Attraverso algoritmi sempre più numerosi, siamo arrivati ad avere macchine in grado di vedere, sentire, fare calcoli e prendere decisioni in autonomia
Lo scorso 2 novembre si è tenuto a nord di Londra, nella storica residenza di Bletchley Park, il primo vertice internazionale dedicato allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. All’incontro, celebratosi nello stesso luogo in cui gli inglesi decifrarono nel 1940 il Codice Enigma della Germania Nazista, hanno partecipato numerosi leader mondiali e importanti esperti del settore hi-tech e delle nano tecnologie.
Il summit ha rappresentato, peraltro, un’occasione unica per parlare anche del futuro del pianeta e di come l’A.I. rivoluzionerà le nostre vite. Una rivoluzione che, al pari di quella del vapore e del computer, è ormai imminente e che segnerà inevitabilmente una svolta nel percorso evolutivo dell’uomo.
Fonte: Dagospia
Tuttavia, a differenza dei suoi illustri precedenti, questo nuovo traguardo della scienza rischia di avere conseguenze incerte per il nostro avvenire.
Inequivocabili, in tal senso, sono state le parole del premier britannico Sunak, fervente sostenitore della ricerca in questo campo. Aprendo i lavori della conferenza, esso ha voluto sottolineare quanto “lo sviluppo sicuro della A.I. sia fondamentale per il progresso dell’umanità, purché presidiata da solide barriere etiche”. Sulla stessa linea si sono collocati anche gli Usa, che hanno giudicato catastrofica l’ipotesi che la “Quarta rivoluzione industriale” possa liberare un “selvaggio” difficilmente domabile da parte dei governi nazionali. Tale aspetto della discussione, non a caso, ha costituito il nodo principale su cui si sono soffermati gli altri interventi. A partire da quelli di Sam Altman, creatore di ChatGPT, e, soprattutto, di Elon Musk.
Il magnate sudafricano, novello stregone di questa nostra era ipertecnologica, ha posto l’accento proprio sui problemi di gestione del fenomeno, qualora non si pervenisse a un’efficace regolamentazione di esso da parte della legislazione. Ciò ha inevitabilmente riaperto il dibattito fra i critici e ha riproposto l’atavico interrogativo se tale corsa alla tecnologia non metta a repentaglio la sopravvivenza della società stessa.
Per comprendere, dunque, meglio l’argomento è allora il caso di chiarire cosa è l’Intelligenza Artificiale e in che modo dovremo rivedere il nostro stile di vita. A dispetto di quanto rappresentato dalla fantascienza cinematografica, l’Intelligenza Artificiale è presente nelle nostre vite da molto più tempo di quello che crediamo.
Fonte: Leanpull
I primi software che facevano uso dell’A.I. furono, infatti, brevettati negli anni “60” dall’IBM per svolgere teoremi matematici in grado di fare analisi e rielaborare dati utili per il buon funzionamento del mercato. Successivamente, grazie anche allo sviluppo della biologia, gli scienziati iniziarono a sperimentare la creazione di “reti neurali”, ovvero reti in grado di riprodurre, combinando informatica e psicologia, una vasta gamma di comportamenti umani.
Attraverso algoritmi sempre più numerosi, siamo arrivati ad avere macchine in grado di vedere, sentire, fare calcoli e prendere decisioni in autonomia, affiancando alla conoscenza di base una sapienza frutto dell’esperienza. Una prima applicazione di questo tipo di conoscenza non sterile si è avuta già a partire dagli anni “80” e ha coinvolto prevalentemente il settore automobilistico e quello dei giochi da tavolo (specialmente gli scacchi).
Ad oggi, strumenti che impiegano l’Intelligenza Artificiale sono presenti nelle più svariate attività che accompagnano la nostra vita. Dalle applicazioni di riconoscimento vocale a quelle che permettono di guidare in sicurezza, da quelle che affiancano la medicina nelle diagnosi dei tumori a quelle che consentono di anticipare le operazioni di borsa, gli esempi si sprecano e sono destinati a crescere. Così come, parallelamente a tale sviluppo, spariranno lavori e mestieri.
Durante il suo intervento, Musk ha entusiasticamente affermato che grazie all’A.I. in futuro nessun uomo avrà più bisogno di lavorare, riuscendo le macchine a svolgere un’opera migliore e in minor tempo. Un fatto che in molti casi è già realtà e che promette di destabilizzare ulteriormente il sistema oltre ogni speculazione pseudoscientifica. Non è immaginabile pensare che la vita umana possa, come questi giganti del web lasciano sovente intendere, essere relegata a un ruolo puramente vegetativo o auto-conservativo. Così come non è realistico credere che l’esistenza possa svolgersi al di fuori della dimensione fisica (come nel Metaverso) o svincolata da qualsivoglia legame sociale. Qualora si giungesse a questo, ovvero alla progressiva sostituzione dell’uomo con la macchina, il mondo per come lo conosciamo si incanalerebbe verso un sentiero fosco e oltremodo incognito. Pertanto, proprio per evitare l’apertura di un infausto vaso di Pandora, il vertice si è concluso con un accordo che impegna i governi a regolamentare il fenomeno da qui a cinque anni.
Il rischio di lasciare zone franche da parte della legge, con conseguente delega al mercato, potrebbe rivelarsi nefasto per la salvaguardia degli equilibri mondiali. Lo abbiamo visto durante la pandemia prima e con la guerra dopo.
L’afflusso di notizie false, manipolate dall’A.I., ha contribuito grandemente a seminare il panico fra le persone, acuendo quel senso di alienazione che ci rende tutti vittime di questa incombente Babele tecnologica.
Gianmarco Pucci