Il Paese che fa ancora i conti con il suo passato
Erano le 18:20 del 7 gennaio 1978, nel cuore del quartiere Tuscolano. Via Acca Larentia, la strada che porta il nome di un’antica divinità del mondo etrusco. Cinque militanti del Movimento Sociale Italiano, impegnati nel volantinaggio per un concerto di musica alternativa di destra degli “Amici del Vento”, furono assaltati con armi automatiche. Franco Bigonzetti, militante ventenne, rimase subito ucciso.
Il diciottenne Francesco Ciavatta, anche lui impegnato nel MSI, tentò di fuggire ma venne inseguito e colpito alla schiena, morendo qualche minuto dopo durante il trasporto in ospedale.
Col diffondersi della notizia una folla di attivisti si radunò sul luogo dell’accaduto, dove si verificarono tensioni con le forze dell’ordine ed i giornalisti. Momenti di panico che culminarono con l’uccisione di Stefano Recchioni, anche lui militante MSI, sulla cui morte restano dubbi e misteri.
Fonte: Leccenews24
Qualche giorno dopo, la spedizione fu rivendicata dai Nuclei Armati per il Contropotere Territoriale, un gruppo terrorista ignoto fino a quel giorno.
Dopo anni di inchieste e mancate verità, restano molte ombre e tanti misteri su una delle pagine che caratterizzarono gli anni di piombo, fatti di mistificazioni, complotti, violenza e tensione. Nel 1988, nel covo delle Brigate Rosse in via Dogali a Milano, venne rinvenuta una delle armi con cui il commando aprì il fuoco in via Acca Larentia, la stessa con cui vennero firmati tre omicidi delle BR per la costruzione del Partito Comunista Combattente. Nel 2013 venne ricostruita la provenienza dell’arma, acquistata nel 1971 dal cantante Jimmy Fontana e venduta nel 1977 ad un commissario di polizia. Resta il mistero di come l’arma sarebbe arrivata nelle mani dei terroristi.
A distanza di quasi 50 anni, il ritrovo dei militanti di destra in via Acca Larentia, per commemorare le morti di Bigonzetti, Ciavatta e Recchioni, si sono trasformate in riti nostalgici che hanno portato più volte alla richiesta di divieto della manifestazione per apologia di fascismo. È proprio su questo punto che si gioca la beffa storica di Acca Larentia. Se da un lato la commemorazione di giovani militanti non dovrebbe lasciare spazio ad alcuna polemica, dall’altro, l’evento, trasformatosi sempre più in una riunione di ostentato orgoglio del culto fascista e dei suoi simboli, toni e messaggi, non può e non deve trovare neanche un piccolo varco.
Fonte: Luce
Così anche oggi, come tutti gli anni, il dibattito si sposterà sulla polemica politica, di una destra che non riesce ad affrancarsi da una matrice di estrema destra, ideologica, nostalgica che usa furbescamente, ipocritamente e beffardamente la commemorazione dei propri militanti, di una sinistra che cavalca l’antifascismo per serrare i ranghi, trovare unità e coltivare quel senso di progresso che regredisce ogni qual volta l’orizzonte del futuro si sposta ad una battaglia fuori dal tempo.
Il fascismo è una pagina nera della storia di questo Paese, che lascia in eredità un atteggiamento, un comportamento, trasversale a tante forze politiche e classi sociali, rinominato con il titolo di una raccolta di opere di Pierpaolo Pasolini “fascismo dell’antifascismo”, che Pasolini riconduce ad una modalità tipica di organi di informazione, istituzioni, partiti, che dietro al velo di ipocrisia mostrano punti di convergenza con il metodo fascista che vive negli istinti prevaricatori e nella ricerca di sopraffazione morale, culturale ed ideologica. Un istinto comune a tanti, a troppi.
Alberto Siculella