Una pellicola entrata di diritto nell’Olimpo della celluloide torna a far emozionare il pubblico a quarant’anni di distanza

Sono passati 41 anni da quel lontano 1984 quando una pellicola destinata a entrare nell’Olimpo della celluloide venne proiettata nelle sale cinematografiche vincendo, l’anno successivo (1985) ben otto premi Oscar. Ma del resto non poteva essere altrimenti, visto il personaggio attorno al quale ruotava la storia. Parliamo di “Amadeus”, il film diretto da Miloš Forman, ispirato all’opera teatrale di Peter Shaffer che, dopo un accurato restauro, è tornato nei cinema (solo per i giorni 24-25-26 marzo) per emozionare nuovamente il pubblico.

Fonte: Quattro Fontane

Un racconto che ha in sé intrighi e misteri in una Vienna settecentesca (anche se le riprese furono effettuate a Praga) dove Wolfgang Amadeus Mozart, il più grande Genio che la Musica abbia mai conosciuto, ha trascorso parte della sua corta ma intensa vita. Il Musicista, infatti, morì a soli trentacinque anni. Ed è proprio attorno a questa morte prematura che ruota l’intero capolavoro di Forman, dal forte contenuto narrativo anche se, gli studi hanno dimostrato che il Compositore austriaco morì per cause differenti da quelle ipotizzate dal regista.

Nonostante ancora oggi, la morte di Mozart sia avvolta dal mistero, una delle tesi ritenuta verosimile è quella dell’avvelenamento procurato da un marito tradito che, accecato dalla gelosia, aveva deciso di vendicarsi uccidendo l’Amante della moglie. In vero, Mozart era sempre stato attratto dalla bellezza femminile, nonostante fosse sposato con Constanze Weber, proveniente anch’ella da famiglia di musicisti e cantanti.

Ma le teorie sul decesso di Amadeus sono sempre state numerose: si è parlato di patologie croniche di cui però è risultato impossibile ottenere le prove; non è mai stata identificata la patologia acuta (probabilmente dovuta ad un’infezione) che, probabilmente, fece precipitare la situazione. Altre ipotesi hanno posto l’accento su terapie (per come potevano intendersi nel ‘700), di salassi. Qui, una vaga diagnosi, febbre miliare acuta, ha dato una descrizione ritenuta ufficiale per identificare la malattia mortale.

Ma veniamo alla pellicola. Forman, rifacendosi all’Opera ‘Mozart e Salieri’ (1830) di Aleksandr Puškin, più che la figura di Mozart (interpretata da Tom Hulce), universalmente riconosciuta come geniale, decide di far conoscere il suo antagonista, ovvero Antonio Salieri (con il volto di F. Murray Abraham). Il musicista italiano, divenuto Compositore di Corte presso l’Impero austriaco di Giuseppe II, viene dipinto come un uomo colmo di invidia per la netta superiorità del suo collega più giovane. Temendo di finire nell’oblio, Salieri (sempre in un’ottica narrativa) decide di fingersi “amico” del Genio per poi boicottare ogni sua opera e screditarlo agli occhi dell’Imperatore e di tutta la Corte. Ed è proprio lo stesso compositore a raccontare tali fatti al termine della vita quando, ormai vecchio e reduce da un tentato suicidio in preda ai rimorsi, viene trasportato in un manicomio. Qui, un giovane sacerdote recatosi nella struttura per dargli l’estrema unzione, si trova ad essere testimone di un racconto denso di intrighi e misteri sotto forma di confessione.

Mozart illustrato come un burattino (in base all’esposizione dell’anziano Salieri) presenta componenti di genialità e sregolatezza. Ma è sul finale che Forman decide di marcare il segno. Infatti, basandosi su un fatto realmente accaduto, ricostruisce il momento in cui ad Amadeus viene commissionato il famoso “Requiem”, dando una personale chiave di lettura. Un uomo, presumibilmente un servitore di Salieri, acquista una maschera, la stessa usata da Leopold Mozart (il padre di Wolfgang nel frattempo deceduto) durante una festa qualche tempo prima. Questa misteriosa figura (che potrebbe essere il servo o lo stesso Salieri) si reca di notte presso casa Mozart per commissionare al Musicista l’Opera. L’idea è quella di prendere, a lavoro finito, tutti i meriti spacciando per propria la composizione della Messa.

E, sempre nell’ottica di Forman, è proprio Salieri a scrivere sotto dettatura del collega ormai giunto alle sue ultime ore di vita, le parti del “Confutatis”.

Le vicende, si è scoperto col tempo, andarono diversamente e soprattutto non è mai stata riscontrata alcuna prova di tale macchinazione. Sappiamo, oggi, che il “misterioso” committente fu il Conte Franz Graf von Walsegg che volle il Requiem per poi prenderne tutti i meriti e dirigerlo per il primo anniversario della morte della moglie, come puntualmente avvenne. Il Nobile mandò un suo uomo di fiducia da Mozart per il pagamento dell’Opera. Il prezzo comprendeva anche la “cessione” dei diritti (potremmo dire così, anche se all’epoca non esistevano) nonché il silenzio da parte del Compositore austriaco che era assolutamente a conoscenza di ciò.

A distanza di oltre quarant’anni dall’uscita della Pellicola, presso il cinema romano “Quattro fontane”, in una sala gremita di spettatori, si è tenuta la proiezione restaurata ma, cosa assai particolare, sono stati esposti nel foyer i costumi di scena usati per la realizzazione della pellicola.

Una descrizione del film è stata fatta dal giornalista Antonio Monda che ha rivelato dei retroscena ai più sconosciuti, come “l’imposizione” da parte di Forman dell’attore Tom Hulce (nei panni di Mozart) al produttore Saul Zent che avrebbe preferito Mel Gibson o, in seconda battuta, Mark Hamill. Per quanto riguarda Miloš Forman, essendo divenuto cittadino americano ma cecoslovacco di nascita venne considerato un “traditore del Comunismo” e, per questo, tenuto sotto stretta sorveglianza da parte della polizia praghese durante la lavorazione del film. Sul set, si infiltrarono vari agenti travestiti da comparse ma, come spesso succede, la loro identità, divenne il classico “segreto di Pulcinella”, tanto che girata l’ultima scena di massa, come raccontò lo stesso regista, vi fu un brindisi per festeggiare la fine delle riprese e tutti gli attori, i tecnici e i veri figuranti ringraziano gli imbarazzati poliziotti per aver garantito loro la necessaria sicurezza.

Un’unica pecca: la pellicola è stata proiettata in lingua originale (inglese) e questo, senza nulla togliere alla bravura degli attori, ha abbassato seppur di poco la qualità. Non è dato sapere il perché di tale decisione ma è lecito chiedersi come mai, visto che la versione italiana ha ben due doppiaggi (quella da 2 ore e 40 minuti e la “Director’s cut” che contiene circa venti minuti di scene tagliate nella prima versione).

Un capolavoro senza tempo che fa conoscere la figura di Antonio Salieri sedicente patrono di tutti i mediocri (che in vero fu un ottimo compositore) e, qualora ce ne fosse bisogno, quella del Genio assoluto e indiscusso di Wolfgang Amadeus Mozart.

Stefano Boeris

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