Ieri mattina all’alba è ufficialmente iniziata l’invasione russa dell’Ucraina
Ieri mattina all’alba è ufficialmente iniziata l’invasione russa dell’Ucraina. L’assalto è stato preceduto, come da copione, da un discorso di Putin alla nazione, attraverso cui il leader russo ha annunciato l’intervento militare “speciale” nel Donbass. Al pari del comunicato dello scorso 21 Febbraio, Vladimir Putin ha legittimato tale atto di forza ribadendo la necessità di ripristinare l’ordine in quella che lui considera nient’altro che una provincia di Mosca. Una provincia ribelle che con le proprie pretese filoatlantiche, avallate dalla Nato e dall’Occidente, ha messo a repentaglio la sicurezza della Russia e dei suoi alleati. Almeno questo è quello che sostiene lui. Il capo del Cremlino ha, infine, ammonito l’Occidente dall’ interferire nella crisi in atto, pena sanzioni mai viste prime. Avvertimento che non ha lasciato indifferenti le cancellerie occidentali, sempre più preoccupate da questa drammatica escalation militare. Per il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, Putin ha condotto l’Europa sull’orlo del baratro e ne pagherà le conseguenze con durissime sanzioni economiche. Dello stesso tenore le reazioni degli altri leader europei. A partire da Boris Johnson, che nel suo ultimo intervento alla Camera dei Comuni ha definito Putin dittatore e ha annunciato misure draconiane in grado di distruggere l’economia russa. Misure che sono al vaglio anche della Commissione Europea e che, come ventilato durante il vertice speciale del G7 di ieri pomeriggio, si preannunciano severissime. Tali sanzioni colpiranno tanto persone fisiche quanto persone giuridiche( aziende e asset strategici). A venire danneggiate saranno soprattutto le fabbriche operanti nel settore della difesa e delle nuove tecnologie. Settori strategici dell’industria russa e che, unitamente al blocco dei pagamenti col sistema Swift, impediranno alla Russia di accedere al credito e ai mercati occidentali. Ingenti danni si prevedono anche per il settore turistico, che a causa dello scontro in atto vedrà un restringimento dei visti per i paesi europei di oltre il 70%. Tuttavia, da questo primo pacchetto di misure è stata esclusa l’energia. Metà dell’Europa, infatti, dipende per circa il 50% del proprio fabbisogno energetico proprio da Mosca. Un problema che riguarda da vicino anche il nostro paese e che rischia di ripercuotersi nel lungo periodo sull’economia italiana. Per questo motivo nel Consiglio di ieri sera è stato deciso, dopo il blocco del gasdotto Nord Stream 2 da parte della Germania, di rinviare le sanzioni energetiche a un momento successivo, nella speranza che Putin retroceda dai suoi propositi guerrafondai. Una speranza che, però, diventa sempre più flebile con il passare delle ore. La morsa militare che cinge attualmente l’Ucraina infatti sembra andare nella direzione contraria a ogni soluzione diplomatica. Eppure, nonostante la strada sia molto stretta, la Russia non ha finora mai escluso di poter tornare a sedersi al tavolo dei negoziati. A condizione, però, che Kiev rinunci alla sua pretesa di entrare a far parte della Nato. In tal senso, l’invito rivolto ieri pomeriggio a Zelensky è suonato come un sinistro ultimatum rivolto dalla Russia all’Ucraina in vista della possibile capitolazione del paese. Debacle che sembra ormai essere nell’aria e che pone una domanda fondamentale: l’Occidente è davvero disposto a morire per Kiev? A giudicare dalle risposte giunte dalla Nato e dagli Usa sembra proprio di no. Per gli alleati, infatti, una guerra su vasta scala è possibile solo in caso di estensione del conflitto ai paesi dell’Europa Orientale membri della Nato( come la Polonia o i paesi baltici). Uno scenario al momento surreale, ma che rende bene l’idea di come in questa guerra ad avere il coltello dalla parte del manico sia Vladimir Putin e non l’Occidente.
Gianmarco Pucci