Quanto è salda oggi la leadership di Conte sul Movimento 5 Stelle?
L’invasione russa dell’Ucraina, tra le tante cose, ha rilanciato la “necessità” di un aumento della spesa militare la quale, già durante la pandemia, aveva visto una crescita esponenziale da parte delle diverse potenze mondiali. Sembra che anche l’Italia si impegnerà a partecipare a quella che assume tutti i connotati di una nuova corsa agli armamenti, evidentemente capeggiata dagli Stati Uniti. A Washington, infatti, la linea sembra chiara: aumentare il budget per la difesa e persuadere gli alleati occidentali a fare lo stesso in funzione antirussa.
Nella nostra Penisola il dibattito in questo senso occupa i banchi della politica ormai da giorni. Dopo un’iniziale approvazione alla camera, l’aumento della spesa militare trova una netta opposizione da una parte del MoVimento, quella rappresentata da Conte. Sembra che quest’ultimo, reduce anche dalla riconferma della sua presidenza, voglia impegnarsi nel dare nuova vita alla creatura grillina e il no agli armamenti potrebbe essere il primo tassello, insieme all’impegno sulle rinnovabili, per recuperare, almeno in parte, l’identità perduta.
Peccato che Conte non sia espressione dell’intero MoVimento. Ad incombere su quella che sembra essere una decisione incontrovertibile da parte dell’ex Presidente del Consiglio, è certamente l’altra anima del M5S, quella rappresentata da Di Maio. Il Ministro pentastellato, infatti, ha definito la posizione di Conte in materia di armamenti “inaccettabile”, allineandosi, di fatto, alle volontà del nostro Premier e di buona parte del parlamento.
L’impegno nel discostarsi dalla linea di governo, a prescindere da quanto tale azione possa essere scaturita da un sincero sentimento pacifista, porterebbe il MoVimento a riacquisire, verosimilmente, qualche consenso; da considerarsi, in questo senso, il rischio per la stabilità del governo Draghi, inviso ai grillini degli albori e a una parte dell’elettorato perduto. Il M5S sarà di nuovo messo a dura prova quando, nei prossimi giorni, si troverà a decidere sull’approvazione del Def.
Qualsiasi compromesso minerebbe, evidentemente, la credibilità, o quel che ne resta, del Partito.
Alberto Fioretti