Un duro lavoro dei nostri investigatori che insieme a Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza, nel corso degli anni hanno dedicato la loro vita per cogliere questo obiettivo
Dopo una incredibile latitanza di 30 anni, finalmente lo Stato ha assicurato alla giustizia Matteo Messina Denaro, forse l’ultimo capo di Cosa Nostra.
Un duro lavoro dei nostri investigatori che insieme a Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza, nel corso degli anni hanno dedicato la loro vita per cogliere questo obiettivo. Quindi siamo grati alle forze dell’ordine per aver arrestato l’uomo che organizzò le stragi di Capaci e Via d’Amelio. Messina Denaro rappresentava in Cosa Nostra l’ala stravista e proprio a lui si deve l’omicidio del piccolo figlio del pentito di mafia che, una volta ucciso, è stato sciolto nell’acido. Non ci sono quindi termini per definire questo criminale.
Le cronache di questi giorni sono piene di descrizioni di come da latitante viveva nel lusso più sfrenato, coperto dalla fitta rete di solidarietà da parte del territorio. In questi giorni ne abbiamo sentite tante. Sono riemerse le teorie complottiste che danno letture sempre cupe su questo tipo di eventi. Certo è che 30 anni di latitanza si riescono a fare con aiuti del territorio e da parte di chi nelle istituzioni, rema contro. Ma sono storie note se si pensa alla solitudine in cui sono stati lasciati soli sia il Generale Dalla Chiesa che Paolo Borsellino, che hanno trovato proprio nelle istituzioni, nemici che hanno favorito la loro eliminazione.
Non mi appartengono le teorie complottiste per cui festeggio senza se e senza ma, questo successo dello Stato contro la mafia. Abbiamo vinto una battaglia importante, non certo la guerra.
E veniamo al governo. Come previsto il successo è la popolarità della premier ha un po’ incattivito gli alleati di governo che, invece di gioire e contribuire al bene comune, fanno in modo di portare avanti quella microconflittualità che può danneggiare l’azione di governo. Sia Salvini che Berlusconi, creano polemiche inutili e i loro distinguo non favoriscono l’immagine del governo. Su troppi provvedimenti creano problemi per cercare maggiore visibilità. Visione miope, soprattutto perché per loro questa è una occasione storica.
Certo, questi primi mesi di governo si mostra una scarsa esperienza nel portare a casa i risultati. Si è sempre detto che cosa diversa è stare all’opposizione e al governo e, in questi primi passi, sono stati effettuati troppi ripensamenti e cambiamenti che testimoniano una scarsa capacità di fare politica, tenendo coesa la maggioranza. Probabilmente servono dei tessitori capaci di mediare senza stravolgere i provvedimenti che si vogliono portare avanti.
Se il governo dimostra un po’ di inesperienza in casa, in campo internazionale, la Meloni riscuote simpatia e successo. Tante sono state le aperture nei suoi confronti da leader che temevano chissà quali stravolgimenti in politica estera, che in realtà non ci sono stati. Certo, si proverà a proporre una Europa diversa e più solidale, cercando di limitare gli egoismi tedeschi e dei paesi del nord Europa, attenti a difendere i propri interessi. Bene fa il governo italiano a rivendicare stessi comportamenti per tutti.
Nell’opposizione, si registra la tragica fine del PD. Dopo la batosta elettorale tutti si aspettavano una profonda riflessione. Si rincorre invece il Movimento 5S, e, tutti I candidati invocano il ritorno di Bersani e D’Alema. Pazzesco. Vogliono rifondare il partito, riportando a galla l’ala comunista, la famosa ditta, che ha suonato l’inno sovietico nell’ultimo congresso della CGIL. Credo che nel PD sia definitivamente terminata la stagione riformista, che voleva creare una sinistra di governo capace di leggere e interpretare il futuro. Si è invece scelto di ripiegare verso il passato, creando i presupposti per una sinistra populista e antagonista. E in questo i 5S, sono anche più bravi, e i sondaggi lo testimoniano. Insomma, il PD come i socialisti francesi, inglesi e americani che magari potranno anche prendere voti, ma mai sufficienti per governare. Insomma, una fine malinconica.
E mentre governo e opposizione cercano di trovare una strada, aumenta tutto e, come al solito, paghiamo noi.
Due parole sulle elezioni nella nostra Regione. Si affrontano l’assessore che ha brillantemente gestito la crisi del COVID, a scapito dell’offerta di sanità pubblica, Alessio D’Amato e Francesco Rocca, Presidente della Croce Rossa. Se si dovesse votare giudicando i risultati della giunta Zingaretti, non ci sarebbe discussione e dovremmo votare Rocca ma, come sempre, il voto sarà condizionato dalle tendenze nazionali, e anche qui vedo il vento in poppa alla coalizione di centro destra con la Meloni stabilmente avanti nei sondaggi. Peserà la questione del caro benzina? Lo vedremo il 13 febbraio ma intanto andiamo a votare e non lasciamo ingrossare ancora di più il partito dell’astensione.
FRANGES