e la necessità di salvaguardare il Pianeta dall’opera predatoria dell’uomo. Un tema reso ancora più vivo dall’esigenza di accelerare sulla transizione energetica, specialmente dopo la crescita esponenziale del prezzo del gas. Ma non solo questo. Terremoti, alluvioni, uragani che sconvolgono il Globo sono sempre più frequenti e minacciano la sopravvivenza dell’uomo quanto l’uso delle armi di distruzione di massa. In tale ottica, ancora una volta, l’esempio di Francesco ci aiuta a leggere il presente.
La natura è, infatti, largamente presente nella riflessione teologica del Santo di Assisi. A partire dal Cantico delle Creature, lode scritta da lui per celebrare la bellezza del Creato in tutte le sue forme. Per Francesco tutti gli uomini sono fratelli, perché figli di una natura immagine vivente di Dio. Essa, a dispetto di quanto predicato dalla Scolastica medioevale, non è più fonte di peccato, ma madre di infiniti figli. Una madre che Francesco per primo chiede di rispettare, redarguendo quanti vorrebbero sfruttarla a fini economici. Torna, dunque, a replicarsi quel contrasto fra uomo e natura che da sempre è causa di conflitti e ingiustizie.
Lo sfruttamento rapace del suolo, nella riflessione francescana, è, difatti, alla base di un’iniqua distribuzione della ricchezza. Una forma di discriminazione che nei secoli ha continuato ad accrescersi nel seno della moderna società dei consumi, ma che oggi, nel pieno del trionfo della tecnica, ha creato sperequazioni e disuguaglianze ancora più profonde. Secondo l’ONU, la diseguaglianza sociale in Occidente è cresciuta in trent’anni di più del 75%. Tale dato, oltre a descrivere una crisi strutturale dell’attuale modello socioeconomico, getta una luce sinistra sul futuro dell’umanità. Il rischio è quello precipuo di creare una società di alienati, di automi che coltivano l’apatia come deterrente per sfuggire a una quotidianità deprimente e dolorosa.
Si comprende, allora, quanto di fronte a tali insidie il messaggio cristiano di salvezza sia rivoluzionario. La speranza di costruire un mondo migliore deve sempre essere alimentata dalle nostre coscienze. Alla stregua della luce votiva che splende sulla tomba di Francesco.
Una luce che illumina l’avvenire dell’Italia e che non ci abbandona in balia della tempesta.
Gianmarco Pucci