Lo chef Raffaele Lenzi ospite del ciclo di seminari “Professione Enogastronomo II” del corso di laurea in Scienze e culture enogastronomiche dell’Università Roma Tre
Martedì 26 aprile, presso l’Università Roma Tre, nell’ambito del ciclo di incontri “Professione Enogastronomo II” a cura di Carlo Dugo (CEO di Enosis e ambasciatore del Concorso Mondiale di Bruxelles), l’Executive Chef del ristorante Al Lago de Il Sereno, e Corporate Chef dell’albergo caraibico della famiglia Contreras, Raffaele Lenzi terrà un seminario dal titolo “Creatività e ricerca, la testimonianza di un interprete della cucina contemporanea”.
Con gli studenti, lo chef Lenzi, che opera nel 5 Stelle lusso sul Lago di Como, parlerà di come si diventa chef, di passioni e di sogni, dell’importanza del confronto con gli altri, dei viaggi propedeutici alla costruzione di una carta che abbia al suo interno i sapori, del resto, mondo e della fondamentale conoscenza delle lingue, ma anche di umiltà e determinazione.
“Sono nato a Napoli negli anni ’80, in una famiglia semplice. A 14 anni ho cominciato a lavorare nella pasticceria di mio zio, mentre studiavo all’alberghiero, che in quel periodo era ritenuto un passaggio necessario per chi voleva intraprendere una carriera da chef. A me, personalmente, ha dato tanto e quando l’ho concluso, all’età di 19 anni, ho cominciato a viaggiare, mettendo da parte il calcio e il teatro – due miei grandi amori – per concentrarmi sulla cucina”.
Inghilterra, Stati Uniti e poi Cina, queste le mete del suo peregrinare. “A Londra sono stato due anni e mezzo; all’inizio non sapevo bene come muovermi, poi ho trovato il lavoro in un ristorante in cui le cose sono andate esattamente come avrei voluto. Sono riuscito a crescere e, con il senno di poi, se fossi entrato in un altro ristorante, ora non sarei qui. Quando sono rientrato in Italia mi sentivo sicuramente più ricco, ma avevo un altro sogno da realizzare: l’America”. Un luogo nel quale Raffaele Lenzi ha vissuto un’esperienza intensa, soprattutto da un punto di vista umano: “In quel periodo ho incontrato tante persone di etnie diverse, in particolare di provenienza messicana, con le quali mi tengo in contatto ancora oggi. È stato fondamentale per ciò che sono diventato”. E infine la Cina, dove ha lavorato per sei mesi in un ristorante 3 Stelle Michelin, per poi tornare definitivamente in Italia.
“Agli studenti parlerò proprio di questo, delle passioni, perché c’è un aspetto importante da far comprendere ai giovani, motivo per cui sono molto felice di incontrarli e di confrontarmi con loro: se volete eccellere, per prima cosa dovete studiare, ma ciò che fa la differenza è quanto tempo dedicate alla vostra professione, al di là del lavoro.
Nel caso di uno chef, per esempio, è prezioso quanto desideri investire, parliamo di tempo ma anche di denaro, nell’assaporare altro, nell’andare a pranzo o a cena da un collega, nello scoprire e nel lasciarsi contaminare, nell’incontrare nuove culture per riportare ogni esperienza acquisita nei singoli gesti che si compiono nella propria cucina”.
L’Executive Chef del ristorante Al Lago si soffermerà anche a parlare della Stella Michelin che nel 2017 si è potuto cucire sul petto, di come si raggiunge un tale obiettivo, di quanto importante sia l’organizzazione in cucina e anche della sua idea di “anarchia dittatoriale”, di creatività e del ruolo fondamentale della curiosità.
Non mancheranno riferimenti alla pandemia, a come ci ha cambiati e a come ha modificato l’approccio alla vita e al lavoro dello stesso Lenzi: “Sono uno stakanovista, lo sono sempre stato. Ma con la pandemia ho capito che è importante ritagliarsi degli spazi, non abbandonare i propri interessi, come quello per lo sport, e poi, prima di tutto, è fondamentale vivere la propria famiglia e i propri figli. E che a volte, quando le idee non arrivano o un piatto non è come vorresti, una passeggiata può aiutarti a rischiarare i pensieri”.