Intervista ad Antonella Betti, assistente sociale e giornalista, candidata con Forza Italia alle Elezioni Regionali del prossimo 12 e 13 febbraio 2023
Dottoressa Betti, cosa l’ha spinta a candidarsi alla Regione Lazio? da dove nasce questa scelta e, soprattutto, chi l’ha ispirata in tal senso?
Ad ispirarmi è stata, in modo particolare, la senatrice Binetti e tutto l’Udc che, quale erede diretto della tradizione democristiana, difende i valori della famiglia, della vita e del lavoro, dall’inizio alla fine del ciclo vitale dell’individuo. E poi, perché con la Pandemia sono aumentati i problemi delle persone, specialmente la povertà, e ciò mi ha convinto a scendere in campo per dare il mio contributo al benessere della comunità e allo sviluppo del territorio.
A proposito di questo, la sua è un’agenda molto sociale, imperniata su temi di grande e cogente attualità. Sul lavoro, ad esempio, parla della necessità di favorire la crescita dell’imprenditoria giovanile. Quali interventi, qualora venisse eletta, si sentirebbe di proporre in Consiglio per rendere nuovamente il Lazio attrattivo dal punto di vista degli investimenti?
Innanzitutto, per capire quanto possiamo spendere per il cittadino, dobbiamo verificare e rendere pubblico il bilancio regionale, attivo e passivo, perché non si può stilare un progetto senza sapere quanto e cosa erediteremo dalla giunta precedente, nel caso in cui dovessimo vincere le elezioni. In secondo luogo, bisognerà vedere, esaminando le delibere regionali, come questi soldi vengono ripartiti fra le varie convenzioni (sanità e infrastrutture) per snellire e recuperare quegli utili da reimpiegare nell’imprenditoria.
Nel suo programma, articolato essenzialmente in cinque punti, lei parla anche di sanità. Un tema che ci riguarda tutti da vicino, in particolar modo per ciò che concerne la cattiva gestione del servizio ai cittadini. Per non parlare degli errori medici, che in Italia fanno circa 300.000 vittime l’anno. Qual è la sua esperienza al riguardo?
Io, purtroppo, ho perso mio padre per un caso di malasanità, durante la Pandemia. Essendo lui un malato oncologico, i medici non hanno adottato tutte le cautele del caso e, quindi, questa è una questione che mi tocca personalmente. Anche qui, ho rilevato sperpero di denaro della Regione. Sarebbe interessante, infatti, capire perché ci sono ospedali che funzionano, altri che chiudono reparti come il San Camillo, il San Carlo di Nancy o il CTO e molti altri che, a causa della carenza di personale e della riduzione dei posti letto, lavorano ad operatività dimezzata. Ritengo, inoltre, scandaloso che per effettuare gli interventi si debba ricorrere ai medici indiani, o cubani, quando è accertato che i dottori italiani sono fra i migliori al mondo per serietà e competenza.
Venendo al tema dell’infanzia, lei hai scritto un libro (Vite strappate in Italia dagli anni “70” ad oggi) molto interessante, che illumina su un argomento di cui non se ne parla mai abbastanza, ovvero quello dell’affido dei minori. Un tema che ha riscosso una certa notorietà a livello nazionale a seguito dello scandalo di Bibbiano, salvo poi tornare nell’anonimato. Nel suo libro, in cui riporta anche la sua esperienza personale, lei parla di un vero e proprio olocausto silenzioso, che produce oltre 40.000 affidi coatti all’anno e, al riguardo, lei ha proposto il programma “Allontanamento 0”. Di cosa si tratta?
Io sono la “bambina 0” dei furti affidi e illeciti dei minori. Quella dell’incendio nell’archivio dei nuovi nati del 1984 e sono stata salvata dalla senatrice Binetti, che ha scoperto la mia storia, contribuendo ad avviare l’inchiesta “Angeli e Demoni” su Bibbiano. La mia storia è stata reputata la più grave forma di violazione dei diritti umani nella storia del nostro Paese e questo ha permesso di istituire anche delle commissioni ad hoc sull’argomento, come la commissione diritti umani, presieduta dalla senatrice Pucciarelli. Il progetto nasce in Piemonte, dove il programma “Allontanamento 0” è già attivo e prevede che, in assenza di un giustificato motivo di allontanamento, resta privilegiato l’allocamento del minore presso la famiglia d’origine. Io vorrei attuare la stessa iniziativa nel Lazio e vorrei che il governo estendesse tale delibera a tutto il territorio nazionale.
Ritornando sul tema della famiglia, altra drammatica emergenza sociale, di cui i nuclei familiari sono troppo spesso il teatro principale, è quello del contrasto alla violenza di genere. Lei ha chiesto di aggiornare e migliorare il Codice Rosso. A quali modifiche avrebbe concretamente pensato per rendere la repressione del fenomeno più efficace e pronta da parte delle Istituzioni?
Qualora venissi eletta mi spenderò per la modifica della delibera regionale attuale, proponendo, in sua vece, l’attuazione del modello già in vigore in altri Paesi europei, Spagna e Francia su tutti. Tale sistema prevede l’attivazione immediata del circuito dell’emergenza. Quando cioè la vittima trova il coraggio di andare a denunciare le violenze subite, deve avere a disposizione un sistema che l’accolga, la riesca a proteggere e la trasferisca dalla casa coniugale a una struttura sicura. Tale norma era già presente nel progetto originario del disegno di legge sul Codice Rosso, ma non è stata convertita in legge in sede di approvazione parlamentare. Credo che sia ora di colmare, dunque, tale lacuna legislativa, apportando delle modifiche concrete al testo normativo.
Lei è mamma di una bambina. I figli, essendo un’irrinunciabile estensione di noi stessi, ci proiettano in avanti, verso il futuro. Che Regione immagina fra dieci anni e che ruolo pensa di avere in essa?
Ha toccato un punto centrale della mia campagna, perché se io mi sto candidando è anche per proteggere mia figlia. Io immagino una Regione più sistemica, più aperta ai bisogni dei cittadini e dialogante con loro, anche attraverso l’istituzione di tavoli partecipativi. Il cambiamento che vorrei, per mia figlia e pure per gli altri bambini, sta nel non vedere più nelle scuole delle mamme che hanno paura di portare lì i figli, perché c’è il rischio che qualcuno glieli levi. O, ancora, gente che muore su una barella, perché negli ospedali c’è carenza di medici. Tutti fattori che sono concatenati fra loro e che richiedono risposte all’insegna dell’equità, della trasparenza e del dialogo attivo con il cittadino.
Gianmarco Pucci
Ho sentito parlare questa donna in uno dei suoi eventi elettorali cosa posso dire? Mi ha conquistato è l’unica che dopo anni è riuscita a farmi credere di nuovo in una figura politica