Foro Italico, vecchie problematiche e nuove proposte
Il 6 luglio scorso si è svolto il convegno «Foro Italico Mon Amour – Difendere e valorizzare il ‘900», presso la Casa dell’Architettura, organizzato dall’Ordine degli Architetti PPC di Roma e provincia con il coordinamento scientifico dell’architetto Marco Maria Sambo.
Vecchie problematiche e nuove proposte sia politiche che tecniche si sono confrontate ma, a parere di chi scrive, senza la precisione dei layers cad drawing che, ognuno con la propria funzione, sovrapposti e combacianti, definiscono un progetto condiviso di restauro e sviluppo del Parco del Foro Italico.
Puntuali gli interventi dei tecnici relatori, corretti ma generici quelli dei politici intervenuti che non hanno chiarito le mie perplessità riguardo alle dichiarazioni (ANSA 13maggio 2023) del presidente di Sport & Salute Vito Cozzoli rilasciate durante lo svolgimento degli Internazionali di Roma: “Il Foro Italico quest’anno si è superato (si è passati da 95 a 125mila metri quadrati in più); è più grande, più accogliente, più innovativo, più artistico, con più servizi. La sua bellezza invece è rimasta identica”.
E nel convegno del Maxxi sul Foro Italico “Sguardi sul/dal Foro Italico” del 23 maggio 2023: “Storia, sviluppo e innovazione. Queste le tre direttrici su cui si muoverà il nostro intervento di sviluppo e valorizzazione grazie alle risorse messe a disposizione della struttura di missione che fa capo al Ministro Abodi … Vogliamo fare del Parco un vero monumento nazionale ‘vivente’, mettendo a sistema tutti i beni: dagli impianti sportivi agli edifici monumentali e valorizzando gli straordinari contenuti artistici ed architettonici”.
Sono dei concetti condivisibili ma l’interrogativo è come vadano realizzate queste idee.
Nei fatti qualche altra perplessità nasce quando l’ingegner Emiliano Curi, responsabile tecnico di Sport & Salute dice in un’intervista al Corriere della Sera del 13 maggio 2023 “…ci siamo accorti che qualsiasi nostra ipotesi cadeva di fronte alla perfezione delle soluzioni scelte da un grande autore come Luigi Moretti…” affermazione condivisibilema chenon si trova riscontro quando cita la biblioteca della Accademia della Scherma e il Palazzo GIL a Via Induno come esempi virtuosi. Confrontando le foto di epoche diverse del Foro Italico e quelle di progetti futuri sembrerebbe che la strada che si stia seguendo è quella di adattare tutto il complesso del Foro Italicoa quelle che sono le esigenze del momento e non quella di restaurare prima filologicamente tutto il complesso e dopo inserirvi delle funzioni compatibili con la storia e la qualità architettonica dei luoghi.
Fonte: Roma Sparita
I vuoti che vengono riempiti con nuove strutture sportive sono vuoti progettati che compongono il progetto originale e sono parte integrante di esso come l’obelisco, i mosaici e la sfera, e tutto l’insieme a sua volta e calibrato e rapportato con la collina di Monte Mario e il Tevere e divenendo essi stessi parte del progetto. La demolizione del vecchio stadio e la sua ricostruzione fuori scala, ancor più la copertura, al quale si è aggiunto il nuovo centrale del tennis alterano profondamente la composizione originale di Moretti basata su rapporti scalari e spazio-visuali con il contesto naturale e antropico.
Fonte: Sport e impianti
Come giocatore e amante del tennis posso essere d’accordo con quanto ha dichiarato il Presidente Cozzoli ma come architetto dissento fortemente che la sua bellezza sia rimasta invariata. Ideato e realizzato dall’architetto Enrico Del Debbio fra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta e completato fra il 1956 e il 1960, il Foro Italico romano è un esempio straordinario di architettura moderna del ‘900.
Altri dubbi nascono dall’Accademia della Scherma, la Casa delle Armi di Luigi Moretti, capolavoro internazionale brutalizzato negli anni Ottanta trasformandolo in aula bunker del Tribunale di Roma. Dopo anni di damnatio memoriae, oggi nonostante gli archivi, le pubblicazioni, recente la monografia edita da OAR dedicata a Luigi Moretti, mostre e convegni ancora non c’è una comprensione del suo linguaggio architettonico che miri a un corretto restauro filologico e al ripristino dell’originale.
Un altro aspetto che richiede delle riflessioni è che nel restauro generale di tutto il Foro Italico e soprattutto delle Casa delle Armi non risulta che siano stati consultati studiosi di quel periodo storico, esperti di restauro del moderno e istituti universitari di competenza accertata.
Il restauro della Casa delle Armi, prima dal punto di vista filologico e poi tecnico, è molto delicato, basta pensare ai marmi dei rivestimenti esterni (livello di carbonatazione, stato delle malte di adesione, consolidamento ecc.). Quando s’interviene in uno spazio urbano architettonicamente composito, bisognerebbe valutare tutti gli elementi e la loro storia perseguendo un equilibrato dialogo con la struttura originale e i nuovi spunti progettuali.
Lo strumento del concorso, dovrebbe essere la norma per attuare gli interventi di trasformazione della città, è dal confronto delle proposte progettuali che si da democraticamente dignità, centralità e qualità a tutto l’iter del progetto d’architettura, essenziale in un intervento di restauro e riqualificazione di uno spazio pubblico e monumentale come il Foro Italico. È dal confronto e valutazione di più proposte progettuali che possono nascere nuove indicazioni.
Come si fa a non pensare al complesso del Foro Italico senza considerare al di là del Ponte della Musica lo stadio Flaminio, il Palazzetto dello Sport e poli culturali come il Maxxi e l’Auditorium? Penso che sarebbe opportuno, visto il sempre maggiore successo degli Internazionali di Tennis inseriti stabilmente nel circuito ATP World Tour Masters 1000 e nel circuito WTA 1000 valutare in altra zona uno nuovo stadio del tennis moderno e funzionale.
Altro aspetto che si evidenzia in questo caso è la necessità dei piani di conservazione e manutenzione programmata per tutti gli edifici storici e comunque pubblici anche se in carico a un ente o ministero, avendo costatato che il vincolo diretto, passivo e discrezionale, in alcuni casi non è stato sufficiente a preservare opere architettoniche di notevole interesse, opinione questa da molti condivisa.
La trasformazione della Casa delle Armi in museo multimediale dello sport è veramente difficile da immaginare. A quel punto sarà un addio alle armi e rimarrà solo la casa.
Paolo Verdeschi