Il Calcio: uno sport che a tutti gli effetti si è trasformato in finanza, lobby, interessi politici ed equilibri geopolitici
No, non si tratta della seconda mancata qualificazione ai mondiali da parte della nostra nazionale. Si tratta di qualcosa di ben più grave. È una questione di etica, morale. Di giustizia. Riguarda uno sport che a tutti gli effetti si è trasformato in finanza, lobby, interessi politici ed equilibri geopolitici.
Ma partiamo dai fatti. Nel 2015 un’inchiesta internazionale scuote i piani alti della FIFA, la Federazione internazionale del Calcio, con sede a Zurigo, da cui dipendono equilibri e poteri dello sport più profittevole al mondo, per audience e consumi indotti.
Dalla stessa FIFA dipende l’assegnazione dei mondiali, ed i Paesi che ne richiedono di ospitare lo svolgimento sono consapevoli della portata di tale manifestazione, che non si ferma a quella sportiva, ma incrocia interessi finanziari, politici ed economici, legittimi e non. L’accusa per i dirigenti arrestati fu quella di corruzione e riciclaggio.
Nel documentario Netflix “Fifa uncovered” si raccolgono testimonianze e documentazioni di un processo di distribuzione di poteri e favori, in cambio di nomine e accordi che permettono ad un Paese di ospitare la manifestazione sportiva del mondiale di calcio, anche se il Paese non rispetta dei criteri. Così, arrivando agli ultimi mondiali, si osserva come prima per la Russia ed oggi con il Qatar, siano stati più rilevanti le dotazioni economiche che non i requisiti dei Paesi.
Il Qatar ospita il mondiale 2022 nonostante fosse privo di impianti sportivi, di strutture ricettive adeguate ad accogliere le varie federazioni e non ultimo le temperature, che nel periodo estivo, non avrebbero permesso lo svolgimento in sicurezza per la salute di atleti, staff, addetti e tifosi.
Condizione quest’ultima che ha costretto ad una storica prima assoluta: un mondiale invernale.
Un’operazione che ha visto il Qatar impegnarsi in quell’operazione che “anche alla Francia sarebbe convenuta” e che ha smosso massicci investimenti dei fondi qatarioti in flotte aeree e investimenti sportivi, come l’acquisizione del Paris Saint Germain, principale squadra della capitale francese. Il tutto portando indagini e scandali, in Francia come nel Regno Unito.
Condizioni ancora più proibitive se si pensa al lavoro fatto in questi anni per realizzare dal nulla tutti gli impianti sportivi, hotel e villaggi sportivi, che finito il mondiale resteranno reali cattedrali nel deserto o interamente rimossi.
Condizioni disumane, di manodopera e lavoratori, prevalentemente del sud est asiatico, che hanno lavorato con una media dell’equivalente di circa 300 euro al mese per turni massacranti ed in barba a qualunque regola di sicurezza, nel totale silenzio di media e istituzioni.
In sei anni sono stati costruiti ben sette stadi, dotati di aria condizionata, impianti che mantengono la temperatura costante, con un enorme impatto a livello ambientale. Sono stati impiegati circa 2 milioni di lavoratori, di cui, stando a fonti internazionali e testate prevalentemente inglesi e tedesche, ne sono morti oltre 5 mila, a causa di condizioni massacrati e di assenza di protocolli di sicurezza.
Stesso silenzio che diventa assordante sulle motivazioni che spingono la FIFA a fare tappa, con tutto ciò che comporta in termini di benefici, in un Paese che è da anni al centro di aspre polemiche sul mancato rispetto dei diritti umani. Da ultima in ordine cronologico la sparata contro le comunità gay e lgbt: “l’omosessualità è contro la legge ed è una malattia mentale”. Parole di Khalid Salman, che ha invitato a non fare polemiche e ad adeguarsi alle leggi del suo Paese.
L’obiettivo del Qatar è rilanciare, grazie ad un’operazione di sport washing, l’immagine internazionale del Paese a livello mondiale, per incidere ancora di più non solo nel mercato dell’energia e, tramite i fondi, far pesare l’impatto della propria capacità di spesa in settori che spaziano dallo sport, all’intrattenimento, turismo, moda, commercio e altri settori in cui si sta determinando un nuovo equilibrio internazionale.
Una marcia di avvicinamento che si conclude il 20 novembre, con il primo fischio d’inizio, che darà il via ad un mondiale in cui l’Italia non è presente per suoi demeriti sportivi, e che tutti noi dovremmo boicottare per responsabilità civile.
Alberto Siculella