È sulla corrispondenza tra città e cittadini e nell’incontro comprensivo con il nostro mestiere che si fonda il valore civile di quest’arte
Questo Festival, anche musicale, sì musicale e con pranzi di quartiere, perché gli architetti le cose le fanno bene, procede nel migliore dei modi, un po’ di divertimento è assolutamente benefico a conclusione delle giornate dense d’interventi e confronti. Molti giornali hanno dato rilievo a questo evento, tra cui l’intervista all’attuale Presidente dell’Ordine degli Architetti di Roma, Alessandro Panci, promotore con tutto il consiglio OAR di questa kermesse del costruire.
Kermesse, oltre il suo significato originale, significa anche festa popolare, tra le novità di questa manifestazione.
L’intervista a Panci inizia con una metafora, quella del Titanic che affonda mentre si fa festa. Riusciranno gli architetti festaioli a non far colare a picco la città? Io penso di sì, perché questo Festival ha lanciato un messaggio: l’architettura va narrata a quei cittadini che la ritengono superflua.
L’architetto è costoso, che sa fare solo disegnini, fa spendere un sacco di soldi, fa cose che non si reggono in piedi, no grazie c’è un geometra amico mio, no grazie questa è una pratica da ingegnere, vado da quello perché conosce quell’altro, quell’altro con una settimana ottiene il permesso a costruire, vai in quel negozio di arredamento, il vigile urbano, il vigile del fuoco, il vigilante e chi più ne ha più ne metta, queste sono spesso i luoghi comuni per non apprezzare la nostra professione. Ho iniziato circa venti anni prima di Alessandro Panci, il mio percorso professionale tra cantiere e “Quindicesima”, e chi ha la mia età, sa di cosa parlo.
Il lunedì e giovedì si aggiravano vari personaggi, tra questi un distinto signore in giacca cravatta e borsa di cuoio che passava da una stanza all’altra salutando i tecnici del comune con fare amichevole e regalando loro biglietti della lotteria con in mezzo qualche buono carburante.
Qual era il suo lavoro? “Seguiva le pratiche” per conto di clienti ingenui o giovanissimi professionisti sgomenti dai burocrati, dai regolamenti e delibere che l’esasperante burocrazia produceva a getto continuo in silenzio e per pochi eletti. Lo sgomento, per aver studiato da Vitruvio ad Aldo Rossi mi venne quando moglie e marito si presentarono a studio con una rivista monografica sui casali del ‘600 nella campagna inglese quale modello per un appartamento alla Balduina.
Ci deve essere una perversione arcana che proviene da un altro pianeta, quello della complicazione, a rendere ostile questo mestiere che in molti ritengono creativo e che si esaurisce con una idea, un disegnino che non vanno pagati.
Perché ci sono le tariffe? No, e allora! Nella realtà è un percorso di guerra tipo quello delle esercitazioni dei nerboruti marines americani con il volto tinto nero. Inclinate e distacchi, altezze medie, SUv(non è un fuoristrada), DC(non è un partito politico) RE3, MS(non è un partito politico estinto), RC(non è la polizza assicurativa). Occorrono Archimede e Pico della Mirandola per ricordarsi a cosa corrispondono per poi vagare da un articolo che rimanda all’altro come in un labirinto.
Non capisco perché per la lettura dei PPTR non abbiano fornito pure la Lapide di Rosetta per la decifrazione.
Sto ironizzando ma dal sottoscritto a Panci poco è cambiato. L’architettura non esiste solo per i grandi interventi urbani ma è in tutto ciò che ci circonda e contribuisce alla qualità della nostra vita e dovrebbe adeguarsi e aggiornandosi in continuazione. Fare architettura significa principalmente ragionare in architettura e non in altri linguaggi tecnici similari.
Il presidente Panci, proprio perché “del territorio”, dei provinciali, quelli dei piccoli lavori, cioè conoscendo tutte le realtà territoriali fatte di piccoli e grandi lavori e ben sapendo quando sia imprescindibile una sinergia virtuosa tra architettura e politica, tra pubblico e privato, si è impegnato per dare una soluzione a questi temi conscio che l’architettura non è superflua. Il Festival va in questo senso, ha il grande merito di muoversi a 360°, far immaginare un diverso modo di vivere il quartiere nella città.
È sulla corrispondenza tra città e cittadini e nell’incontro comprensivo con il nostro mestiere che si fonda il valore civile di quest’arte.
Paolo Verdeschi