Serve una nuova stagione da vera Italia per uscirne più forti, pur malconci
Sfiniti psicologicamente, esausti mentalmente, questa pandemia ha reso più fragile ciò che era vulnerabile e scalfito ciò che sembrava più resistente.
Il nostro Paese ha mostrato lacune a più livelli, ma ne va riconosciuto anche lo spirito di abnegazione, la capacità di resistere alla prima, seconda, terza e quarta ondata. Il turismo che fino al 2019 era un traino fondamentale, rappresentando il 16% del PIL, ha conosciuto la più grave crisi di sempre, ancora più visibile nelle città a forte trazione internazionale. Nel baratro del turismo ci sono scivolati gli operatori di un indotto allargato: ristoratori, servizi di trasporto, commercianti, operatori museali, organizzatori di eventi e figure annesse ad uno dei mercati più ampi del nostro Paese.
Le restrizioni prima, le varianti dopo, hanno messo in ginocchio una Nazione già sfiancata da anni di mancate valide riforme, di un’economia troppo indebitata, di una politica troppo autoreferenziale, incapace di traguardare obiettivi lungimiranti.
Famiglie, imprese e lavoratori oggi si trovano davanti ad un destino incerto, in attesa di una messa a terra sostanziale e sostanziosa di fondi europei, stanziati per una ripartenza, che per riuscire, non può che essere strutturale. La digitalizzazione dovrà comportare semplificazione, trasformare carte in dati, coordinare attività con gestionali e software, facilitare e uniformare procedure e pratiche, snellire i processi lavorativi, nonché migliorare le prestazioni al cliente/consumatore. E per fare ciò serve partire dall’inserimento di nuove risorse, fresche, formate, intraprendenti, che al momento continuano a scappare all’estero.
Serve ripartire da un piano energetico serio, sostenibile ed efficace, per soddisfare la domanda interna e liberare famiglie e imprese dal cappio della speculazione in atto. Serve una nuova stagione, fatta di meno sprechi, più investimenti per le nostre scuole, università, per la mobilità e per le infrastrutture, che sostenga una nuova era della sanità pubblica e che dia nuovo impulso ad arte e cultura.
Una stagione che motivi l’arrivo di nuovi capitali nel nostro Paese.
Una stagione nuova, da vera Italia, non l’Italia di qualcuno, ma l’Italia di tutti noi, per uscirne più forti, pur malconci.
Alberto Siculella